Ronaldo impatta su Iuliano. Body check, ma l'arbitro Ceccarini di Livorno non fischia il penalty a favore dei nerazzurri. Rovesciamento di fronte: West abbatte Del Piero e rigore per la Juve. Da quel giorno, 26 Aprile 1998, il calcio italiano e l'aspra rivalità fra i club coinvolti non saranno più gli stessi. Il campionato di quell'anno finisce nel mirino della critica, soprattutto per quanto riguarda gli arbitraggi, accusati di propendere più per i colori bianconeri, che per quelli nerazzurri. Elio e le Storie Tese incideranno persino una canzone, "Ti amo campionato", divenuto, nel tempo, inno di una metà d'Italia assai riluttante all'egemonia juventina. Una contrapposizione, quella fra torinesi di fede zebrata e milanesi interisti, condita anche da uno scudetto passato da una sponda all'altra, relazioni del procuratore federale (2011) e dichiarazioni al vetriolo, tradizioni pienamente consolidate da oltre un cinquantennio e destinate a sopravvivere nei secoli dei secoli.

L'Inter è in mano dei cinesi, attualmente, mentre la Juve, dal 1923, è saldamente in mano della famiglia Agnelli. Calciopoli, buco nero in grado di inghiottire la "Prima Repubblica" del calcio italiano, ha acuito le tensioni societarie, tuttavia, allo stato attuale, con Andrea Agnelli al vertice dell'ECA, si è instaurato un rapporto con Steven Zhang, basato su stima e collaborazione reciproca, politicamente parlando. Amici mai, però, per chi si odia come noi. Scusa, Venditti, ignobile parodia di uno dei tuoi capolavori.

Chi manca, a questa sfida, sono due figure carismatiche: Gianni Agnelli, per la Juve e Peppino Prisco, per i nerazzurri. Entrambi laureati in giurisprudenza, condividevano una passione sconfinata per i colori bianconerazzurri, ma, ciò che meglio contraddistingueva questi due personaggi era un gusto raffinato per la battuta e un'eleganza riscontrabile in ogni singola sillaba proferita.

Gianni, personaggio glamour, è da considerarsi Re d'Italia, pur non avendo mai indossato una corona, dominatore assoluto della movida in Costa Azzurra, negli anni giovanili e tombeur de femmes di primo ordine. Anita Ekberg, Jackie Kennedy e tante altre sono le donne, verosimilmente, cadute fra le sue braccia, ma una sola ha fatto breccia nel cuore dell'Avvocato: donna Marella. Presidente della FIAT, di Confindustria e senatore a vita, si è disimpegnato abilmente nei rapporti con entrambi i blocchi, caratterizzanti gli anni della Guerra Fredda. Tante gioie, un dolore così grande da condurlo, lentamente, all'esalazione dell'ultimo respiro: la scomparsa del figlio Edoardo.

Peppino è milanese dalla testa ai piedi, avvocato nella vita e alpino nel cuore. Partecipò, nel corso della Seconda Guerra Mondiale, alla sfortunata spedizione in Russia, nella fila proprio degli alpini, guadagnando, in quanto superstite, una medaglia d'argento al valore militare. Esponente di spicco del foro milanese, ricoprendone, inoltre, la carica da Presidente; un periodo trascorso nel CDA del Banco Ambrosiano Veneto, lo rende tra i personaggi più in vista della Milano dell'epoca. Due figli, Luigi e Anna, avuti dall'amore di una vita, la sua inseparabile "Lalla".

"La Juve è per me l'amo­re di una vita intera, motivo di gioia e orgoglio, ma anche di delusione e frustrazione, comunque emozioni forti, come può dare una vera e infinita storia d'amore". Brividi per chi ha la Juve nel sangue e nel cuore."La Juventus è come una malattia che uno si trascina dall'infanzia. Alla lunga ci si rassegna", risponderebbe Peppino al suo collega bianconero. "L'Inter nacque da una scissione del Milan... ecco la dimostrazione che si può fare qualcosa di importante partendo dal niente!". Prisco era solito pronunciare stilettate simili all'indirizzo dei cugini rossoneri e non solo. "Se stringo la mano a un milanista mi lavo le mani, se stringo la mano a uno juventino mi conto le dita". In occasione di quel rigore negato alla sua squadra del cuore, l'ex vicepresidente nerazzurro sentenziò :"Il rigore negato in Juventus-Inter? Non è stato assolutamente un furto. In realtà si è trattato di ricettazione". 

Chissà, ripassando un po' alla rinfusa questo mix di aforismi, come vivrebbero Gianni e Peppino in quest'epoca dominata dai fiumi di denaro e dalle bizze dei giocatori. Partendo da un grande rimpianto del secondo, rispondente al nome di Michel Platini, alias colui che venne acquistato "per un tozzo di pane" dal primo, saremmo tutti un po' curiosi di sapere come i due avrebbero commentato le vicissitudini delle compagini favorite. L'Avvocato Agnelli si sarebbe divertito, di sicuro, alla visione di questi 8 scudetti consecutivi, realizzando, di fatto, un sogno nel cassetto. Il fatto di poter raggiungere il conseguimento della terza stella era obiettivo dichiarato del sabaudo Gianni. Il bauscia, d'altra parte, si sarebbe divertito un mondo la notte di Madrid, del 2010; senza nulla togliere alla retrocessione della Juve in Serie B e il conseguente arrivo dello ""Scudetto"" 2006 sulle sponde dei Navigli.

Due figure così diverse eppure così uguali, due amanti del bel calcio, dei campioni e, a loro volta, campioni assoluti in materia d'ironia e di disquisizioni calcistiche. Colui che non amava "parlare di donne" e colui che prescriveva "supposte al pepe di cayenna" rappresentano un passato indimenticabile, purtroppo obsoleto, fatto di presidenti dalle innate capacità di deliziare le platee di tifosi a colpi di battute e stilettate.

Il derby d'Italia, in programma domani, è partita affascinante, come ogni anno, da interpretare con orgoglio e determinazione, non per l'obiettivo principale, finito in mani juventine, ma per l'ambizione di prevalere sull'altro. Spalletti e Allegri, toscanacci della panchina, rinvigoriscono la sfida con discrete dosi di quell'ironia di cui sono portatori fiorentini e livornesi. In cuor loro sono consapevoli di non poter, tuttavia, far rivivere i fasti di un tempo, in materia di provocazioni. Siamo tutti orfani, nostro malgrado, di Gianni e Peppino.