In queste ore impazza il #Sarriout neanche fosse una grandinata di un temporale estivo. Alcuni si spingono a dire che a seguire l'allenatore dovrebbero essere i due dirigenti che l'hanno assunto, in quanto incapaci di mettergli a disposizione una rosa di senso compiuto. Nessuno però ha analizzato a fondo la questione tale da arrivare alla radice. E' chiaro che quando c'è un fallimento conclamato sono tutti responsabili, ma qualcuno lo è di più. E quel qualcuno è in genere colui il quale sta in cima alla piramide e prende le decisioni definitive. Ergo, il presidente.

L'eliminazione di ieri sera ha cause vecchie di almeno 24 mesi,
quando Andrea Agnelli (insieme al cugino Elkann) indicò la via che avrebbe dovuto seguire la Juventus nel successivo piano industriale, che alla Continassa è pianificato sui tre anni. Non più e non soltanto una squadra dominatrice in Italia, ma vincente e riconoscibile anche in Europa e nel resto del mondo. L'obiettivo dichiarato era quello di globalizzare il marchio Juve sia con una crescita tecnica, dove ci si aspettava l'ultimo salto di qualità, sia con un'impennata a livello commerciale ed economico. Il "testimonial" perfetto per ambedue le strategie era stato individuato in Cristiano Ronaldo, precisa volontà del presidente Agnelli. Come si siano svolti i fatti nell'estate del 2018 lo sanno solo i diretti interessati, ma non è difficile rendersi conto di come all'interno della società vi fossero due anime differenti, se non diametralmente opposte: chi voleva CR7 (Elkann, Agnelli, Nedved e Paratici) e chi non lo voleva (Marotta). Nessun dubbio che a pagare sia stato chi non era allineato con la maggioranza. Dato il benservito all'amministratore delegato, Agnelli ha deciso di non assumerne uno nuovo ma di distribuirne le competenze tra i due dirigenti in rampa di lancio: il vicepresidente Pavel Nedved e il Chief Football Officer Fabio Paratici (detto in italiano, il direttore sportivo). 

La discrepanza tra i due modi di intendere la società Juve non poteva essere più lontana. Abile gestore e oculato amministratore, Giuseppe Marotta nel 2010 aveva raccolto un'azienda allo sbando (ricavi precipitati a 156 milioni, perdite vicino ai 100 milioni) e l'aveva portata a una condizione di invidiabile stabilità: 402 milioni di ricavi netti (504 con le plusvalenze) e solo 19 milioni di disavanzo dopo ben tre esercizi conclusi con il segno più. L'indebitamento era assolutamente sostenibile e non c'era stato alcun bisogno di fare un aumento di capitale nei sette anni precedenti. Evidentemente a digiuno di business administration, la nuova società insediatasi nell'ottobre 2018 dopo l'assemblea degli azionisti ha pensato bene di buttare in vacca una situazione finanziaria da tutti definita come esemplare per mettere a bilancio una serie di buchi da far invidia alla Fossa delle Marianne. In soli 24 mesi la Juventus ha dovuto ricorrere ben due volte alla leva finanziaria per sistemare i conti in perenne sofferenza: la prima con l'emissione di un bond di 175 milioni nel febbaio 2019, la seconda con un aumento di capitale di 300 milioni nel dicembre dello stesso anno. In pratica si sono buttati sul piatto quasi mezzo miliardo di euro per il rifinanziamento di una campagna acquisti, Ronaldo in testa, assolutamente insostenibile. E il tanto citato aumento del fatturato dovuto all'effetto-Ronaldo? Nel 2019 i ricavi netti sono stati pari a 464 milioni, soltanto 62 in più rispetto all'anno precedente, il resto vengono dalle plusvalenze (157 milioni). Non serve un laureato di Harvard per capire che ad oggi l'investimento economico su Cristiano Ronaldo rasenta il fallimento.

