Cos’è un derby se non un trattino tra Milan e Inter. Ma anche una sfida in famiglia tra me e mio cugino. Io milanista, figlio del trio olandese che ha segnato un’epoca; lui con addosso l’abito del “triplete” che non toglie da quel lontano 2010.
È una sfida appassionante che molto spesso si è spostata da Sassari in quel di Milano per seguire da vicino la stracittadina e che, tra i passanti, ha sempre attirato curiosità nel vederci camminare, nelle vie della città, con addosso la sciarpa della propria squadra in evidenza. Tanto da chiederci di poter fare una foto per suggellare la diversità del tifo ma, allo stesso tempo, la parte migliore dello sport: il rispetto per l’altro.
Io con quella del Milan Club Sassari Franco Baresi, simbolo di una famiglia; lui con la sua personale e, nelle volte in cui se n’era dimenticato, comprata la mattina appena arrivati dallo store.

Ma Il derby non era solo la partita, anzi iniziava da molto tempo prima. L’attesa per sapere il giorno dell’incontro e prenotare in anticipo i biglietti dell’aereo e, successivamente, organizzare con metodica precisione le due giornate di Milano, scandendone tempi e modi.
Sì, perché andare a Milano aveva un rigido protocollo dove alcune cose erano fisse, mentre altre (poche) potevano trovare spazio al suo interno.
Prima di tutto l’hotel. Immancabile come sempre, situato in una zona che avrebbe permesso di raggiungere lo stadio in poco tempo, e teatro di chiacchierate con alcuni del personale di fede interista. Si perché la chiacchierata non doveva mai mancare, anzi era lo spuntino del soggiorno milanese. Così come non poteva mancare la visita allo store delle due squadre. In tutti e due casi era motivo di incontro con il tifo che proveniva da più parti d’Italia e del Mondo. Un tifo che colorava la città di rossonerazzurro.
Nell’attesa che uno aspettasse l’altro dall’uscita del negozio, era bello constatare quel mondo che, nella differenza del tifo, si incrociava, ma allo stesso tempo si rispettava al di là degli sfottò.
Andare significava entrare dentro Casa Milan per visitare il Museo. Ed è lì che mio cugino, nonostante una fede diversa, non ha potuto rifiutare l’invito. Coraggioso nel vedere tanto lustro e tanta gloria sportiva. Onestamente, nonostante mi reputi sportivo non ce l’avrei mai fatta, al suo posto, a resistere così tanto all’interno di uno spazio che vive di ricordi (belli), di campioni (tanti) e di gesta sportive (indimenticabili). Uno spazio dove la sala delle coppe permette di diventare un tutt’uno con la storia che questa società ha scritto in Italia, in Europa e nel mondo.
Casa Milan è per i veri tifosi un luogo dove almeno una volta nella vita devi mettere piede indipendentemente da quella che è la fede calcistica. Lì sono custoditi i sogni di chi ha permesso che il Milan potesse nascere, crescere e diventare un club di un certo livello.
Tornando alla scorribanda milanese, come dicevo pocanzi, tutto era strutturato per il meglio, una sorta di pellegrinaggio prima della partita che ci avrebbe portato da una zona all’altra della città.
Dal cibo, impossibile non andare a mangiare la pizza da “Sorbillo” facendo una lunga fila di attesa, o andare in aggiunta “Da Zero” per accontentare la nostra voglia di pizza.
Dalla cultura visitando o rivisitando la città dal punto di vista artistico o andando a vedere le mostre offerte al “Mudec” o a “Palazzo Reale”.
Dal punto di vista del divertimento entrando in alcuni negozi caratteristici segnalati prima della partenza. A piedi (spesso) o in metropolitana, ma entrambi, sempre con la sciarpa al collo perché il derby è sempre al centro dei nostri pensieri.
E a questo sono legati due ricordi.
Il primo è storia. Perché è stata la prima partita del Milan vista a San Siro. In passato, per vari motivi non c’era stata mai occasione, se non quando i rossoneri venivano a giocare in Sardegna ed io mi recavo con la mia famiglia a Cagliari. Era sempre un trionfo perché si vinceva sempre.
Ma vederlo dal vivo ed essere risucchiati dal Meazza non era ancora successo, e la prima volta non si scorda mai. Quella partita, condita da una pioggia eccessiva che ci aveva inzuppato più del dovuto, finì in parità e quel Milan nonostante fosse favorito fu costretto a pochi minuti dal fischio finale ad impattare contro una squadra che nel frattempo aveva cambiato allenatore.
In panchina, nell’Inter c’era Pioli, il “nostro” Pioli che riuscì nell’intento di non perdere un derby dove tutti davano il Milan vincente. Quel pareggio fu uno dei tanti, che vedemmo con mio cugino. Sì, perché da quel momento ogni volta ci organizzammo per andare a Milano, solo il Covid ci ha fermato, ma oramai era un appuntamento fisso. Calendario alla mano, partita di andata e ritorno, ed infine borsa pronta con sciarpa in bella vista.
Ah sempre la sciarpa. Quella non può mai mancare, almeno per me!
Prima delle ultime vittorie neroazzurre, fu una serie di pareggi. Alcuni con gol, eravamo presenti il giorno di Pasqua quando il Milan passò in mano ai cinesi, e raggiunse un inaspettato pari con Zapata nei minuti di recupero. Fu come una vittoria. Permetteva al Milan di raggiungere la qualificazione all’Europa League e di spostare gli equilibri di un derby che si era messo veramente male.
Un altro, veramente brutto in tutti i sensi, si giocò in settimana. Ed era il recupero per la gara non disputata dopo che tutto il calcio italiano fu colpito dalla morte di Astori. Quella domenica noi eravamo a Milano pronti come sempre. E non sapevamo ancora cosa fosse accaduto. La cosa più strana fu che molti turisti, Milano era invasa come sempre da tifosi da tutto il mondo, chiedevano a noi cosa sarebbe successo da quel momento. Il rinvio era nell’aria appena sparsa la voce e così fu. Come era giusto che fosse.
La festa lasciava spazio al ricordo di un giocatore che aveva avuto dei trascorsi in maglia rossonera e per noi, che non dovevamo andare più allo stadio, significava riorganizzare la giornata, in attesa di ritornare a casa il giorno dopo.
Decidemmo di andare a vedere la partita dell’Olimpia Milano che quel giorno giocava proprio con la squadra della nostra citta: la Dinamo Sassari. Andammo ripensando a quello che era successo, a quello che non doveva accadere perché la prematura scomparsa di un giovane porta sempre quel velo di tristezza e di malinconia su come la vita non sempre sia giusta e corretta.
E andando al Mediolanum Forum era forse l’unica volta a cui non abbiamo pensato all’incontro saltato nella Milano che tanto amiamo.
Come ricordavo in precedenza, quella gara venne recuperata in settimana, non c’èra cosa peggiore per noi che riorganizzarci tra i mille impegni giornalieri. Andammo comunque, anche se voleva dire sobbarcarci un’altra spesa tra aereo ed hotel. Ma fu una partita noiosa. L’unica che vedemmo finire a reti inviolate. Un brutto zero a zero che ci aveva solo fatto prendere freddo e che non ci aveva esaltato per la mancanza di un gioco decente. La paura di perdere e l’accontentarsi aveva portato a scrivere uno dei derby meno appassionati degli ultimi anni.
Pazienza, ma noi c’eravamo.

