"La prima arte che devono imparare quelli che aspirano al potere è di essere capaci di sopportare l’odio”.
Così Seneca ammoniva i potenti della sua epoca, tralasciando il fatto che egli stesso ebbe un ruolo abbastanza importante alla corte neroniana, venendo designato come precettore dell’aspirante imperatore, e dunque finendo per essere accusato di incoerenza. A prescindere dall’autenticità del pensiero del filosofo latino, questa citazione è e sarà, dal mio punto di vista, una verità assoluta inerente alla visione del mondo.
Essere potenti è bello, ognuno di noi vorrebbe essere ricco, siamo sinceri, però dovremmo poi sopportare l’invidia e il disappunto di chi sta peggio di noi, angustiato dal nostro sfoggio di potere. Sapete cosa penso a riguardo? Che chiunque fosse ricco, se ne infischierebbe altamente dell’opinione della gente, e continuerebbe sulla sua strada, senza dare troppo peso ai valori etici o cose simili (per informazione chiedere a Leonardo Di Caprio in “The Wolf of Wall Street”, del quale non riporterò citazioni per non rendere volgare questo pezzo). E sapete anche di cosa sono sicuro? Che è esattamente in questo modo che la pensa ed agisce la maggior parte dei multimiliardari presenti su questo pianeta. Appurato questo concetto, riconosciamo che, fra gli innumerevoli marchi che negli ultimi anni hanno continuato a crescere, investendo in campi sempre diversi pur di implementare la propria pubblicità ed il proprio fatturato, senza preoccuparsi minimamente delle conseguenze che avrebbe potuto portare in suddetti settori; non fa di certo eccezione la Red Bull, società nata nel 1984, che conta ad oggi oltre 12mila dipendenti in 171 paesi ed un fatturato annuo di circa 6 miliardi di dollari, con più di 70 miliardi di lattine vendute a partire dalla sua fondazione. Il successo del suo brand, Dietrich Mateschitz, il patron, lo deve principalmente alla bevanda omonima, che venne venduta per la prima volta in Austria, il primo aprile del 1987. L’interesse di Mateschitz nello sport è sempre stato parecchio veemente, tanto che, prima di insediarsi in campi maggiormente alla ribalta, ha inserito il proprio marchio in numerose manifestazioni sportive estreme: la Red Bull Cliff Diving, in cui i tuffatori si lanciano in tuffi disparati da piattaforme di quasi 30 metri, la Red Bull Air Race, contraddistinta da gare spericolate fra aerei, oppure la Red Bull X-Fighters, con le sue folli acrobazie di motocross. Maggiore notorietà ha acquisito l’impresa del paracadutista Felix Baumgartner di lanciarsi dalla stratosfera, infrangendo il muro del suono, nel 2012, sponsorizzata sempre dalla società austriaca. Dal 2005 invece la Red Bull Racing è entrata prepotentemente nel mondo dei motori, acquistando due scuderie, e portandosi a casa 4 titoli mondiali consecutivi con Sebastian Vettel alla guida; nel 2015 invece nasce il team Red Bull KTM Factory Racing, che debutta in Motogp nel 2017, ottenendo le sue due prime vittorie nella stagione corrente, con Brad Binder e Miguel Oliveira.

Sempre nel 2005, in concomitanza con lo sbarco in Formula 1, avviene anche l’inizio del progetto Red Bull nel calcio. L’azienda acquista la maggioranza di una piccola squadra austriaca, l’Austria Salisburgo, cambiandone completamente i connotati: il club diventa la Red Bull Salisburgo, acquisisce il logo dei tori rossi, e i colori sociali del brand. I primi malcontenti nascono da un gruppo di tifosi che decide di rifondare il club, mantenendone stemma e divise originali, in opposizione all’operazione compiuta dalla Red Bull. L’anno successivo Mateschitz arriva in MLS, dove “trasforma” i New York MetroStars nei New York Red Bull, con le stesse identiche operazioni effettuate in Austria, ma con l’obiettivo principale di riscuotere fama attraverso l’acquisto di grandi calciatori, come Thierry Henry o Rafa Marques. Nel 2007, invece, viene fondato da zero un nuovo club, il Red Bull Brazil, con sede a San Paolo, che però non ha ottenuto particolare successo. Fu un completo fallimento il progetto Red Bull Ghana del 2008, abbandonato dopo soli 6 anni.

