Tutti credevamo che Silvio Berlusconi potesse avere - nella sua lunga e appagante esistenza - un unico, grande amore nel mondo del calcio, ossia il Milan. Ed è proprio così: preso un Diavolo derelitto, lo ha trascinato dai bassifondi del calcio italiano fino alla summa del calcio europeo. Un amore vero, viscerale, come non se ne vedono nel mondo pallonaro odierno. Quello stesso amore che ha spinto Berluconi a passare di mano un club pieno di debiti, sull'orlo del fallimento e a digiuno di trofei da tempo immemore; Berlusconi ha ceduto la sua creatura per amore. 

Il Cavaliere, nella sua trionfale epopea rossonera, ha messo in bacheca la bellezza di 29 coppe in 31 anni. Un record imbattuto e, in futuro, difficilmente battibile. Mosso dalla passione per il pallone o - più prosaicamente - dai soldi e dagli interessi che esso produce, ciò che più importa è che uno degli uomini più influenti e decisivi del panorama calcistico italiano (e se ve lo dice un interista, credeteci...) sia "sceso in campo" per l'ennesima volta. Acquisterà da Nicola Colombo la quota maggioritaria del Monza Calcio. E i benefici non tarderanno ad arrivare. Ma perché proprio il Monza? Perché Silvio Berlusconi non acquista il Cjarlins Muzane o il Pizzighettone? Ottima riflessione, caro lettore. I motivi di questa scelta - al di là di quelli ovvi ed evidenti - sono da rintracciare nella storia personale dello stesso Berlusconi e, soprattutto, del suo inseparabile "compagno di merende" Adriano Galliani.

  1. La città di Monza - a differenza di quanto il sottoscritto erroneamente pensasse prima di documentarsi - possiede un tradizione calcistica importante. Sul finire degli anni cinquanta, al comando del sodalizio lombardo venne posto Gino Alfonso Sada, titolare dell'industria alimentare Simmenthal. Per dieci anni, associare il celebre marchio ai colori biancorossi fu la cosa più naturale del mondo; questo connubio portò al conseguimento di ottimi risultati, tra i migliori nella storia del club brianzolo. Tuttavia in 106 anni di storia il Monza non ha mai partecipato alla Serie A. Un campionato che sfiorò in due occasioni negli anni '70: venne sconfitto a Modena all'ultima giornata e perse lo spareggio per la A contro il Pescara. Due beffe che da queste parti, nonostante sia passato quasi mezzo secolo, faticano a dimenticare. Una ferita che probabilmente non si rimarginerà più.
  2.    Facendo leva sulla storia e sul prestigio dei biancorossi, Berlusconi e Galliani hanno fatto un ragionamento tanto semplice, quanto di difficile attuazione: se realtà lombarde come Como, Brescia, Bergamo, Busto Arsizio, Cremona, Mantova, Legnano, Lecco e Varese hanno goduto dei sapori e dei profumi del massimo Campionato, perché Monza deve rimanerne preclusa? Cos'ha di meno Monza rispetto a queste città? Se ce l'ha fatta la Pro Patria (di Busto), per quale arcano motivo non potrebbe il Monza? Alcuni direbbero che la differenza sta nel fatto che Bergamo, ad esempio, abbia un bacino d'utenza maggiore, nel quale i giovani riescono ad identificarsi "anima e corpo" con l'Atalanta. Vero, considerazione ineccepibile. Ma il club brianzolo ha tutte le carte in regola per calcare anch'esso, un giorno, i campi della A: in primis, uno stadio dal potenziale enorme e poco sfruttato. Altro obiettivo del Berlusca è infatti quello di rimpire il "Brianteo", l'impianto che ha sostituito il mitico "Sada" (quello con i cartelloni pubblicitari della Coca-Cola) e che a Monza chiamano ironicamente (e tristemente) la "cattedrale nel deserto". Obiettivo: riqualificare territorio e stadio.
  3. Quest'obiettivo Berlusconi cercherà di centrarlo con Galliani. Ecco, l'amicizia di lungo corso tra i due - una sorta di inscindibilità solidale resistente agli anni che passano, più che semplice rapporto amicale - è il fattore determinante della scelta monzese. Adriano Galliani fu comproprietario del club dal 1975 al 1985. Un decennio in cui il geometra fece quella "gavetta" da dirigente indispensabile per la sua futura esperienza in rossonero. A Monza, Galliani conobbe e strinse un fortissimo legame con un'altra figura fondamentale dell'epopea berlusconiana del Milan: Arriedo Braida. Perciò la scelta non è soltanto coerente con il fatto che il Cav abbia casa a 3 chilometri dal capoluogo brianzolo (la celebre - e bruttina - villa ad Arcore), ma anche con la storia e il vissuto personale di Galliani, suo fido "braccio destro". D'altronde la componente romantica, in tutta questa faccenda, è preponderante rispetto a tutto il resto (soldi, business, vetrina mediatica).
  4. Al calcio italiano conviene che Berlusconi ne faccia ancora parte. Non appena entrerà nel Consiglio d'Amministrazione del Monza, i benefici portati in dote dal capo di Fininvest saranno immediatamente evidenti, tangibili. In primis per la Serie C, naturalmente: i media di tutto il paese si fionderanno al "Brianteo" per avere esclusive su uno degli uomini più influenti e - parliamoci chiaro - ricchi e potenti d'Italia. Questo genererà un circolo virtuoso, che porterà denaro fresco nelle casse vuote dell'ex Lega Pro. Un campionato non solo povero, ma anche fortemente destabilizzato da continue grane che portano a fallimenti in serie. L'arrivo di Berlusconi avrà un effetto balsamico su una competizione da anni malata come la C. Il Monza, poi, diverrà una succursale del Milan: fu così in passato (chi di voi non ricorda il passaggio in rossonero di Christian Abbiati, oppure il prestito in Brianza di Billy Costacurta?), sarà così in futuro.
  5. Berlusconi farà del Monza ciò che non gli riuscì a Milano: creare una squadra giovanissima, italianissima e dai sani princìpi etico-morali. Una squadra composta da bravi ragazzi, senza creste, tatuaggi e piercing; giovani "acqua e sapone" e "tutta casa e chiesa" insomma. Una squadra che Galliani costruirà come serbatoio delle Nazionali giovanili: a partire dall'Under 15, ogni selezione dovrà avere un tot di calciatori brianzoli. Giusto o sbagliato che sia, è il diktat di Berlusconi che lo impone. Un progetto che al Milan sarebbe stato affascinante realizzare, ma che ovviamente ha molte più chance di essere portato a termine a Monza. Una cosa è certa: se il passaggio di consegne tra Colombo e Berlusconi si concretizzasse davvero, Monza non dovrà la sua fama solo ed esclusivamente al Gran Premio...