A volte le persone non notano importanti potenzialità che sono celate al loro interno e che devono soltanto sbocciare. E’ un problema piuttosto comune e semplice da riscontrare. La realtà si capovolge, invece, nell’ipotesi contraria che accade con la medesima frequenza. In tale fattispecie si utilizza spesso l’espressione “addormentarsi sugli allori”. L’individuo ha ottenuto tanti ottimi risultati da ritenersi quasi invincibile. E’ come se a lui fosse tutto dovuto, così si adagia attendendo che la buona sorte lo baci. Gli pare prassi definitiva e obbligatoria. Sono entrambi illusioni provocate dalla nostra mente, ma non rendono omaggio al vero.
La terribile emergenza legata al covid-19 è il perfetto specchio della situazione. Durante l’inizio della pandemia pareva che l’uomo non disponesse delle risorse necessarie a risolvere il dilemma. Lentamente si è compreso che ciò era possibile tanto da dover scongiurare il rischio di ritenere sconfitto lo sgradito ospite che ancora circola. Urge porre il massimo dell’attenzione onde evitare che si ripresenti nelle forme peggiori di qualche mese fa. Per questo è necessario che gli individui trovino un equilibrio psicologico davvero delicato. “Molti fallimenti nella vita sono di persone che non si rendono conto di quanto fossero vicine al successo quando hanno rinunciato”. Oltre che grande genio, Thomas Edison era pure uomo saggio. Se esistono, occorre trovare in sé stessi le risorse per emergere dalle situazioni complesse, esprimere i propri talenti ed evitare il tracollo. Vi confesso che non amo quest’ultimo vocabolo. Da ogni esperienza, infatti, si può raccogliere qualcosa di soddisfacente. Bisogna osservare il bicchiere mezzo pieno per riuscire a non cadere in un pessimismo che sovente è più dannoso che utile. La positività lungimirante, non aprioristica, consente di vivere l’esistenza in modo più propositivo e coraggioso. “Chi non risica, non rosica”. Se si attende che scorra il tempo senza compiere alcuna azione, restando come in una sorta di limbo, non si raggiungerà mai un risultato. Può essere una scelta di vita. Non la giudico. Se ci si concentra, però, su chi opta per una diversa prospettiva, è utile tenere sempre a mente le parole “dell’Inventore della lampadina”.

Il Milan si trova esattamente nelle situazioni descritte. Dal 2014, i lombardi non partecipano alla Champions League. Sono trascorsi 6 anni che, per una società così gloriosa, rappresentano un’eternità. E’ un periodo troppo lungo. Nel frattempo, Berlusconi ha lasciato il timone che nel 2017 è stato condotto da Li Yonghong sino a giungere al Fondo Elliot con Scaroni nel ruolo di Presidente. I cambiamenti sono stati imponenti anche a livello dirigenziale. Si sono viste personalità importanti come Galliani, Fassone, Mirabelli, Boban, Paolo Maldini e Gazidis. Le varie versioni della squadra non hanno mai convinto. Hanno trovato spazio molteplici progetti e piani che puntualmente non hanno condotto ai risultati sperati. Dopo l’addio di Allegri, il Diavolo si è affidato a suoi ex campioni che non avevano grandi esperienze come allenatori. Il riferimento è chiaramente a Seedorf e Pippo Inzaghi. Poi si è deciso di seguire un’altra linea. Ecco Mihajlovic e Montella con il breve intermezzo di Brocchi. Si trattava di 2 giovani tecnici in rampa di lancio. Al tempo erano profili molto interessanti, ma pure loro mancavano dell’esercizio a livello di top team. E’ vero che il primo aveva guidato la nazionale serba e il secondo, dopo un inizio romanista, si era fatto notare con la Fiorentina portando la Viola sino alla semifinale di Europa League, ma non avevano ancora il pedigree adeguato. L’Aeroplanino è stato l’ultimo mister rossonero a conquistare un trofeo. Si tratta della Supercoppa Italiana vinta nel 2016 contro la Juventus. Pure questa strada, però, non ha garantito l’esito sperato, così la società ha scelto Gattuso. Obiettivo centrato. Ringhio pareva avere la forza di guidare la barca fuori dalla secca. La crescita era costante. Con l’allenatore partenopeo, il Diavolo aveva raggiunto la prima coppa e grazie al calabrese stava crescendo in campionato. I rossoneri hanno sfiorato la conquista del pass per la Champions, ma la dirigenza ha optato per Giampaolo che, dopo poche giornate, ha lasciato il testimone a Pioli. Si giunge, quindi, a parlare dei giocatori. Nei vari cicli, hanno vestito il rossonero molteplici atleti che si sperava facessero le fortune del Milan. Basti ricordare i vari Menez, Luiz Adriano, Pasalic, Manuel Locatelli, Bonucci, Suso, Higuain e, da ultimo, Piatek. Con questa maglia hanno rappresentato soltanto meteore quando, altrove, hanno riscosso maggiore successo. Un fatto simile potrebbe produrre qualche riflessione.