Fino ad allora dunque, l’azienda austriaca aveva sì messo il proprio zampino nel calcio, senza però incidere concretamente nei palcoscenici più importanti. La svolta più importante si ha infatti nel 2009, quando viene acquistata una società tedesca di questa divisione, l’SSV Markranstädt , che diventa il RasenBallsport Lipsia (propriamente Red Bull Lipsia, lo stratagemma è stato utilizzato per aggirare le regole della Bundesliga, che non permettono che vi sia uno sponsor all’interno del nome di un club). In Germania le polemiche sono ancora più pesanti , anche perché a questo vanno aggiunti i problemi sorti con la Federcalcio tedesca.

“Quando la moralità si scontra con il profitto, raramente il profitto perde”
Questo il pensiero di Shirley Chisolm, attivista statunitense, nonché prima donna di colore ad essere eletta al Congresso degli Stati Uniti. Beh, devo dire che…aveva ragione. Già, perché i “tori rossi” non si fermano, percorrono la propria strada, non curandosi di nulla, mentre, come una macchina asfaltatrice, disintegrano la storia dei propri club e, con essa, i sentimenti dei tifosi, con machiavellica impassibilità. E’ la dura legge del capitalismo, come lo definiva Che Guevara “Libera volpe in libero pollaio”.

Ma, tralasciando, almeno per il momento, la componente morale, e fatta eccezione, come abbiamo accennato, per alcuni fallimenti, è indubbio che questo progetto abbia fino ad ora ottenuto riscontri eccezionali, perfettamente in linea con il piano di crescita ideato dalla società austriaca.
Alla base del disegno Red Bull vi è lo sviluppo di strutture estremamente performanti ed all’avanguardia, unito alla formazione di staff tecnici di enorme professionalità ed abilità, da cui derivano gli impeccabili risultati ottenuti: metodi di allenamento innovativi e redditizi, una proposta di calcio “fresca” e propositiva, lo scouting di giovani talenti dal gran potenziale.
Il Red Bull Salisburgo, ad esempio, a partire dall’acquisizione vince ben 11 titoli d’Austria: fino ad allora ne aveva soltanto 3 in bacheca, inoltre trionfa, nell’edizione 2016-17, nella Youth League, nel 2017-18 raggiunge le semifinali di Europa League, mentre nella scorsa stagione lo abbiamo visto all’opera per la prima volta in Champions, mettendo in seria difficoltà Napoli e Liverpool nel proprio girone. Fra i talenti sbocciati in quel di Salisburgo possiamo citare Sadio Manè, campione d’Europa con il Liverpoll, Naby Keità e Takumi Minamino, anch’essi attualmente ad Anfield, Kevin Kampl e, più di recente, Dominik Szoboslai, cercato da mezza europa ed Erling Haland, su cui ogni commento sarebbe superfluo. Ma non finisce qui, perché, come spiegato, il progetto coinvolge anche lo sviluppo di staff preparati ed efficienti, e infatti numerosi sono gli allenatori emergenti transitati dalla fucina Red Bull: Marco Rose, attuale allenatore, con ottimi risultati, del Borussia Moenchengladbach, ed in passato all’under 16 ed under 18 del Salisburgo, oltre che in prima squadra, artefice della vittoria in Youth League e della semifinale di Europa League del 2018; Nico Kovac, che, dopo aver allenato le giovanili dei “Bulls”, è passato all’Eintracht Francoforte, dove riuscirà a vincere la Coppa di Germania, mentre meno positivo sarà il suo trascorso al Bayern Monaco, con cui vincerà comunque un double nel 2018-19; anche Oliver Glasner, dopo una stagione da vice allenatore in Austria, si trova attualmente alla guida di un club tedesco, il Wolfsburg.
Ma il fiore all’occhiello dello staff targato e formato dalla Red Bull è sicuramente Ralph Rangnick, ultimamente al centro di numerose discussioni dopo il mancato approdo al Milan. A differenza degli altri tecnici, relativamente giovani quando sono entrati nell’orbita Red Bull, il tedesco aveva già avuto ampie esperienze, sugli scudi le cinque stagioni allo Schalke 04, quando assume il ruolo di direttore sportivo dell’RB Salisburgo.