Valutata, negativamente, la situazione economica della Juventus F.C., passiamo a quella dell'area tecnica. Nedved e Paratici hanno fatto un buon lavoro, in qualche modo comparabile o migliore rispetto a quello di Marotta? L'ex ad, con un occhio sempre rivolto al bilancio (evitare battute), era alla perenne ricerca di occasioni di mercato. A costo praticamente zero, ed esborso minimo per i relativi agenti, Marotta si era assicurato le prestazioni di: Barzagli (300mila euro), Pirlo (a zero), Pogba (a zero), Tevez (9 milioni), Llorente (a zero), Evra (1,9 milioni), Coman (a zero), Khedira (a zero) e Dani Alves (a zero). In pratica una squadra intera tirando fuori quattro spiccioli. I suoi indegni successori hanno pensato bene che fare calciomercato significasse fondamentalmente fare plusvalenze senza badare granché al progetto tecnico. Ed è così che Nedved e Paratici hanno iniziato la nuova moda di scambiarsi le figurine: Higuain e Caldara per Bonucci, Cancelo per Danilo, Pjanic per Arthur, Spinazzola per Pellegrini. E quando non bastano le figurine si passa ai regali: Mandzukic lasciato andare via a zero ed Emre Can mandato al Borussia Dortmund a un prezzo di molto inferiore al suo valore. A tutto ciò vanno aggiunti i rinnovi mega milionari offerti ad alcuni calciatori ultra trentenni che oggi risultano invendibili e che hanno fatto esplodere il monte ingaggi. Ma almeno si potesse parlare di rosa all'altezza... neanche quello. Per soddisfare le richieste di Sua Maestà CR7 la Juve gioca con soli tre terzini, tra cui un lungodegente (De Sciglio) e uno che non sa cosa sia la fase difensiva (Danilo). Vogliamo parlare del centrocampo? Depenniamo Khedira per carità cristiana, Ramsey più spesso in infermeria che sul campo, Rabiot letargico fino a giugno inoltrato, Matuidi chilometrato e fuori forma, Bentancur unica nota lieta ma ancora acerbo. E Pjanic venduto durante la stagione per dare una boccata d'ossigeno ai conti. E l'attacco? Higuain che ormai conta i giorni che lo separano dalla pensione non ha un'alternativa, Douglas Costa fa una partita bene e le successive cinque al J Medical, Bernardeschi... vabbé lasciamo stare. Questa è la rosa allestita dal peggior duo dai tempi di Blanc e Cobolli Gigli. Ad allenarla il primo tragico Fantozzi, in arte Maurizio Sarri. Su di lui non mi dilungherei più di tanto solo perché è l'ultimo dei problemi in ordine di importanza.

A questo punto vi chiederete: se Nedved e Paratici hanno fatto tutti questi disastri, cosa c'entra il nostro esimio e infallibile presidente? Ve lo riassumo qua sotto, così che abbiate chiaro il quadro della situazione:

1) Agnelli e Marotta assumono i pieni poteri della Juventus F.C. nel maggio 2010. La società viene da un settimo posto ed è al collasso sia da un punto di vista tecnico che finanziario;

2) Agnelli e Marotta rimettono in sesto la società e formano una squadra competitiva grazie anche alla guida del tecnico Antonio Conte. Arrivano i primi scudetti.

3) Conte lascia la squadra; Marotta chiama Allegri a sostituirlo. E' l'estate del 2014. La Juve continua a vincere e a crescere come fatturato.

4) Estate 2018: Agnelli dà il via libera all'operazione Cristiano Ronaldo. La società si spacca.

5) Agnelli silura Marotta.

6) Agnelli delega i poteri un tempo di Marotta a Nedved e Paratici.

Nei due anni successivi accade che:

7) Marotta si accasa all'Inter e riduce considerevolmente il gap con la Juve. 

8) Nedved e Paratici combinano disastri sia a livello tecnico che economico.

9) La Juve, che prima in Europa si faceva rispettare, esce mestamente con Ajax e Lione ai quarti e agli ottavi di finale.

10) Leggendo il trend, la Juventus rischia di non vincere più nemmeno in Italia nel giro di pochi anni. 

Volendo mettere una pietra tombale su questa analisi: OTTO ANNI PER COSTRUIRE UNA SOCIETÀ MODELLO, SOLO DUE PER DISTRUGGERLA.

Congratulazioni Signor Presidente, il merito è unicamente Suo.