Quis custodiet custodes? Si chiedevano saggiamente i nostri antenati latini. E dare una risposta credibile a questa domanda si fa sempre più difficile: chi controlla i controllori?

Il calcio italiano è uno spettacolo che dovrebbe essere venduto in tutto il mondo per nobilitare la nostra vera passione nazionale. Dovrebbe supplire alle miserie di un paese sciatto e trasandato, in perenne declino economico, politico e di costume. E invece, anche nel calcio stiamo dando l'ennesimo segno di mediocrità e di scarsa trasparenza. 

Soltanto un popolo servo e indolente come quello italico può sopportare il continuo sabotaggio operato da chi detiene il potere: al pari di quanto accade in politica, in cui un governo privo di legittimazione popolare continua a perpetuare un moribondo equilibrio istituzionale, così nel mondo del calcio la classe arbitrale rifiuta la modernità del VAR, per non perdere la possibilità di gestire le situazioni critiche che si presentano sul rettangolo verde.

Non potendo rifiutare il soccorso della tecnologia, ineludibile per correggere le servili inclinazioni di un popolo atavicamente ossequioso al potente, si è fatto ricorso ai bizantinismi del protocollo: per cui uno strumento nato per correggere gli errori di un essere umano è diventato uno strumento per ribadire il potere assoluto di quell'essere umano, a cui basta aver visto e aver valutato per assurgere rapidamente all'infallibilità.

A meno che, recitano le ignobili locuzioni degli azzeccagarbugli, non vi sia un "grave errore" o "errore chiaro ed evidente" o chissà quale altra amenità futura.

Ma la gravità dell'errore, udite udite, non la fa il potenziale danno arrecato, né l'ingiustizia perpetrata, ma la possibilità che il giudizio dell'arbitro possa essere stato viziato da elementi che egli non ha preso in esame.

Come dire: tu non puoi mai sbagliare, o infallibile fischietto, ma posso essere elementi di fatto a te ignoti ad averti indotto, o infallibile essere umano, ad errare (o irrare) sine culpa.

Potremmo continuare il nostro giochino per ore, ma non ha senso tediare i nostri amici lettori. Gli ultimi giorni, con gli episodi di Fiorentina - Lazio e Napoli - Atalanta, hanno resa manifesta la verità che molti di noi temevano: gli arbitri italiani non vogliono che il VAR diventi una minaccia per il loro potere assoluto e quindi hanno deciso di farne il minimo uso possibile. 

Non andare a rivedere episodi delicatissimi negli ultimi minuti di gara equivale a una chiarissima politica di gestione del potere. Ho ancora negli occhi quanto accaduto stasera al San Paolo e, da tifoso juventino prima che da cittadino italiano, mi ha fatto davvero male.

Mi hanno fatto molto riflettere due immagini mostrate da Sky mentre la partita andava avanti: due fotogrammi con scritto VAR, che isolavano artatamente alcuni dettagli del contatto Kjaer - Llorente. In passato non ho mai visto fotogrammi del VAR sui calci di rigore, proprio perché, a differenza del fuorigioco, non ha nessun significato dirimente isolare un fotogramma all'interno di un contrasto di gioco, peraltro molto prolungato. Aver mostrato quei fotogrammi è la classica "excusatio non petita" e dunque una "accusatio manifesta". Anche Sky credo dovrebbe delle spiegazioni. 

Alle umane gesta del temibile Giak eravamo già abituati, soprattutto dopo un indimenticabile  Lazio - Torino. Ma vedere in pochi giorni due icone del calcio mondiale, come Ribery e Ancelotti, sbeffeggiati da cartellini rossi e squalifiche per lesa maestà (rigorosamente minuscola) fa molto male.

È uno spettacolo che sta perdendo di credibilità agli occhi del mondo, specchio di quell'Italia che continua ad affogare nei sotterfugi dei bizantinismi e della mediocrità.

Ciò che sfugge a queste giacchette nere che vogliono essere protagoniste per una notte è la misura della realtà: loro affonderanno in un comune oblio, da uomini normali, mentre Ribery e Ancelotti sono già ampiamente nell'Olimpo degli Eroi imperituri del calcio.