Sì ‘’fuggiva’’ da casa, dopo pranzo, ancora col boccone in gola, per rincorrere un pallone, spesso mezzo sgonfio e calciarlo tra le due pietre, delimitanti la porta ed il portiere.
Quello era il calcio, per noi ragazzini tra gli 8 ed i 12 anni, in quei favolosi e irripetibili anni '60.

Una sola rete TV e niente giornali…, per noi ragazzini, che già non se ne poteva più, di leggere e studiare sui libri di scuola…
Un gomitolo  di calze aggrovigliate tra loro, da rincorrere lì, al  "bastioncino’’, spazio adiacente alla Chiesa di Santa Croce, in Castello, una delle zone più antiche e fascinose della mia bellissima Cagliari.

Quello spazio inframezzato da alberi ed aiuole, era il nostro campo di calcio, delimitato perimetralmente da una muraglietta, non più alta di 90 cm, dalla quale, affaciandoci, si poteva ammirare un panorama davvero  mozzafiato  ed anche  vedere quella palla cadere, giù nello strapiombo e  quindi doverla  rincorrere,  per almeno 1 km, al fine di recuperarla  e riportarla su.

C’era sempre il sole! Ed il cielo era quello di Rino Gaetano, sempre più blu! Si finiva a metà sera, sudati fradici, mai stanchi!

Si tornava  a casa a fare i compiti! Poi la sera unico canale TV si sperava di poter assistere ad  un bel film per poterlo poi condividere  e discutere  il giorno dopo con gli amici, i compagni di scuola.

Ricordo Salvatore, il pallone non era la sua passione, veniva qualche volta  solo con l’intento per tirare calci alle gambe, cercare la lite. Una sorta di  bullo, in cerca di un branco, che lo accogliesse e lo valorizzasse insieme alla sua stupidità. Chi cerca alla fine trova… Finì per buscarle… E non tornò più…
Ricordo Lorenzo, un ragazzino rotondetto, anche lui  partecipava raramente a queste partitelle. Una sera ebbe una discussione con Franco, il più adulto  di noi,  Franco lo ricordo bene, ragazzo serio e corretto, un piccolo leader.

Lorenzo andò a chiamare suo  padre, convinto di  per  chiudere la contesa vie brevi e a suo favore...

Tra l’imbarazzo generale, arrivo quest’uomo quasi di corsa, lo ricordo perfettamente, sui 35 anni  pochi capelli, snello e fisico atletico. Senza chiarire alcun che con fare baldanzoso e sicuro, saltellando e mulinando le braccia, girò attorno a Franco, tento subito di colpirlo. Franco ancora solo un ragazzino, non sapevo avesse mai tirato  di boxe, raggiunse velocissimo quell'uomo,  con un gancio al mento ed un diretto al volto. Lo stese.

Rimanemmo attoniti… una pena indicibile, soprattutto per quell’uomo, umiliato dalla sua  dalla sua ignoranza Quell’episodio tristissimo  per tutti, mise fine e per sempre  ai nostri teneri giochi , lì  al ‘’bastioncino’’, teatro  dei nostri piccoli sogni infantili.

Fino agli 11 anni  ricordo perfettamente di aver vissuto la passione per il calcio  solo in prima persona. Mai  simpatizzato per nessuna squadra di calcio, ne avevo idoli tra i professionisti di questo sport .

I miei idoli di Allora erano Gilberto Govi, Peppino De Filippo, Alberto Sordi, quante risate con l’amico del cuore Gigi, nel  ricordare il giorno dopo, le varie gag, appena  viste la sera prima in TV.

Ricordo invece come fosse oggi, la delusione che provavo, tutte le volte che la TV proponeva un tempo di una partita di calcio, piuttosto che un episodio della serie: ‘’Tenente Scheridan’’, Il calcio in TV per me allora era solo una noia tremenda. 

La prima volta che provai un pizzico di interesse ad assistere ad una partita di calcio in TV, fu in occasione della finale di Coppa dei Campioni tra Benfica e Milan del 1963. 

