Sono passati due giorni dal derby vinto ma, nonostante occorra già concentrarsi sulle prossime gare (Lazio in Coppa Italia e Sampdoria in campionato), la mia mente non riesce ancora a distaccarsi completamente dalla partita vinta contro l'Inter.
È stato un derby che si può leggere in tanti modi, ognuno può prendere il pezzetto che vuole e farci un romanzo. Chi un romanzo popolare, chi un romanzo epico, ma pur sempre un romanzo sportivo. E a seconda di quello che si sceglie si ha la consapevolezza che sia un qualcosa da raccontare e tramandare ai posteri.
Alla fine la copertina finale è toccata a Giroud che, con la sua doppietta, ha cambiato completamente il corso degli eventi, spostando gli equilibri a favore del Milan. E dire che il suo primo tempo anonimo, come tutta la squadra, faceva pensare ad una prestazione che, se ci fosse stato un ricambio in panchina, sarebbe terminata dopo soli quarantacinque minuti. Diventa invece il Re di Milano e porta il Milan a ridosso della prima posizione. E le critiche del primo tempo, al pari di quelle precedenti, viste con gli occhi di un regista attento, riabilitano lo score e le statistiche del suo primo anno in rossonero.
Ma, senza togliere niente ad Oliviero, che noi tutti amiamo per come si è immerso nel mondo Milan, anch’io voglio recuperare pezzi del mio derby, incorniciandoli e mettendoli al centro dell’attenzione.
Ed ecco che c’è quell’immagine di Sandro Tonali, leader di questa squadra che, nell’allontanare Dumfries, reo di un’attenzione esagerata ai danni di Theo seduto a terra, rievoca il miglior Gattuso e scalda il cuore dei tifosi. L’azzurro prende di petto il difensore neroazzurro, allontanandolo in malo modo, mettendo in risalto lo spirito e la grinta che lo contraddistinguono in campo.
Tonali, insieme a Maignan sono stati nel primo tempo l’ancora di salvataggio di una squadra in mezzo alla burrasca, aggiustandone la rotta per uscirne fuori vincitori. Il carattere di questo ragazzo e l’attaccamento alla maglia lo portano ad essere un punto di riferimento per la squadra e le prestazioni gli hanno oramai dato i galloni da titolare in un centrocampo che, il prossimo anno, perderà quasi certamente Kessié.
Sandro è parte del progetto di questo Milan essendone grinta, cuore ed anima.

C’è poi una partita divisa in due tronconi, con una parte iniziale ed un dopo. Durante la settimana l’Inter partiva favorita ed il Milan, in piena crisi identitaria, sarebbe stato incapace di vincere. Situazione che trova riscontro in un primo tempo da paura, dove le parate di Maignan salvano il risultato in più di un’occasione.
Se le cose fossero andate in quel modo, oggi avremmo parlato di altro. Di una partita dove le critiche avrebbero divorato squadra, allenatore e società. Ma, visto che il calcio continua a regalare dei copioni che possono modificarsi in corso d’opera, l’improvvisazione, che tanto improvvisazione non è, riscrive il tutto e porta i nerazzurri all’interno dell’inferno rossonero.
I minuti di dominio assoluto pian piano cedono il passo ad una squadra più viva che mai, grazie anche ai cambi, risale la china e riapre un campionato che per molti era arrivato alla fermata conclusiva del suo viaggio. Perlomeno per il Milan!
Riaperto non solo per i rossoneri ma anche per quel Napoli che sabato giocherà lo scontro diretto proprio contro l’Inter, in una gara che potrebbe regalare un altro scossone alla classifica.
In una sorta di "Director’s cut" il derby poteva essere visto come la rivisitazione della sfida tra Rocky e Ivan Drago. La forza dell’Inter contro il cuore ed il coraggio del Milan. Quest’ultimi sono serviti nei momenti di difficoltà per rimettere a posto una situazione che, in quel momento, vedeva il Milan soccombere e rischiare di ricevere una sonora sconfitta.
