L'organigramma societario della Juventus Football Club per la stagione 2019/20 recita in questo modo:

- Presidente: Andrea Agnelli

- Vicepresidente: Pavel Nedved

- Chief Football Officer: Fabio Paratici

- Chief Revenue Officer: Giorgio Ricci

- Chief Financial Officer: Marco Re

Come ammesso dallo stesso presidente Agnelli "la struttura della Juve sarà più snella ed efficiente" non dovendo più passare dal doppio amministratore delegato Marotta-Mazzia. Già, Marotta. Quel Marotta...

Ma facciamo un passo indietro per capire l'evoluzione dell'assetto societario bianconero.
Nel maggio 2010 dopo la fallimentare gestione Blanc si insedia Andrea Agnelli che chiama al suo fianco Giuseppe Marotta, fresco di un ottimo quarto posto ottenuto con la Sampdoria. A breve lo raggiunge Fabio Paratici, brillante capo scout, suscitando le ire dell'allora presidente blucerchiato Riccardo Garrone. 

Il primo anno, con Del Neri in panchina, è un autentico fallimento. Settimo posto finale, appena 153,9 milioni di fatturato e ben 95,4 milioni di passivo: un autentico bagno di sangue, eredità di una dirigenza dilettantesca. Il 2010/11 è però anche l'ultimo anno di Jean-Claude Blanc alla Juve, ormai relegato su una poltrona senza poteri effettivi. Dalla stagione successiva gli subentrerà Aldo Mazzia e l'organigramma sarà così composto:

- Presidente: Andrea Agnelli

- Amministratore Delegato e Direttore Generale: Giuseppe Marotta

- Amministratore Delegato: Aldo Mazzia

- Direttore Sportivo e Coordinatore dell'area tecnica: Fabio Paratici

- Allenatore: Antonio Conte

Ciò che emerge da subito è che vi sono due amministratori delegati, seppur con differenti funzioni. Marotta si occupa dell'area sportiva, Mazzia di quella immobiliare (l'edificazione del J Village, per intenderci). E Nedved? Compare tra coloro che siedono nel consiglio di amministrazione aventi funzione di ratifica, ma non di governo. 

Questo assetto societario perdura fino all'inizio della stagione 2018/19, quando durante l'assemblea degli azionisti del 25 ottobre vengono ratificate, un po' a sorpresa, le esclusioni di Giuseppe Marotta e Aldo Mazzia. Chi ne esce davvero rafforzato in termini di potere effettivo non è tanto Paratici, quanto Pavel Nedved. Agnelli chiarisce subito: "Pavel avrà i miei stessi poteri". Le ragioni che hanno spinto il presidente a disfarsi con tanta fretta del duo di amministratori delegati rimangono oscure. Alcuni paventano che le divergenze alla Continassa fossero diventate insormontabili, specie dopo l'affare Ronaldo (portato avanti da Paratici e Jorge Mendes, procuratore del fuoriclasse portoghese), altri ritengono che fosse soltanto giunto il tempo di un cambio generazionale. Quale che sia la spiegazione, Agnelli ha commesso un errore che la Juve pagherà caro. Ecco perché.

In otto anni di gestione Marotta i conti della Juventus F.C. sono passati da un fatturato netto di 153,9 a 402,3 (504,7 contando anche le plusvalenze al 30 giugno 2018). Le perdite nello stesso lasso di tempo si sono ridotte da -95,4 a -19,2, ma tolto l'ultimo esercizio la Juve veniva da tre risultati utili consecutivi (+2,3 nel 2015, + 4,0 nel 2016 e addirittura +42,6 nel 2017). In poche parole il fatturato è quasi triplicato e i costi sono stati tenuti a bada. 

Perché mandare via Marotta allora? L'idea che mi sono fatto è che la Juve, nella persona di Agnelli-Nedved (non va assolutamente sottovalutato il ruolo del ceco in questa faccenda), abbia abbandonato la proverbiale moderazione sabauda e si sia lanciata in una strategia maggiormente aggressiva. Ne è una prova l'acquisto di Cristiano Ronaldo (31 milioni netti di ingaggio, prima di lui il più pagato era Higuain con 7,5) che dovrebbe essere il veicolo della penetrazione commerciale del marchio Juve in Asia e America, sviluppando quella voce chiamata merchandising che è sempre stato il tallone d'Achille della Vecchia Signora. Presumibilmente Marotta, nato a Varese ma sabaudo di abitudine, si opponeva a questa nuova vision.

Licenziarlo su due piedi tuttavia è stato un errore immane. Con Marotta (anzi, senza) viene meno quell'elemento equilibratore che faceva da collante tra sé e tutti gli altri membri della società, compresi i giocatori. Paratici sarà pure un ottimo capo scout, ma non è in grado di sostituire Marotta nelle mansioni dove è richiesto un certo tatto diplomatico. Men che meno è in grado di farlo Nedved. Ma quel che è peggio è che Agnelli ha regalato Marotta alla concorrenza: l'Inter ringrazia e con il nuovo amministratore delegato al fianco di Steven Zhang va a colmare la sua cronica debolezza a livello dirigenziale. In pratica l'addio di Marotta ha indebolito doppiamente la Juve e rafforzato doppiamente l'Inter. Una mossa da manuale.

Se il Dottor Umberto, padre di Andrea, fosse ancora in vita non so cosa avrebbe detto di questa situazione. Ma so cosa avrebbe fatto: non si sarebbe mai sognato di lasciare andare l'elemento cardine su cui si reggeva l'intera impalcatura dirigenziale, per di più andando a rafforzare una diretta concorrente.
All'epoca il ruolo di Marotta era nelle mani di Antonio Giraudo, realizzatore del progetto Stadium e di una sua futura (oggi attuale) estensione all'area della Continassa. Ebbene: Umberto Agnelli non avrebbe mai 'segato' Giraudo in favore di Moggi o chi per lui, perché sapeva che il castello sarebbe venuto giù.

Caro Andrea, è un vero peccato che tuo padre sia scomparso nel 2004. Lui un errore del genere non lo avrebbe mai commesso.