Se ci fosse ancora l'Avvocato, con i suoi paragoni che definivano le caratteristiche dei giocatori con precisione, oggi ne avrebbe anche per Allegri. Forse lo definirebbe il Botero labronico, il pittore delle forme antitetiche ai canoni dell'estetica. Lo chiamerebbe così per quella prerogativa di giocare per la vittoria, per il calcolo, per l'uno a zero che non infiamma il pubblico ma benedice la classifica. Perché Allegri è così, se ne infischia della manovra corale, del bel gioco, degli strali taglienti che ormai tutti lanciano sulle sue squadre. Parcheggia il pullman lì davanti e alle forze dell'ordine dice che per parcheggiare non serve la manovra, basta uno spazio vicino a chi ne ha bisogno.

Allegri vede il calcio dal punto di vista della difesa. Chiama a raccolta i suoi giocatori e li trasforma in gladiatori. Li incita, si straccia le vesti e predica l'agonismo come arma contundente. Non gli interessa guardare il palleggio dell'altro, gli interessa il possesso della palla, gli interessa la calma della trincea, quella road map che lascia agli altri la foga e l'errore. E si arrabbia se la partita dei suoi finisce con pochi falli.

Perché, come diceva il Gallese Phil Woosnam: "le regole del calcio sono davvero semplici: se si muove, dagli un calcio; se invece non si muove, prendilo a calci finché non lo fa", in quanto l'assenza di falli è sinonimo di mancanza di agonismo, aspetto che irrita il Botero labronico.

Infatti, negli anni bianconeri, Allegri ha sempre preferito i guerrieri ai fiorettisti: penso a Chiellini, a Mandzukic a Vidal, ora a Danilo, con l'eccezione di Rabiot, il ballerino dell'Opéra de Paris, che resta sempre in campo nonostante ai piedi porti le scarpette da punta più che i tacchetti da sei. Come mai un tipo tosto come Allegri insiste su un calciatore malvisto dagli stessi tifosi bianconeri?
Per capirlo è necessario studiare le classifiche.
Come ammoniva Seneca, l'opinione è la via del pregiudizio: “spesso nel giudicare una cosa ci lasciamo trascinare più dall'opinione che non dalla vera sostanza della cosa stessa”. Rabiot, giocatore che sembra svogliato, ha una media di 0,5 dribbling subiti a partita, che in soldoni significa: se lo puntano, non lo saltano. Ha realizzato 41 tackle in campionato, primo con Locatelli nella Juventus. E' il terzo della Juventus nel numero di falli compiuti (35), è terzo (dietro a Locatelli e Morata) nei palloni intercettati (34), settantanovesimo in Italia. E' trentaduesimo in Italia per contrasti vinti (130), primo nella Juventus e cinquantanovesimo in Italia per duelli aerei vinti. Certo, non segna, ma realizza l'85,4 % di passaggi durante la partita. A Botero va bene così.

C'è un "ma" nel ragionamento iniziale, quel "ma" che spesso avversa e unisce i tifosi. Fatto salvo che il motto allegriano è "prima non prenderle", a Genova la Juventus ha fatto una signora partita. Allegri è riuscito a difendersi usando però la rapidità dello spostamento di palla, e organizzando veloci contropiedi. Ha obbligato Arthur a palleggiare saltando l'uomo più vicino e questo ha dato respiro alla manovra, addolcendo così le forme estetiche di Botero.
Allegri lo dice sempre: più passaggi puliti e più velocità. Sta ai giocatori recepire l'asserto del mister, così che il tifoso del bel calcio possa dire: il gioco è brutto, ma non bruttissimo.