La forza dell’Inter è una costante di questo campionato, visibile nel portare a proprio vantaggio partite nelle quali ha faticato più del solito. Finendo però poi a passeggiare con risultati pesanti e vittorie decisive, anche quando le prestazioni non erano altisonanti.
In questa situazione è partita anche bene, ma pian piano si è sciolta come neve al sole davanti ad un Milan capace di rimettere ordine in campo, con delle sostituzioni che hanno modificato in meglio la manovra offensiva.
Il Milan è riuscito anche ad inserirsi all’interno di quelle fessure che l’Inter ha concesso, crepe importanti al fine del risultato, ed è lì che si è visto il coraggio di chi non voleva arrendersi.
In tre minuti capovolge l’ordine delle cose, approfittando delle concessioni neroazzurre, figlie di una squadra non più capace di tenere i ritmi alti del primo tempo, disordinata in fase difensiva e nervosa al punto di non riuscire ad essere propositiva in campo.
L’ultimo derby il Milan lo aveva vinto con Ibra in campo e, in questa occasione, la sua assenza per infortunio è passata inosservata, cedendo il passo ad una analisi cha va al di là del campione svedese. Si è messo in evidenza come i “giovani e forti” siano maturati e siano riusciti ad andare oltre l’ostacolo, compattandosi e reagendo fino alla fine.
Di conseguenza, un buon regista deve mettere in risalto due aspetti che sono il faro di questa squadra. La prima relativa agli scontri diretti. I quali hanno regalato più gioie che dolori, l’unico è stato quello di Napoli, mentre gli altri hanno premiato i rossoneri. Continuo a pensare che se il Milan vuole coltivare sogni scudetto non deve disperdere questo patrimonio, andando a perdere punti con le squadre della parte destra della classifica. Ora il campionato riserva tre sfide proprio contro squadre che sono alla portata del Milan. Fare risultato pieno significherebbe dare continuità, perdere punti lascerebbe l’amaro in bocca e sarebbe come non aver vinto il derby.

L’altra considerazione è figlia del carattere e del coraggio della squadra allenata da Pioli. Quello che lo porta a ritrovarsi in partita fino alla fine, provando a giocarsela con tutti.
Sabato, come un pugile ha incassato i colpi, quasi fino a crollare al tappetto. Pian piano però è riuscito a prendere le misure, quando l’avversario ha abbassato i guantoni, tronfio di aver già vinto la gara, ha assestato l’uno-due decisivo, facendo perdere tutte le certezze acquisite nella prima parte di gara.
I festoni per la vittoria e la conseguente cavalcata scudetto sono stati riposti in soffitta perché le storie, soprattutto quelle calcistiche, hanno un finale imprevedibile.
Come le più belle storie cinematografiche arriva un salvatore che, cambia la storia, cambia gli eventi. Se Oliviero alla fine ha vestito i panni dell’eroe capace di sovvertire il tutto, lo deve anche a chi ha permesso che la storia avesse una narrazione fino al fischio finale, regalando vita al Milan e allo stesso campionato.
Per alcuni sarebbe finito questo sabato con un vincitore che si sarebbe manifestato in tutta la sua forza. Invece si sono manifestati i fantasmi di una squadra che è andata a cercare scusanti per una sconfitta cocente. Attaccarsi ad un fallo che non c’è o ricordando la classifica che li vede ancora in testa non spiega come mai alla fine sia stato il Milan ad uscirne vincitore. Mostrare la classifica, anzi, è un’arma a doppio taglio. La mostri se hai un vantaggio importante e puoi dire che, nonostante abbia perso la battaglia stai per vincere la guerra. Invece, è così corta che tutto ritorna in gioco, pur conservando il ruolo dei favoriti che hanno tutto da perdere. Ritrovandoti col fiato sul collo non una, ma due squadre e non avendo certamente il tempo per fare i calcoli.
Neanche il Milan può permettersi di farli, ma deve approcciarsi con quella calma e quel coraggio che gli permettono di riscrivere le partite a proprio favore. L’altro giorno la "Director’s cut" è stata firmata da un regista che aveva in mente Rocky contro Drago.
E anche stavolta, contro ogni pronostico, ha vinto Rocky!