Negli ultimi giorni, la possibilità del ritorno di Ibrahimovic al Milan si è trasformata in un’idea concreta. E allo stesso tempo, milanisti, non-milanisti e anti-milanisti discutono animatamente delle conseguenze di tale ritorno. I sentimenti e le opinioni sono spesso contrastanti. Dall’euforia al disincanto, dall’ironia per la fiducia nei confronti di un 38enne, allo scetticismo più spinto. Nei bassifondi dei sentimenti umani vi è da una parte la speranza inconscia di una svolta e dall’altra il terrore inconscio della rinascita di una nobile decaduta.

Il ritorno di Ibrahimovic, per molti sostenitori, è auspicabile per una serie di motivi razionali: la tecnica di un giocatore eccezionale, la presenza in campo, la leadership nello spogliatoio, il morale dei tifosi, il marketing. Siamo tutti d’accordo che tecnicamente Ibra non può risolvere tutti i problemi. Se contro il Napoli fosse entrato nel secondo tempo al posto di Piatek, probabilmente non avrebbe aumentato di molto le chance di vittoria. E anche se avesse giocato dal primo minuto al posto di Piatek, probabilmente le cose non sarebbero cambiate neanche tanto. Certo, sono supposizioni. Ma l’impatto di Ibra va analizzato sotto altri aspetti poco citati, e a volte anche meno razionali.

Andiamo per un attimo indietro nel tempo. All’estate del 1980: la Serie A apre nuovamente all’arrivo di calciatori stranieri. Ogni squadra ne può ingaggiare al massimo uno. È la cosiddetta riapertura delle “frontiere”, dopo che nella disastrosa estate del 1966 si era deciso di chiuderle. Gli stranieri già entrati in Italia prima del 1966, potevano restare nel campionato italiano, ma nessuno poteva più entrare.

Una situazione metaforicamente simile, è paradossalmente accaduta al Milan con l’arrivo di Gazidis: i calciatori ultra-trentenni, gli “stranieri” per la nuova dirigenza, non possono più entrare nel Milan. Soltanto quelli che già sono presenti, possono restare, fino a scadenza di contratto. E senza speranza di vederselo rinnovato. Così vanno in scadenza Abate e Zapata. Biglia e Bonaventura vi andranno nel giugno del 2020, e Reina l’anno successivo. Nel frattempo, durante le sessioni di calciomercato, campioni del calibro di Fabregas e Ribery non sono presi in considerazione. Qualcuno parla di Modric, ma sembra più una favola da raccontare ai nipoti. Nasce un Milan giovanissimo, tra i più giovani d’Europa, e questa caratteristica viene esaltata come se fosse una qualità. Estremizzata a tal punto da diventare una barriera, una frontiera invalicabile. I risultati sono un fallimento sportivo, una scelta sbagliata dell’allenatore, e un inizio di stagione tra i peggiori della storia rossonera.

Le frontiere iniziano così a indebolirsi. Serve esperienza, aveva ragione Gattuso. Serve un campione ultra-trentenne, un capitano coraggioso che rompa la nuova regola imposta da Gazidis. Elliott Management sembra approvare, Boban e Maldini spingono da un po’ di tempo verso questa soluzione. Ma chi ha il coraggio di rischiare la propria fase finale di carriera in questa situazione rossonera inguaribile? I soldi non bastano, serve un progetto, serve un ambiente sereno. Serve la prospettiva di tornare presto in champions. Proprio quello che si aspettano i tifosi dal salvatore. È il classico “cane che si morde la coda”.

C’è soltanto un leader nel mondo che può compiere questa impresa, riaprire prepotentemente le frontiere degli ultra-trentenni, e riportare speranza nel popolo rossonero. È l’eterno re Zlatan. Con le sue braccia aperte dopo ogni goal, a proteggere tutto il popolo rossonero.

L’arrivo di Ibrahimovic rappresenterebbe la fine di certi dogmi dirigenziali, e il ritorno a un sano pragmatismo. Tornando al parallelo con la riapertura delle frontiere per gli stranieri nel calcio italiano, il processo pragmatico di re-introduzione degli stranieri nel campionato italiano portò ad un rafforzamento del livello medio della rosa, che raggiunse l’apice con l’introduzione del tetto massimo dei tre stranieri. Con Van Basten, Gullit e Rijkaard, il Milan raggiunse l’apice del successo, entrando nella storia per sempre. Ispirandosi allo stesso principio, la dirigenza rossonera potrebbe raggiungere un nuovo compromesso negli 11 titolari: 3 campioni ultra-trentenni in campo, e 8 giovani talenti, aspiranti campioni. Sembra un mix molto interessante, un approccio più equilibrato alla rinascita rossonera. Tre caselle da riempire per i campioni ultra-trentenni in campo. Ma chi vuole venire al Milan in questo momento storico? Le frontiere mentali sono chiuse. E proprio l’arrivo di Ibra potrebbe riaprirle, e attrarre gli altri 2 campioni. Idealmente uno per settore di campo: servono un difensore e un centrocampista. E a questo punto serve anche un balzo simbolico e irrazionale, per trovare la soluzione ideale.

