Sono ancora vive le emozioni della partita oltre alle dichiarazioni che, nell’ultimo periodo, hanno accompagnato il finale di stagione. Ripenso a quanto sia stato bello vincere dopo tanto, in casa della Juve. Ripenso a quanto sia stato bello vincere senza che nessuno abbia potuto dubitare o recriminare per errori arbitrari.
Le uniche soddisfazioni, casomai, dei tifosi più “hard”, che non hanno badato allo strapotere del Milan, sono state “era dal gol di Gattuso che il Milan non vinceva e ancora non esisteva il nuovo stadio… Un’eternità”.

È vero il Milan non vinceva da troppo tempo, dieci anni, erano un Milan ed una Juve diversi. Quel gol di Rino non era neanche bello esteticamente, ma aveva sortito l’effetto sperato, ed era un ricordo che ci ha accompagnato fino a ieri.
È anche vero che il Milan degli anni successivi era un lontano parente dello squadrone che se la giocava alla pari con tutti e raggiungeva traguardi importanti. Solo sporadiche vittorie con la Juve, ma mai a Torino, la più importante (forse) quella in Supercoppa Italiana e per giunta ai rigori. Per il resto un confronto impari, con magre consolazioni e voglia di tornare grandi.

Ieri la Juventus ha constatato il rapporto che c’è tra giocare bene e vincere, perché senza la prima, la seconda è volatile e, se non hai una squadre all’altezza, non è facile da raggiungere. Se non giochi bene e non sei al top non vinci. Tutti i discorsi del “periodo Allegriano” sono diventati anche loro un ricordo, come quel gol di Gattuso, perché se giochi male e non hai chi, nei momenti di difficoltà, ti risolve la partita, non vai da nessuna parte. Quella Juve aveva tanti titolari in campo e tanti in panchina e aveva la possibilità di cambiare il corso della partita. Ora è più complicato perché, dove manca una disciplina tattica, anche i campioni naufragano e non sono esenti da colpe.
La Juve ha mostrato tutte le sue fragilità e l’ha fatto grazie ad un Milan che, fino a qualche settimana fa, anche per via di prestazioni non esaltanti e lontane anni luce da quanto di buono fatto nella prima parte di stagione. È riuscito a vincere giocando bene e di squadra. Pioli non ha sbagliato nulla, i giocatori hanno fatto il resto.
È stata la vittoria del gruppo, è stata la vittoria che tutti aspettavano e che in tanti si erano abituati nelle ventun giornate in cui il Milan era in testa alla classifica, dove veniva lodato per il gioco espresso.

Qualcuno dirà “Ah se avesse giocato sempre così!”. Impossibile! Perché il Milan non ha quei 15 titolari che possono garantire continuità di risultati, tant'è vero che ad un tratto i rossoneri sono andati ad intermittenza. Qualcuno non è un titolare, ma un “gregario” che aiuta e mette una toppa, ma a cui non puoi chiedere continuità.
Nella partita più importante della stagione, anche se la più importante risulta sempre essere la successiva (quella con il Torino di mercoledì), il Milan non ha sbagliato nulla. Ha giocato a viso aperto. È stato attendista nei primi minuti, lasciando sfogare la Juve con un possesso palla sterile e poco incisivo. I rossoneri, invece, hanno gestito quando era il momento, alternando fraseggio a ripartenze deleterie per la difesa juventina.
Un Milan camaleontico anche nell’impostazione, con delle variazioni di modulo nella fase di costruzione, passando alla difesa a tre per poi ritornare a quattro in fase difensiva. Con l’idea Diaz dal primo minuto a galleggiare nelle linee dei difensori juventini, ma soprattutto con una compattezza di squadra dove tutti erano indispensabili.

Fino a qualche giorno fa tutto questo era inimmaginabile. Non si parlava altro che Pioli non era un allenatore adatto al Milan e serpeggiavano nei social i vari “Pioli out”, che alcuni giocatori avevano tolto il loro like dalla pagina Instagram di Ibra (come se le partite si vincessero con un like in più), di Donnarumma che oggi non avrebbe dovuto giocatore e additato di essere una spia al servizio del nemico. È vero che per due volte è andato a farfalle, quelle uscite necessitano un intervento di Dida in allenamento visto che non è la prima volta ma, quando c’è stato da fare la parata, anche se il tiro era debole, l’ha fatta. Non era né difficile né facile, ma l’ha fatta. Per il resto nessun pericolo per la sua porta, ma non andava messa in dubbio la sua professionalità.