Nel 2016 il Lipsia viene promosso in Bundesliga, sotto la guida proprio di Rangnick, che però lascia l’incarico a Ralph Hasenhuttl, tornando a rivestire il solo ruolo di DS. Sin dalla prima stagione si rivela un club deciso ad imporsi nel panorama calcistico teutonico, piazzandosi addirittura al secondo posto, e qualificandosi dunque alla Champions League. Poi arrivano un sesto posto e due terze posizioni in Bundesliga, con la ciliegina della semifinale di Champions raggiunta nella stagione appena conclusa, guidata da Julian Nagelsmann, tecnico giovanissimo, solo 33 anni, con un passato all’Hoffenheim, e considerato l’allenatore del futuro per precocità, idee e risultati ottenuti. Anche il Lipsia, come il Salisburgo, si è distinto per il notevole impiego e la scoperta di alcuni dei giovani più interessanti del panorama mondiale: Timo Werner, fra gli attaccanti più prolifici d’Europa, di recente passato al Chelsea, Marcel Sabitzer, Joshua Kimmich, attuale colonna del Bayern campione d’Europa, oppure altri come Upamecano, Keità o Kampl, attinti direttamente dal “laboratorio” austriaco, posto a 600 km di distanza.
Oltre all’enorme riscontro economico, è chiaro anche i risultati sportivi stanno prepotentemente andando nel verso giusto, frutto di una programmazione oculata e precisa nei minimi dettagli.
Tuttavia, tutto ciò non basta a calmare le perplessità relative a questo modello. Infatti, nel 2016, al termine dell’andata del secondo turno dei preliminari di Champions League terminata 1-0 fra il Red Bull Salisburgo e i lettoni dell’FK Liepaja, il terzino austriaco Andreas Ulmer si è accorto di aver giocato l’intera partita con la maglia del Red Bull Lipsia, completamente identica, scatenando nuovamente le ire degli amanti dello sport.

“Il potere non fa le cose giuste, fa solo la storia”
Difficile trovare un punto di accordo che permetta di comprendere se effettivamente il disegno tracciato dalla Red Bull sia giusto o sbagliato, in relazione ai valori ed alla passione che sono, da sempre, alla base di questo sport, che altrimenti non sarebbe così amato in tutto il mondo. Senza ombra di dubbio, però, il modo in cui l’azienda partita dalla vendita della famosa bibita energetica, si è insediata non può che essere visto come un esempio, che sta diventando sempre più attuale con l’evoluzione del calcio, ed è inoltre un modus operandi basato molto di più sulla ricerca e sulla perizia degli impiegati, rispetto a progetti come quello del Manchester City o del Paris Saint Germain, orientati quasi unicamente sugli enormi investimenti economici.

Chissà cosa risponderanno i tifosi dell’RB Salisburgo quando gli verrà chiesto se preferivano i loro tre titoli vinti con sudore e passione, oppure gli undici conquistati grazie allo strapotere Red Bull e per i quali il prezzo da pagare è stata la completa cancellazione della storia del loro club.
Probabilmente une verità assoluta non esiste, e non ci resta che continuare a seguire con dedizione lo sport che amiamo, restando però vigili che quello che è accaduto ai tifosi dell’Austria Salisburgo e all’SSV Markranstädt non possa accadere anche alla nostra squadra del cuore.
E a quel punto, come reagiremmo?