E veniamo, finalmente, agli ultimi visti. Parlo quelli giocati prima del Covid.
In quello dell’andata, stavolta mio cugino non c’era. Era forse l’unico da quando avevamo iniziato a vederli insieme che aveva perso. Io ero già a Milano per un Master e la sera mi incontrai con il Milan Club Sassari Franco Baresi che, nel frattempo aveva organizzato la trasferta.
Il Milan non vinse, come non vinse al ritorno e stavolta mio cugino c’era.
Fu l’ultimo. Capitava nella settimana prima che, in Italia, il virus diventasse oggetto di morte per molte persone ed il mondo dovette combattere contro un nemico comune.
Noi, non essendoci stato ancora un pericolo acclamato, vivemmo quella due giorni come nostro solito, concedendoci lo spazio necessario per le nostre organizzazioni. Come stava capitando da molto tempo, il Milan perse quella gara, nonostante si trovasse in vantaggio di due reti.
E rimase per ora (the last dance) a San Siro

Oggi, anche se hanno riaperto gli stadi, con una capienza importante, noi non ci saremo. Nella speranza di poter esserci nel derby di ritorno. Ma lo guarderemo comunque insieme, a casa, e goliardicamente ci faremo una foto con la sciarpa “Io non ho cugini”.
Perché, nonostante la diversità del tifo, io e lui a fine gara avevamo un rito che andava al di là del risultato finale. Andavamo in uno dei chioschetti e brindavamo lo stesso con un bicchiere di birra, facendo una foto ricordo.
Sono anche queste le emozioni che un derby sa regalare.
Buon Milan-Inter a tutti!