Tutte le storie, anche le più belle, hanno un inizio e una fine. Sabato ci sarà l'epilogo di 17 anni di rispetto e abnegazione per i colori bianconeri da parte del numero 1, forse più numero 1 della storia: Gigi Buffon.

Contro il Verona difenderà per l'ultima volta quei pali tra cui ha gioito conquistando ben 9 scudetti disputando 508 gare e sofferto per la retrocessione in B e le tre finali di Champions perse contro Milan, Barcellona e Real. Sempre con la maglia bianconera ha conquistato il primato di imbattibilità (974 minuti).

Se ne va per il momento solo dal campo dello Stadium, poiché come ha ammesso in conferenza stampa, ha delle offerte molto allettanti dall'estero (non da Cina o più genericamente Asia) per continuare a giocare e ha ricevuto una proposta da parte del presidente Agnelli di entrare in dirigenza con un ruolo da definire. A giorni, dopo aver attraversato il tunnel di emozioni che concerne un avvenimento di questo genere, farà sapere quale strada intraprenderà.

Il mio pensiero da sportivo opterebbe per un ruolo dirigenziale per non fare la stessa fine di Del Piero che negli ultimi è stato cercato solo per "il nome", ma è altrettanto vero che Buffon fisicamente è ancora in ottime condizioni per cui la prosecuzione della carriera all'estero potrebbe dargli nuovi stimoli per togliersi qualche ultimo sfizio.

Gigi se ne va da leggenda e non solo per i risultati in campo. Oggi ha dato l'ennesima dimostrazione di incarnare al 100% la juventinità, anteponendo il bene della Juve che evidentemente ha bisogno di uno svecchiamento, a quello personale e ringraziando piuttosto che essere ringraziato. E non poteva chiudere in maniera migliore se non chiedendo umilmente scusa per le parole forti usate contro l'arbitro di Real-Juve, non per il concetto, ma per i modi e i vocaboli.
Per la cronaca il 4 giugno non scenderà in campo con la Nazionale contro l'Olanda.