Era l’11 maggio 2001. L’ultimo derby in campionato in cui il Milan conduceva nel primo tempo con almeno due goal di scarto. Questo per spiegare l’eccezionalità di quello che i ragazzi, sotto la guida di Ibra, avevano costruito nei primi 45 minuti della partita di oggi. E per spiegare a Pioli, e a quei giocatori che hanno commesso delle distrazioni stasera, quale gioiello abbiano malamente dilapidato.

Devo ammettere che alla fine il copione è rimasto invariato. Sapevamo che la rosa dell’Inter fosse superiore, che l’allenatore fosse più bravo, e che le motivazioni di classifica fossero maggiori. Per questo l’attesa del derby è stata serena, a tratti rassegnata, a tratti spensierata. E quel primo tempo sembrava il premio inatteso e meritato a quella spensieratezza.

Sulle panchine c’erano da una parte un allenatore capace di preparare perfettamente il primo tempo, dopo una settimana di lavoro. Dall’altra c’era un allenatore capace di preparare perfettamente il secondo tempo, dopo 45 minuti in panchina, e 15 negli spogliatoi. Il risultato finale rispecchia fedelmente il bilancio dei meriti.

Degli ultimi 7 allenatori nerazzurri, che si sono seduti sulla panchina nerazzurra per almeno un derby di campionato, Ranieri, Stramaccioni, Mazzarri, Mancini, Spalletti e Conte erano riusciti a vincerlo almeno una volta. Guarda caso l’unico a non esserci riuscito, era stato proprio Pioli. L’attuale tecnico del Milan ha avuto l’ennesima chance in carriera per rivalutarsi. Ma come dicevo prima, è stato battuto nella preparazione del secondo tempo. Una preparazione che doveva avvenire nei 45 minuti trascorsi in panchina, e nei 15 minuti dell’intervallo. Non posso sapere come siano stati quei 15 minuti negli spogliatoi, ma devono essere stati abbastanza leggeri. Pioli avrà chiesto serenamente e con lo sguardo positivo, di continuare così. Avrà lodato i giocatori. Forse avrà pensato che la spensieratezza avesse portato questo risultato tanto inatteso, e non avrà voluto perturbare questo stato di cose. Ci ha messo infatti 80 minuti per effettuare la prima sostituzione. E ha così offerto i suoi giocatori nelle fauci della squadra di Conte.

In quei 15 minuti si è capito perché Pioli non abbia mai vinto niente in carriera. Gli è mancato l’opportunismo e l’intelligenza strategica di chi vuole dannatamente vincere. La buone sorte ti ha restituito il merito del lavoro settimanale del primo tempo, ma non puoi pensare di vivere di rendita. Pensare di poter continuare come se gli avversari tornassero in campo con un atteggiamento immutato. Come se il risultato del primo tempo fosse davvero dovuto a una differenza di valori che rende da sé. Pioli doveva dimostrare di saper cogliere l’occasione del vantaggio, e saper prevenire gli effetti nefasti del cambiamento di atteggiamento che inevitabilmente Conte avrebbe instillato nei suoi. È stato ingenuo pensare di poter continuare come se nulla fosse.

Pioli doveva entrare negli spogliatoi con un film in testa: se non ci si prepara adeguatamente al secondo tempo, l’Inter ribalterà il risultato. Doveva chiedere in tono adirato ai giocatori, come si sentirebbero se dovessero perdere una partita dopo un primo tempo del genere. E tirare fuori quella rabbia che avrebbero sentito, riversandola in campo. Non solo. Siccome la miglior difesa è l’attacco, avrebbe dovuto tentare una mossa imprevista, per confondere Conte: ad esempio, togliere Kessie, arretrare Calhanoglu, e inserire Leao. Subito, uscendo dagli spogliatoi, per dare un segnale di scossa preventiva anche alla sua squadra.

La realtà è stata purtroppo diversa. Quello che mi resterà impresso di stasera, è il cinquantesimo minuto, quando su uno spiovente al limite dell’area, Kessie trotterellava lentamente verso il pallone, mentre Brozovic si avventava con tanto furore. E sul tiro che ne usciva, Kessie si voltava anche per proteggersi, invece di tentare di opporsi con il lato del corpo. Non che il giocatore rossonero sia l’unico colpevole di questa disfatta, ma il suo gesto ne è l’emblema. Tanto quanto Conti, incerto se seguire o lasciare in fuorigioco Sanchez, e quanto Romagnoli che lasciava libero De Vrij di colpire di testa. La spensieratezza che si fa schiacciare dalla voglia di vincere, e che nonostante tutto aveva offerto un primo tempo memorabile. Lo specchio fedele delle ultime stagioni, dove c’è sempre qualcosa da salvare. Il bicchiere perennemente mezzo pieno della mediocrità.