Queste erano le tematiche più in voga. La risposta l’ha data il campo, unico vero giudice, ed ha sancito che il Milan va avanti per la sua strada. Perché la realtà dei fatti è che la squadra è cresciuta tanto in quest’ultimo anno e mezzo. Questo bisognerebbe ricordarlo a coloro, soprattutto agli equilibristi di mestiere, che non hanno ancora capito che le critiche devono essere costruttive e non devono affossare quanto di buono fatto finora.
Nell’ultimo periodo dire Pioli out, Donnarumma vattene, non era certamente costruttivo. Quelli che proponevano nomi, solo per sentito dire, e che forse neanche conoscevano prima che giornali o trasmissioni ne parlassero, sono gli stessi che avrebbero messo Plizzari al posto di Gigio.
Ecco perché sarebbe opportuno avere più contatto con la realtà e lasciarsi trasportare meno dalle correnti. Le stesse che cambiano in base ai risultati e che quando calano sono state solo un pour parler.

Con la vittoria di Torino è stato riconquistato quel vantaggio perso con le prestazioni deludenti del girone di ritorno. Quelle prestazioni che hanno fatto storcere il naso ma, nonostante questo, il Milan è rimasto lì a giocarsela e a far ricredere anche coloro che lo vedevano spacciato, visto il calendario. Anzi, ora, può permettersi anche di perdere una gara, ma sarebbe cosa buona e giusta provare a chiudere i discorsi prima e senza fare calcoli.
Ora è in vantaggio negli scontri diretti non solo con il Napoli ma anche con la Juve che sono, tolta l’Atalanta, le sue rivali dirette. Ma ora arrivano due partite (Torino e Cagliari) che possono dare la certezza, e sono due gare che richiedono la massima attenzione e devono essere giocate allo stesso livello di quella disputata contro i bianconeri.
Già con una vittoria contro i granata e l’eventuale sconfitta della Juve a Sassuolo (tenendo i piedi ben incollati al terreno) si potrebbe raggiungere in anticipo il pass europeo, ma come detto precedentemente non è il momento di fare i calcoli ed occorre giocare con la stessa determinazione mostrata contro Ronaldo e compagni.

Come scrivevo, su alcune dirette sui social, era la Juventus la squadra di riferimento con cui giocarsi il posto disponibile e sono i bianconeri quelli a cui occorre dare l’ultima spinta per raggiungere l’obiettivo.
Il più è stato fatto ma il traguardo, pur vicino, non è stato ancora superato. L’importante è aver dato uno strappo nello scontro diretto, contro una squadra che non è più imbattibile e che quest’anno ha trovato un’annata storta. Dove le colpe se le prende direttamente tutte Pirlo, ma che andrebbero divise anche con chi gli ha affidato la panchina.
Non c’è dubbio che se prendi un allenatore senza esperienza e lo metti a guidare un gruppo che per nove anni di fila ha vinto il campionato, o hai una fiducia totale in lui, vedendo qualità che nessun altro aveva visto (se andiamo a riprendere alcuni articoli, qualche sviolinata di troppo è stata fatta anche da giornalisti, per poi definire stonate quelle note), oppure stai sopravalutando la grandezza della tua squadra nel gestire una situazione più grande di lei. Se la grandezza la si poteva notare in questi nove anni per meriti propri e, lasciatemelo passare, per demeriti di Milan ed Inter che non erano all’altezza della loro storia, in questa stagione dove i bianconeri perso consistenza tecnica e anche tattica, diventi battile da chi negli anni non riusciva più a farlo.

Forse è finito un ciclo, sta di fatto che al Milan non è ancora iniziato ma siamo nella buona strada. Per iniziarlo occorre prima di tutto avere le idee chiare. Continuo a ripetere e a pensare che al Milan le abbiano. E non hanno paura degli eventi come perdere a zero un proprio giocatore (vedi Donnarumma e Calhanoglu), non hanno paura di fare delle scelte perché c’è competenza. Certamente una scelta che va fatta il prima possibile è quella di prendere una punta, di avere un giocatore giovane e di prospettiva che permetta di non sentirci orfani di Ibra nei momenti in cui mancherà. Non sarebbe giusto disputare un’altra stagione senza una prima punta di ruolo e pensare di rimanere competitivi fino alla fine. Perché Ibra non potrà giocarle tutte e l’infortunio è l’ennesimo segnale da prendere in considerazione.

Ma tutti questi discorsi andranno ripresi a campionato finito, come sempre detto le somme si faranno alla fine. Ora non è neanche più tempo di festeggiare ma essere concentrati alla gara di mercoledì. Servirà la partita perfetta come quella allo “Stadium”, servirà attenzione e unità. Se batti la juve e non fai risultato contro Torino e Cagliari perdi quanto di buono ti ha lasciato la sfida contro i bianconeri. Rimarrebbe solo uno sfizio e niente più. Nello stesso tempo occorre continuare a seminare perché il percorso intrapreso è quello giusto, per farlo serve pazienza per far sì che i frutti raccolti non siano acerbi.
La pazienza che tutti noi tifosi dovremmo avere verso questo gruppo che fino a questo momento sta dando soddisfazioni e merita fiducia. Sempre e comunque.
Chi sta nel Milan va sostenuto ed incoraggiato fino alla fine, al di là di simpatie o scadenze di contratto. Eventualmente, a fine anno, si faranno le giuste valutazioni, in tutta serenità e con il giusto spirito critico.