Sempre in quel periodo, ricordo Mio zio Ignazio, nel salone di casa sua, davanti alla radio, ascoltare ''Tutto il calcio minuto per minuto '' e  controllare la sua solita schedina . Giocava sempre la stessa... e fiducioso mi diceva …’’prima o poi il 13 lo faccio !!!'' Non ci prese mai…purtroppo… Qualche volta mi parlava di Dino Sani, di Gianni Rivera, di Josè Altafini, di un grande Milan, lui tifoso milanista da sempre…

Non ci prese nenche li… e meno male …Carissimo zio che purtroppo non ci sei piu….…Li sul divano  di casa sua  ,ricordo di aver visto spesso  quel giornale curiosamente rosa ...,‘’ la gazzetta dello sport ‘’ Una mattina  lo presi  per la prima volta in mano , quasi per caso .  in prima pagina,  una gigantografia di , Claudio Olinto de Carvalho detto Nenè…nuovo giocatore della Juventus.

Osservai quell’immagine con curiosità  per qualche minuto,  come se ne venissi attratto… Quei colori forse, non so... Lessi qualcosa  per la prima volta su un giornale di sport. Non so spiegare… Ma da quel momento ho cominciato a seguire ad interessarmi alla Juventus. Non ho più smesso.

Da qualche parte  si riporta che la parola  tifo, tifare, deriva dal greco "thifos" che significherebbe... delirio… da febbre "Il Tifoso" avrebbe  la mente annebbiata  come da alterazione febbrile  causata all’infezione del tifo o febbre tifoide. Ciò lo renderebbe  perfetto conformista, del tutto privo di senso critico.

Ecco… io non sono un tifoso. Non sono mai stato un Ultras, non lo sarò mai. Non amo sventolare la bandiera bianconera, portare distintivi, non amo mostrare o dimostrare la mia passione. Non sbraiterò mai davanti alla TV o in uno stadio.
Più semplicemente io amo la Juventus, ne seguo attento i passi, da sempre, quasi fossero quelli di mio figlio.

In tutti questi anni l’ho difesa, criticata, osannata,  ho gioito e provato soddisfazione per i suoi successi, mi sono rattristato rabbuiato per giorni dopo una sconfitta... l’ho amata...

Non ho mai fatto parte di uno schieramento politico, ho sempre votato a favore di chi, in un determinato momento, ho sperato potesse fare davvero il bene dell’Italia. Non ho mai abbracciato una filosofia religiosa, se non quella dettata dal mio pensiero… La Juventus è l’unica scelta definitiva e netta da me fatta, forse inconsapevole… L’unica volta che mi sono schierato e davvero non capisco come e perché questo sia accaduto.

Dicono possa trattarsi di una dipendenza… Ma la Juventus non ha mai condizionato la mia vita …. non posso considerare questa passione, questo affetto come un bisogno di appartenenza perché io ho sempre desiderato appartenere solo a me stesso... Il desiderio di condividere alcune gioie o sventure, con altre persone che nutrono la mi stessa passione? No , non a questi livelli…

Eppure c’è un episodio strano che ancora qualche volta mi fa riflettere: Nel 1969 il Cagliari squadra della mia città che ho sempre seguito  con simpatia patriottica, ma della quale non sono mai stato veramente appassionato… si contendeva il titolo di Campion d’Italia contro la Juventus.

Un evento straordinario per la mia gente  per la mia terra, allora avevo 18 anni ero già juventino fino al midollo. La partita di Torino era presso che decisiva per le speranze  di entrambe le squadre di aggiudicarsi il titolo. Due rigori fantasioni, concessi dall’arbitro signor Lo Bello,  non influirono, per fortuna,  sull’esito finale della gara, che terminò 2 a 2, lanciando il Cagliari verso la vittoria finale. Quel giorno passai una brutta sera… speravo  vincesse la Juventus.

Quel titolo per Cagliari e per la mia terra sempre dimenticata dal resto dell’Italia o mai considerata abbastanza,  per i miei fratellini sardi, andava ben oltre una gratificazione sportiva, quel titolo era semplicemente TUTTO! Un motivo di rivalsa, un orgoglio da nutrire e tramandare ai posteri , da tramutare  in energia per lottare ancora e sempre soprattutto contro l’indifferenza. Un motivo per farsi conoscere ed apprezzare maggiormente e per ciò che siamo realmente .

Io oggi alla mia età con l’esperienza ed un cuore più libero e vero, nonostante l’indissolubile legame d’affetto che mi lega alla Juventus, ne sono certo, quello scudetto lo avrei strappato da qualsiasi maglia come ha fatto Gigi Riva battendosi come un leone, lo avrei trascinato a Cagliari con tutte le forze per portarlo alla mia gente.