Allo stato dell’arte, in casa Milan, si vive una gran confusione. Si parla del futuro e nuovamente di un anno zero. Rangnick sembrerebbe appropriarsi della panchina e pare ci si appresti a un’ulteriore rivoluzione. Perché? In questo momento, il calcio si trova nel caos più totale e anche sulla questione relativa alla quarantena la gestione da parte della politica non è apparsa delle più snelle in relazione a quanto osservato in altri Paesi. La viva speranza è che la stagione possa concludersi regolarmente. Se così fosse, i lombardi avrebbero tutte le carte in regola per giocarsi l’obiettivo continentale. E’ vero che ormai la zona Champions assomiglia a una chimera, ma quella che condurrebbe all’Europa League è più che raggiungibile. Poter competere per un torneo internazionale rappresenterebbe un successo comunque importante. Non è realistico, quindi, sostenere che, salutata la Coppa Italia, l’annata del Diavolo sia praticamente conclusa. Giustamente la società sta guardando al futuro perché la prossima sessione di mercato sarà davvero breve e i tempi a disposizione dei vari allenatori per preparare la stagione che verrà risulteranno più che risicati, ma questo non può diventare un alibi per il gruppo. La compagine deve giocare l’ultima parte di campionato assolutamente concentrata sul presente onde evitare il fallimento citato da Thomas Edison. Se non si semina, non si raccoglie. I rossoneri hanno la necessità di convincere la dirigenza dell’inutilità di una ricostruzione dalle fondamenta. Le basi esistono. Urge soltanto portarle alla luce.

Innanzitutto, occorre partire dalla questione legata all’allenatore.
Pioli è l’uomo giusto? Questo rappresenta il dubbio principale. In effetti, soprattutto ultimamente, il parmigiano è stato chiamato a salvare situazioni complesse quindi non ha potuto esprimere il suo potenziale con un progetto creato e voluto da lui. Lo considerò un buon mister, ma capisco le perplessità su un suo domani in rossonero. Rangnick? Non ha mai militato nel campionato italiano. Ha vissuto soltanto la Bundesliga e nemmeno troppo a lungo. Sinceramente la trovo una scelta interessante, ma che al momento attuale rischia di essere una scommessa molto pericolosa. Come detto, non vi sono i tempi perché possa esprimere il suo credo a una squadra e, da quanto ho percepito, si tratta di un mister che ha una simile necessità oltre che, come chiunque, abbisogna di un periodo per adattarsi alla nostra cultura. Mi affiderei a un allenatore che abbia già avuto esperienze nel Belpaese e che sia in grado di adeguarsi facilmente ai giocatori che ha a disposizione. Il profilo di Allegri sarebbe perfetto, ma dubito che questo matrimonio possa essere proposto. Le fondamenta della compagine, invece, non sono nemmeno da sfiorare. Donnarumma rappresenta il miglior portiere italiano ed è molto giovane. Comprendo le esigenze economiche, ma non ci si deve privare dei gioielli di famiglia. Si cerchi di far cassa in altro modo a meno che non sia il ragazzo a spingere arditamente per una diversa soluzione. Occorre blindare Theo. Ha dimostrato di essere un terzino davvero forte e abile pure in fase offensiva. Tra alti e bassi, Romagnoli è un buon centrale difensivo e resta sempre uno dei papabili per la spedizione al prossimo Europeo. Pure Kjaer, che dal 30 giugno potrebbe tornare al Siviglia, sarebbe da confermare. Bennacer è stato uno dei calciatori più chiacchierati del lungo lockdown e si è parlato di lui in maniera sempre positiva. Pare avesse fatto venire l’acquolina in bocca a più di un top team. E’ un