C’è chi sostiene che tra la Juventus S.p.a. e la FIGC sarebbe intercorso addirittura un “patto”, con la società che accetterebbe supinamente l’esito dei procedimenti sportivi in corso, in caso di sanzioni più morbide concordate, che ne comporterebbero “solo” l’esclusione dalle coppe europee, oltre a una consistente ammenda.

Chi lo pensa (e lo scrive anche su questo sito), presupponendo un patteggiamento, in realtà fa mere e ingenue speculazioni non basate sui fatti: non esiste alcun patto tra le parti, al contrario è invece in atto da tempo tra le stesse uno scontro frontale, che origina dalla fatwa del Fondo sovrano del Qatar emessa due anni fa, attraverso la UEFA e il suo presidente fantoccio, contro i promotori della Superlega, finanziata sostanzialmente (e sostanziosamente) da investitori americani, a presidio del potere assoluto finalmente conquistato dagli sceicchi sul calcio europeo, incluso quello inglese.
Calcio che, nelle intenzioni di questi potentati mediorientali, dovrebbe rappresentare un passe-partout di soft power per la manovra di espansione della propria influenza sulla politica della UE, vero obiettivo degli arabi del Golfo, svelata dalle inchieste giudiziarie della magistratura belga sulla corruzione di vari parlamentari europei (quasi tutti italiani… toh) a opera appunto del Qatar.

In Italia quell’editto di condanna, sul versante sportivo, vede come esecutore materiale ovviamente la FIGC di Gravina, il peggiore presidente federale per distacco della storia recente (persino peggio di Tavecchio, che almeno dopo il fallimento mondiale si dimise), non a caso già ricompensato con la vice presidenza UEFA.
Discorso a parte andrebbe poi fatto per una parte della procura di Torino, da alcuni anni più interessata alle vicende della Juventus S.p.a. che a perseguire reati. A margine, se fossi un giornalista cercherei di indagare le ragioni di questo obiettivo accanimento, che non possono certo ridursi all’odio “sportivo” del pm Santoriello (anche se abbiamo visto come questo stesso odio provato da altri procuratori della Repubblica 17 anni fa abbia creato quel “mostro” di iniquità che fu il processo di Napoli ai danni della stessa Juventus…).

Di fronte a tutto ciò, John Elkann, presidente di Exor, la società proprietaria della Juventus, stavolta, contrariamente a quanto avvenne sempre 17 anni fa, dopo avere profuso in tre anni ben 700 milioni di aumenti di capitale nella società (l’unica ad aver ricapitalizzato e incredibilmente l’unica perseguita), non solo non ha mai fatto marcia indietro rispetto al progetto di competizioni professionistiche alternative a quelle organizzate dalla UEFA, non solo ha anche più volte rivendicato e confermato tale scelta, ma ha anche dichiarato in più occasioni urbi et orbi che la Juventus ha sempre operato nel pieno rispetto dei criteri di bilancio internazionali, che la società si difenderà strenuamente in ogni stato e grado dei vari procedimenti, affermando ancora più di recente e in modo perentorio, in sede di comunicazioni sociali agli azionisti di Exor, che la società partecipata in questione non ha commesso alcun illecito.
Simili nette prese di posizione dovrebbero rendere più che evidente all’opinione pubblica che la nuova dirigenza della Juventus, prima ancora del palesarsi di ostacoli tecnici su tale via, non ha dunque alcuna intenzione di patteggiare alcunché, perché non riconosce alcuna fondatezza all’indagine Prisma della procura di Torino e men che meno alle iniziative gregarie del procuratore federale Chinè.

Il Collegio di Garanzia, d’altra parte, in piena sintonia e continuità con il mandato occulto conferito dalla UEFA alla FIGC e sacrificando per questo la stessa coerenza della sua passata giurisprudenza, ha da parte sua fatto un bell’assist alla giustizia federale, consentendo alla Corte di appello di motivare meglio il proprio provvedimento in sede di revocazione, di fatto confermandolo nella sua aberrante sostanza, in modo da blindare stavolta la sanzione, che sarà più o meno confermata, magari nella misura precisamente sufficiente per mettere la Juventus nella sesta o settima posizione della classifica finale del campionato 2022/2023, così da impedirne la qualificazione alle competizioni UEFA.
In questo senso è stato assolutamente funzionale lo scontato rigetto dei ricorsi di Agnelli, Paratici e Cherubini, mentre il medesimo dispositivo emesso nei confronti dell’ex AD Arrivabene ha del grottesco, considerato che all’epoca dei fatti contestati anche lui era solo un membro del CDA, al pari degli altri consiglieri deferiti e ora assolti dallo stesso Collegio.

Insomma, non si illudano gli amici juventini, perché alla fine, considerato anche l’altro procedimento avviato dalla procura federale, alla Juve non sarà fatto alcuno sconto in questo regolamento di conti voluto da Ceferin, il cui obiettivo finale è indebolire quanto più è possibile la società e indurla a più miti consigli.
E non ci si illuda nemmeno che la Juventus possa vincere l’Europa League (che vorrebbe dire comunque qualificazione alla prossima CL), perché se a perderla non bastasse la modestia della squadra, ci penserà la UEFA a impedirle la vittoria nei molti modi possibili a disposizione, non ultimo la sanzione dell’esclusione diretta, quale epilogo del procedimento già avviato in seguito sempre alla questione Superlega, e attualmente congelato in attesa degli esiti definitivi dei procedimenti sportivi (e giudiziari) nazionali.

È per questo che la Juventus S.p.a. in realtà guarda quindi ad altro, e cioè all’udienza preliminare del 10 maggio (salvo altri rinvii), dal cui esito nel breve termine dipende in prima e decisiva battuta anche la sopravvivenza stessa di ogni procedimento sportivo in corso, ma soprattutto, in una prospettiva ben più ampia, all’udienza in Lussemburgo di giugno, dove con tutta probabilità la Corte UE dichiarerà l’illegittimità delle forme dell’attuale monopolio sul calcio continentale imposte dalla UEFA (che, ricordiamolo, non è un’istituzione pubblica, ma un’associazione privata che non può arrogarsi alcuna funzione generale, a dispetto delle conclusioni dell’avvocato generale Rantos, totalmente smentite, con riguardo ai principi posti dall’art. 165 TFUE, da quelle dell’avvocato generale Szpunar in un altro caso che pure vede implicata la “funzione” della UEFA), dando via libera di fatto alla Superlega o a quel che sarà, al di là delle sanzioni che vorrà adottare la UEFA.
Dopo di che inizieranno negoziati tra i vari club che usciranno allo scoperto, oltre ai tre promotori originari rimasti, e la UEFA stessa, che per perpetuare lo status quo dovrà gioco forza cedere ai club il controllo dell’organizzazione dei tornei e soprattutto della gestione dei proventi, tornando alla sua funzione originaria di associazione delle federazioni nazionali, con compiti per lo più regolamentari, anche se ciò probabilmente non eviterà la nascita di circuiti diversi, con ricchi tornei organizzati comunque fuori dalla UEFA per fronteggiare l’ormai insostenibile strapotere economico britannico, rispetto al quale la UEFA degli arabi ovviamente nulla ha fatto.