Ed eccoci qua!
Cominciavo ad avere nostalgia delle polemiche post-qualsiasi risultato non soddisfacente dell’Inter. Antonio Conte è nuovamente il principale responsabile della… aspettate, ma di cosa? Della crisi? Dell’uscita da qualche competizione nazionale o internazionale? Dell’addio ai sogni tricolore? Ma no, ovviamente. La risposta la conoscete tutti. Non è successo nulla di tutto questo, ma vuoi mettere il godimento di chi non vede l’ora che il tecnico salentino saluti Milano per andare a vincere da qualche altra parte? Ma sì, in fondo, non si attendeva altro che questo: una serie di mezzi passi falsi (o presunti tali) in modo da scardinare le piccole certezze che si erano create, anch’esse portate in gloria con lo stesso eccesso di sicurezza, sebbene nel verso opposto.
Certo, non voglio fare il bastian contrario a tutti i costi: mi aspettavo dei risultati differenti nelle ultime due uscite, e sono il primo ad ammetterlo, ma come al solito non si è mai clementi con questo progetto e francamente sono arrivato al limite. Non è possibile che ad ogni piccolo intoppo, il quale è assolutamente naturale, si ricominci con la solita solfa del modulo, del gioco e via con gli altri luoghi comuni.

A proposito, partiamo dal modulo, così non mi potrete accusare di essere di parte.

- Modulo? Conte esagerato, ma che fare?

Parliamoci chiaro: giocare a tre in difesa è un marchio di fabbrica dell’ex allenatore juventino e lo sappiamo dall’estate scorsa. Io stesso, che mi sento di difendere l’operato di tecnico e società anche quando i più non riescono a vederci nulla di salvabile, ammetto di non stravedere per questo schieramento. Sono cresciuto con il mito della difesa a 4: tutte le grandi squadre, salvo alcune eccezioni, hanno sempre proposto la coppia difensiva centrale e i due terzini, variando i meccanismi e dando sfogo alle loro idee più creative dal centrocampo in su. Lui no. Lo ha sempre fatto ed è fedele al suo credo. Ammirevole da una parte, troppo rigido dall’altra. Attenzione, non è che sia un male a prescindere (siamo tornati a giocare una finale europea con questo tanto bistrattato modulo appena due mesi fa, ma ovviamente tutti lo hanno già dimenticato), ma credo che alle volte Conte si ostini nel mantenere la sacralità dei suoi dettami tattici, pur consapevole di non avere gli uomini ideali per poter reggere questo schema in alcuni determinati momenti. Avete visto? L’ho detto, contenti? No, seriamente, andando nello specifico, va bene adattare D’Ambrosio o Kolarov a centrali (soprattutto il primo), ma addirittura metterli insieme, con un solo difensore di ruolo, diventa praticamente insostenibile. Se poi ci aggiungiamo, come ieri, che l’ex romanista non ne azzecca una, è chiaro che la situazione diventa problematica e si presta il fianco anche alle inevitabili critiche.
Non resta che dirlo chiaramente: nel caso in cui manchino contemporaneamente due dei tre titolari della difesa, il modulo a 3 non dovrebbe mai essere praticato.

- Perisic… ma perché?

Ho appoggiato il mercato nella sua interezza. Vidal, al netto di qualche scivolone come l’ingenuità nella gara di ieri sera, è un acquisto azzeccatissimo. Un giocatore che incarna al meglio lo spirito battagliero del condottiero neroazzurro. Hakimi è un fuoriclasse nel suo ruolo, e, sebbene Darmian si sia comportato bene, rimane insostituibile. La conferma di Sanchez, la cessione di Godin, persino il rientro di Nainggolan: tutto bene. Ma qualcuno mi spiega cosa ci fa Perisic in squadra? No, seriamente, con il massimo rispetto per il croato, che è stato uno dei migliori nel peggior periodo storico dei neroazzurri, ma non è ammissibile affidargli le chiavi della corsia mancina. Non esiste. E non esiste anche perché con il modulo adottato da Conte, la fase difensiva salta. Lui è un giocatore che deve giocare nei tre dietro l’unica punta in un 4-2-3-1 o largo a sinistra in un 4-3-3 classico. Insomma, un Chiesa, per farla breve. E invece me lo ritrovo ormai fisso sull’esterno.
Mi dispiace, ma questo è inaccettabile, caro Conte: qui devi assolutamente prendere provvedimenti.