regista, classe 1997, e sembrerebbe rappresentare uno dei colpi importanti della scorsa campagna acquisti estiva. E’ giovane. Non gli si può sicuramente chiedere la continuità di un veterano, ma è dotato di classe e visione di gioco. Attenzione perché ormai calciatori simili diventano merce rara. Si pensi a Bentancur che ha caratteristiche analoghe. Soltanto alla terza stagione in bianconero, inizia a diventare uno dei tasselli principali della squadra. Nonostante qualche passeggero “mal di pancia” anche Kessie, di un anno più vecchio dell’algerino, è un ottimo mediano. Comprendo la fine del rapporto con Bonaventura. Non discuto del valore del giocatore, ma l’età e la propensione agli infortuni giustificano un addio. Calhanoglu? Sinceramente, lo confermerei. Non è una certezza assoluta, ma quando è in giornata vanta colpi importanti. Lo stesso vale per Paquetà. Il brasiliano, inoltre, è di qualche anno più giovane rispetto al turco. Per quanto riguarda gli attaccanti, il discorso si complica perché, in quel reparto, la stella polare è rappresentata da un certo Zlatan Ibrahimovic. Tutto ruota intorno al suo futuro. Resterà a Milano? Nonostante la carta d’identità, se si sentisse nelle condizioni di proseguire, non avrei dubbi. “Lo legherei ai cancelli del centro sportivo rossonero”. E’ troppo importante sia a livello tecnico che psicologico. La sola presenza può fornire sicurezza ai compagni. Il suo arrivo ha consentito alla squadra di Pioli un evidente passo in avanti dal punto di vista dell’approccio. In alternativa, serve un sostituto con simili caratteristiche. Rebic è assolutamente da avvalorare. Il croato potrà godere di un altro anno in Lombardia prima della scadenza del prestito. Il suo cartellino, infatti, appartiene all’Eintracht. Credo, poi, che Leao sia ancora un filino acerbo. Il giocatore, classe 1999, è dotato del fisico e della velocità per diventare un ottimo centravanti. Nutro qualche dubbio in più su Castillejo. A questi si aggiunge il neoarrivato Kalulu. E’ un terzino sinistro ventenne che può svolgere anche il ruolo di centrale.

I giocatori rossoneri sui quali si può costruire il futuro non sono pochi. Con le dovute proporzioni e l’idea che mi potrei sbagliare, questa compagine ricorda la Juventus del 2010-2011. La Vecchia Signora di Delneri non si è qualificata nemmeno per l’Europa League ma, con qualche puntuale accorgimento, un anno più tardi, la versione contiana ha vinto lo Scudetto senza ricostruirsi da capo. Non credo che il Diavolo possa puntare a un simile obiettivo perché il distacco con le rivali pare piuttosto importante, ma “la carta non gioca”. Anche i sabaudi nel 2011-2012 non vantavano troppi nomi altisonanti. A parte Buffon, Pirlo, Del Piero e Vucinic, gli altri erano giocatori che dovevano ancora esprimersi a grandi livelli. Chiellini non aveva completato il suo processo di maturazione. Lo stesso vale per Marchisio e Vidal era appena sbarcato in Italia. Bonucci, invece, veniva da una stagione parecchio negativa. Insomma, quella squadra non partiva di certo con i favori del pronostico e poi… Magari i lombardi non raggiungeranno i medesimi traguardi ma, grazie a qualche modifica che non rappresenti un ennesimo stravolgimento, potrebbero centrare obiettivi importanti. Al momento non si può immaginare di avere un grande Milan, una squadra simile a quella che dominava l’Europa. Occorre procedere per gradi e, come sosteneva Madre Teresa di Calcutta, “quando non potrai camminare veloce, cammina. Quando non potrai camminare, usa il bastone. Però, non trattenerti mai!