L'identità riguarda le caratteristiche proprie di un individuo o gruppo in rapporto alla società, ovvero la concezione che si ha di sé stessi e come si viene percepiti dagli altri. L'identità non è un concetto immutabile, ma si evolve nel tempo a seconda delle esperienze dell'individuo/gruppo nell'arena sociale. Tuttavia quando parliamo di identità, seppur fluida, la intendiamo come un processo lento di cambiamento, non atto a sbalzi repentini. Se, facendo un esempio, io entro nella panetteria di tutti i giorni e sul bancone improvvisamente ci trovo delle salsicce e dei würstel la cosa genererà in me un po' di smarrimento in quanto ho sempre affibbiato all'Altro il ruolo di panettiere, non di macellaio. Ebbene, le identità "pure" esistono solo nella testa dei tifosi. Conte all'Inter e Sarri alla Juve sono il chiaro esempio che il panettiere può diventare macellaio nel giro di una notte. Con la differenza che in questo caso il boccone da mandare giù può essere molto più indigesto.

Non parlerò di Conte all'Inter, non mi riguarda. Quanto a Sarri, non si può spiegare il suo arrivo in bianconero se prima non si analizza il cambiamento di identità che sta avvenendo alla Continassa. La Juventus F.C. è sempre stata la società italiana per antonomasia: proprietà italiana (dal 1923 ininterrottamente in mano agli Agnelli), dirigenza italiana, staff tecnico italiano e zoccolo duro italiano anche in campo. Non è un caso che la Juve abbia lasciato un marchio decisivo su tutti e quattro i Mondiali vinti dalla Nazionale. L'anima italiana della Vecchia Signora ha imposto il proprio credo calcistico entro i confini nazionali, molto meno a livello europeo laddove è risultata quasi un freno. I vertici aziendali pare lo abbiano afferrato - con colpevole ritardo - e hanno iniziato un'opera di globalizzazione del brand che ha portato una ventata di freschezza: nuovo stadio (il primo di proprietà in Italia), nuovo logo (il primo stilizzato per una società calcistica) e nuove maglie (per la prima volta senza strisce). Concluso il rinnovamento fuori dal rettangolo verde, si è passati alla parte tecnica: l'acquisto di uno dei due fuoriclasse attualmente in circolazione e il cambiamento - radicale - di filosofia di gioco. Con l'avvento di Sarri, insomma, dovremmo avere la chiusura del cerchio iniziata otto anni or sono.

Tralasciando ulteriori discorsi filosofici, ho seguito con particolare interesse la conferenza stampa del nuovo allenatore. E devo ammettere che mi ha sorpreso. Sincero, diretto, onesto, mai volgare, chiaro nell'esposizione, a tratti persino piacevole. Non ha rinnegato ruffianamente il proprio passato, né ha sentito il dovere di scusarsi per essere passato dall'altro lato della barricata. Nel complesso, un'ottima impressione. Ciò che mi perplime è il modo in cui reagirà di fronte alle difficoltà. Sarri sotto pressione è un'altra persona e alla Juve non puoi permetterti di sbarellare. Tuta o giacca è in fondo alla lista dei nostri problemi (a proposito: quando arrivò l'ultima Champions datata 1996 Lippi vestiva in tuta). Riguardo al lato tecnico posso dire poco, dato che ancora non sappiamo neppure quale rosa avrà a disposizione. Non è un integralista, e questo gioca a suo favore. Qualunque sua decisione dovrà tenere in conto il parere di un certo Cristiano Ronaldo, ma sono sicuro che troveranno la quadra. D'altronde un Higuain da 36 gol in Serie A non lo abbiamo mai più rivisto. Per il resto, che dire... benvenuto mister Sarri. Un uomo che nel 2000 allenava il Sansovino in Eccellenza e che oggi si trova alla Juventus F.C. dopo essere passato dai dilettanti, dalla C2, C1, Serie B, Empoli, Napoli e Premier League col Chelsea ha già vinto, a prescindere dai risultati.