L'Inter ha in tasca lo scudetto, il suo diciannovesimo scudetto (per qualcuno diciottesimo, ma continuare a far polemica su quanto accadde con Calciopoli mi sembra una futile disquisizione. I verdetti sono stati enunciati).
Un titolo meritato, perché su una gara a tappe chi vince ha sempre ragione. Francesco Moser raccontava che "prima ancora di vincere o perdere, il ciclismo è rispondere: Presente!". L'Inter l'ha fatto, magari giocando un calcio più di sostanza che estetico. Conte, un allenatore che ha in mente l'obiettivo più che la strategia per arrivarci, ha saputo trasformare la squadra e indirizzarla alla vittoria. A lui interessa fare la storia, non storia dell'arte, è inutile che ci giriamo attorno. Come Oscar Wilde, ad ogni domanda sull'estetica del calcio, risponderebbe così: "il cinismo è l'arte di vedere le cose come sono, non come dovrebbero essere", e Conte è un allenatore cinico.

Quest'anno ha fatto un capolavoro, ha intuito di avere una squadra appena appena sufficiente e si è adattato. E' partito con l'intenzione di attaccare alto, di giocare nella metà campo avversaria, di aggredire e dominare, poi, vedendo le difficoltà della squadra ha deciso di prendere la patente D e di piazzare il pullman davanti alla porta di Handanovic.
Qualcuno potrebbe storcere il naso, ma dentro quella scelta ci sono i numeri vincenti; l'Inter nelle prime 8 giornate di campionato ha subito 13 gol, alla nona giornata è passato dal 3-4-1-2 al 3-5-2 e da lì fino al girone finale di andata ha subito altri 10 gol. Oggi a cinque giornate dal termine della corsa scudetto ha subito 29 reti, ossia 6 reti dal ventesimo al trentatreesimo turno. Se questa non è intelligenza tattica...
Conte ha gestito bene le risorse, mandando in gol 14 giocatori, ma costruendo uno schema ancorato sulle punte, tanto che in tre hanno realizzato 40 delle 72 reti segnate e Lukaku è sempre l'ariete che fa salire la squadra e allarga il gioco sulle fasce. Nel ritorno l'Inter ha inanellato una serie di undici vittorie, dando continuità alla classifica e segnando il passo con le inseguitrici. Se si è sportivi, questo non si può dire non sia il merito dell'Inter.

Ma dietro il merito di ogni vittoria va analizzata l'intera stagione. Una stagione perfetta per il campionato nostrano e imperfetta per la coppa europea e per la coppa Italia. In Europa l'Inter ha fatto una figuraccia, tanto che in un girone di quattro squadre è arrivato ultimo, perdendo ogni accesso continentale. Anche in Champions, Conte ha modificato il sistema di gioco nelle ultime due giornate, vincendo 3 a 2 in casa del Borussia M'gladbach e pareggiando in casa contro lo Shakhtar. Ma il gioco attendista in Europa non funziona. Ormai sono anni che chi domina il campionato italiano in Europa fallisce. Come mai? Possibile che il catenaccio all'italiana sia così deleterio in Europa? E' solo una questione di coraggio? Io credo ci sia di più, credo manchi la spregiudicatezza a svantaggio del calcolo, manchi la pazienza con i giovani, manchi la pazienza del tifoso che vuole tutto e subito. Il calcio italiano è ai minimi storici come competitività, ma a noi piace solo lo sfottimento confinato allo stivale, tanto all'estero siamo tutti uguali: sfigati.

Lasciatemi finire con quello che disse un giorno Bartali: "gli italiani sono un popolo di sedentari. Chi fa carriera ottiene una poltrona". Forse in questo si nascondono i veri problemi dell'Italia e del suo calcio.