Ibrahimovic riporta il tifoso rossonero alle fotografie dell’ultimo scudetto, dell’ultimo secondo posto, dell’ultima rincorsa al vertice, fallita per soli 4 punti e per l’assenza del VAR, a convalidare il famoso goal di Muntari. E ricorda gli addii contemporanei di tanti campioni (Nesta, Zambrotta, Van Bommel, Gattuso, Seedorf, Inzaghi). Rammenta al tifoso quei sogni di rinascita, scoloriti dalle incertezze provocate dalle cessioni degli ultimi due campioni rimasti in rosa, nell’estate del 2012: re Zlatan appunto, e Thiago Silva. Si è capito subito che quella folle scelta dirigenziale, fosse l’inizio della fine, ma non si immaginava che tipo di fine ci aspettasse. Il tifoso milanista, che immaginava una chiara campagna di rafforzamento, per riprendersi lo scettro del campionato italiano, vide invece una triste campagna di ridimensionamento, che non lasciava presagire a nulla di buono. Il declino iniziò inesorabile. Dopo l’ultimo canto del cigno, il terzo posto miracolosamente raggiunto da Allegri, il Milan disse addio alla Champions, e da allora nessuno sa ancora per quanto.

Le cessioni di Ibra e Thiago Silva sono la chiave simbolica di comprensione della recente storia rossonera. Simbolica, perché sono soltanto la punta dell’iceberg. Gli errori dirigenziali hanno fatto il resto. Non entrerò nei dettagli e nella cronistoria degli errori, voglio soltanto concentrarmi sul simbolismo. Ibra va in scadenza adesso, e potrebbe tornare in rossonero. E cosa fa Thiago Silva? Dall’addio al Milan di 7 anni fa, è rimasto al PSG. Ha 35 anni, non rinnova con il PSG e va in scadenza a giugno del 2020. E se fosse lui il secondo campione ultra-trentenne? Ibra e Thiago Silva di nuovo al Milan, un ritorno simbolico. Un incantesimo che sembra rompersi.

Le frontiere sono aperte, e resterebbe da riempire l’ultima delle tre caselle dei campioni ultra-trentenni: a centrocampo. E qui il simbolismo diventa ancora più potente, si scoprono ancora di più le radici del triste presente. Si comprende davvero tutto, anche la radice dei trionfi bianconeri, che fanno da contraltare al dissesto rossonero. Più del goal annullato a Muntari. Più dell’avvento dello Stadium, dove i rossoneri in campo non raccoglieranno mai neanche un punto. Un incantesimo nascosto nell’incantesimo, ancora più forte.

Nel maggio del 2011, il Milan vinceva lo scudetto. L’ultimo. Si riprendeva il trono di squadra più forte d’Italia, appartenuto fino a un anno prima all’Inter di Mourinho. In quei giorni di euforia, si nasconde il vero germe dello stravolgimento storico, e nessuno sembra accorgersene. Il Titanic ha costruito con le sue mani il suo affondamento. Il fuoriclasse rossonero Andrea Pirlo, va nel silenzio generale in scadenza, e va ad accasarsi a titolo gratuito nella nuova Juventus di Conte. Colpa di Allegri, che gli preferiva Van Bommel (paradossalmente prossimo all’addio al calcio) nel ruolo di regista, e voleva schierare Pirlo mezzala? Colpa di Galliani, che voleva offrirgli un solo anno di contratto, invece che un triennale, a causa dei suoi 32 anni? Qualsiasi ne sia stato il motivo scatenante, quell’addio si trasforma presto in un errore da incubo. Il vero incantesimo che distrugge sul nascere la nuova era di successi del Milan, e che da inizio, come contraltare, al nuovo impero bianconero.

Richiamare Pirlo avrebbe un valore simbolico immenso, sarebbe un po’ come ammettere quel gravissimo errore dirigenziale di 8 anni fa. Riprendere a raccontare una storia terminata ingiustamente. Ma ormai Pirlo ha dato l’addio al calcio, e non può riempire quella casella di terzo campione ultra-trentenne. Ma può rientrare in società come assistente allenatore, ad esempio. Sarebbe stato affascinante vederlo in sella alla Primavera del Milan al posto di Giunti. Ma sarebbe bello vederlo al fianco di Pioli a raffinare il mestiere, e a prepararsi alla candidatura al concorso di nuovo Guardiola. Tra tutti i candidati precedenti, lui è certamente quello che ha le maggiori chance di vincere quel concorso.

Tornando alla casella di campione ultra-trentenne a centrocampo, serve un sostituto di Pirlo. E che sia un campione dal grande carisma e dal grande curriculum di vittorie. La soluzione l’ha già suggerita da tempo Boban, con il nome dell’unico campione che può riuscire a non far rimpiangere il mancato ritorno da calciatore di Andrea Pirlo: Luka Modric. È lui il terzo elemento necessario per rompere definitivamente l’incantesimo. La simpatia per il Milan e il contratto in scadenza a giugno del 2020 rappresentano un’opportunità unica. Il campione che con il suo carisma e la sua classe, farebbe crescere vertiginosamente il talento di giovani come Bennacer, Paquetà e Krunic.

Il ritorno di Ibra potrebbe scatenare un processo rivoluzionario. La regola dei tre campioni ultra-trentenni nell’undici titolare, la rottura degli incantesimi, Pirlo di nuovo nella famiglia Milan come futuro allenatore, Thiago Silva e Modric a completare il trio di “stranieri”, stranieri alle regole della dirigenza attuale. Un progetto intrigante da iniziare a gennaio, e compiere la prossima stagione. Aggiungendo magari l’acquisto di Atal per la fascia destra, Bakayoko mediano, e le cessioni di Calabria, Suso, Rodriguez e Kessie, avremmo questa formazione:

Donnarumma; ATAL, THIAGO SILVA, Romagnoli, T.Hernandez; MODRIC, BAKAYOKO, Bennacer; Paquetà (Bonaventura); IBRAHIMOVIC, R.Leao (Piatek).

Elliott e Gazidis, ogni tifoso è libero di sognare, ma il mio non è un sogno complesso. Non è neanche uno stravolgimento totale, o un sogno più costoso delle recenti campagne acquisti. Ma è un sogno ricco di simbolismo e di fantasia. A voi la possibilità di realizzarlo.