Il Milan è fuori dall'Europa, la Juventus mette a repentaglio il primo posto con una pesante sconfitta contro il Chelsea, l'Inter gioca bene un tempo ma poi perde a Madrid, l'Atalanta si gioca l'Europa che conta nella sfida diretta con il Villareal.
Se questa è l'Italia, qualcosa non torna, tralasciando che abbiamo un piede fuori dal mondiale. 

Verrebbe da dire, enfatizzando la semplicità del discorso populista, che l'Europa non è fatta per noi. Eppure il calcio è sport nazionale e le bacheche dei social si riempiono di sfottò quando una grande del calcio nostrano perde lo scontro diretto.
Cos'è quindi quel qualcosa che non quadra? Provo una brevissima analisi.
Si dice che le Italiane giochino un calcio troppo lento; si dice che le Italiane non possano competere con i capitali delle straniere; si dice che i talenti preferiscano altri campionati. Tutte cose vere, ma come dice Stefano Re in un suo aforisma: "le giustificazioni sono dei perdenti".

Il calcio italiano non è troppo lento, il calcio italiano è troppo tattico, troppo concentrato sul risultato e sul calcolo. In Europa non esiste squadra che faccia le barricate come in Italia. In Europa si gioca a calcio, si cerca il gol, ma soprattutto la tattica serve ad esprimere la fantasia del campione. In Italia le squadre attaccano con due o tre giocatori, le altre con almeno sei oltre la linea della palla. Se imposti la partita solo sulla difesa è chiaro che il gioco rallenta, perché tutti i momenti morti servono per recuperare la posizione tra i reparti. Si dice anche che in Italia gli arbitri fischino troppo, peccato che in Italia la simulazione sia un gesto di furbizia anziché una vigliaccata. Persino ai ragazzini si insegna a buttarsi appena l'avversario ti tocca. Questi non sono tutti modi per rallentare il gioco? In Europa si cerca la verticalizzazione che è un modo per far correre la palla, in Italia si preferiscono le linee orizzontali.

In Italia non gira il capitale, certo, ma l'Ajax (fonte calcio e finanza) che non è tra le prime venti società per ricavi, ha eliminato il Borussia che ha ricavi per 371,7 milioni. Nell'anno passato il Milan ha ottenuto ricavi per 192 milioni di Euro, il Porto che l'ha superato in classifica solo 87. Forse non è del tutto vera l'ipotesi che chi ha soldi sicuramente vince. In Italia si sopravvive, di certo le tasse non aiutano le nostre società, ma nella nostra penisola manca il coraggio. Siamo una delle nazioni dove il giovane è sempre troppo giovane per giocare nella massima serie. Mentre gli altri sfornano ottimi giovani, qui da noi si comprano atleti ormai al tramonto, così per dare ossigeno alle casse e alla bramosia del tifoso. In Europa i giovani hanno spazio e sono allenati sulla tecnica, qui da noi si predilige il marcantonio con i piedi grezzi, che nell'area affollata di giocatori dediti alla fase difensiva riesce col fisico a sopperire alla tecnica. Risultato: gli altri giocano a calcio, noi alla viva il parroco.

I talenti preferiscono i campionati esteri. Verissimo, ma non solo per lo stipendio. Se prendi Ronaldo e gli dici di difendere, ecco che il campione cerca il campionato dove ci si diverte di più, dove evita di dire che il mister è un cagon. Il giocatore vuole vincere, perché sa che nella storia restano i vincenti e non chi si accontenta di partecipare. In Italia un terzino come Cancelo è stato bocciato perché non sa difendere, in Inghilterra è uno dei più apprezzati e gioca nel City che primo in quindici giornate ha segnato 32 gol e ne ha subiti 8, mentre il Milan, primo nel nostro campionato, ha segnato 35 gol e ne ha subiti 18 in sedici giornate. Situazione anomala visto che in Italia si dice che chi subisce meno reti vince il campionato, mentra la Juve che ha undici punti in meno del Milan ha subito solo 16 gol. Forse siamo troppo legati ai calcoli, a frasi fatte che spesso il calcio smentisce. E poi, basta un gol in più degli altri per prendersi tre punti, cosa che avviene spesso quando incontriamo le straniere.

Il calcio italiano non è più calcio, inutile che ci giriamo intorno.
La tattica portata al parossismo sta negando il divertimento e a non vincere difficilmente ci si diverte.