- Detto ciò…

… basta. Fatela finita. Abbiamo pareggiato contro la Lazio, e il Borussia Dortmund sa che non è una passeggiata giocare contro i biancocelesti. Abbiamo perso immeritatamente il derby, che è una partita a parte. E con l’avverbio «immeritatamente» non intendo assolutamente denigrare lo splendido risultato ottenuto dai cugini, trascinati da un calciatore leggenda di questo sport. Dico che, ai punti, il pareggio sarebbe stato il risultato più giusto, in un match carico di intensità soprattutto nella prima frazione di gioco.

Per quanto riguarda la Champions League, siamo alle solite: ma perché viene dato così peso ad una competizione che, allo stato attuale, non è assolutamente alla nostra portata? A parte il fatto che abbiamo pareggiato contro una squadra ostica, ma comunque abbiamo offerto una prestazione sufficiente. Non entusiasmante, per carità, ma vogliamo dire per una volta che ai nostri avversari è girato tutto bene (prima rete su rigore, secondo gol su una leggerezza della nostra difesa), mentre noi abbiamo comunque cercato di giocarla, non accontentandoci mai del pari anche quando un pareggio era divenuto l’unico risultato raggiungibile? Vogliamo per un attimo parlare di quel palo di Lautaro Martinez che ci avrebbe fatto godere di brutto? Vogliamo parlare di Romelu Lukaku?

A proposito del belga, in molti, anche addetti ai lavori, parlano di un gioco che si svilupperebbe solo sul lancio lungo per cercare l’attaccante. Adesso, va bene voler per forza criticare, ma come diavolo si fa a sostenere una tesi del genere? La squadra, pur quando non è brillante, cerca sempre la costruzione dal basso, con una fitta rete di passaggi dalla difesa, passando per l’onnipresente Barella (io lo amo calcisticamente, è un fenomeno!), per poi allargare sugli esterni e cercare le due punte. Questo è il tema tattico dell’Inter. Se poi in alcuni frangenti si cerca di sfruttare le capacità di un top player quale Lukaku, dove sta il problema?
Onestamente, mi pare che la maggior parte degli appassionati veda in questa Inter sempre il bicchiere mezzo pieno.
E non è corretto.

- Dunque, nessuna crisi. Chiaro?

Tutto questo giro di parole per dire che non esiste alcuna crisi dell’Inter. Inutile proviate in tutti i modi a trovare terreno fertile per poter ammettere qualcosa che non esiste. Anche perché, e qui vengo anche al motivo del titolo, questo calcio non è esattamente quello a cui siamo abituati (eufemismo).
Gli stadi deserti, le partite giocate sempre con qualche defezione anche dell’ultimo momento, preparazioni sballate, competizioni congestionate: c’è di tutto, e i risultati in tutta Europa lo stanno dimostrando. La Juve ha pareggiato a Crotone; le big spagnole sono in difficoltà, soprattutto il Real Madrid, come ha dimostrato la gara contro lo Shakhtar; in Premier ci sono stati risultati sorprendenti fin dal primo turno; il PSG non è inarrestabile. Unica eccezione il Bayern Monaco, attualmente unica vera potenza europea e strafavorita per il bis in Champions League.

Non possiamo negarlo: il calcio ha perso fascino, perché in queste condizioni è difficile poter godere appieno di ciò che è il più grande movimento pop della storia moderna. Però, fortunatamente, quando la partita sta per iniziare, quando si sente la musichetta, quando i colori per cui fai il tifo da bambino scendono in campo… ecco, lì scatta l’orgoglio.

Sappiamo che ancora ci vorrà del tempo per tornare a vivere il calcio come abbiamo sempre fatto, ma dobbiamo tenere duro. E io continuerò a sostenere l’Inter e il progetto Conte, checché se ne dica. Io sono fiducioso, siamo ancora all’alba della stagione 2020/21.
Ci credo.

Indaco32