Dopo otto mesi è chiaro a chiunque che Andrea Pirlo non è solo un allenatore inesperto, ma è anche un allenatore scadente, sia sotto il profilo tecnico, che sotto quello gestionale, soprattutto dei giocatori.

Partiamo dalla considerazione che, di fatto, nello spogliatoio questo allenatore non ha più alcun peso, semmai lo ha avuto, se è vero come è vero che molti giocatori non avvertono più il minimo vincolo deontologico verso la società, sentendosi liberi – anche perché troppo spesso messi in libertà – di organizzare viaggi, feste e festini a ridosso delle partite, fregandosene prima che del covid, che ormai hanno preso quasi tutti in rosa, del proprio lavoro e delle sorti della stagione; oppure che preferiscono rischiare gambe e contagi rispondendo a convocazioni in nazionale ormai prive di qualsiasi prospettiva, dopo cento e più partite giocate in quel contesto.

Se in panca sedesse una figura autorevole, che sa quel che fa in campo e fuori, con capacità di leadership, queste cose non succederebbero. Non c’è bisogno di andare troppo indietro nel tempo, ricordando come tenevano lo spogliatoio Trap o Lippi, perché già con Conte o Allegri certe bravate erano limitate a qualche testa “loca”, puntualmente tagliata sul nascere, mentre gli altri non ci pensavano proprio a rischiare il posto in campo. Qui invece assistiamo a un “liberi tutti” che riguarda anche professionisti fin qui irreprensibili, cosa che dà molto da pensare sulla situazione attuale dello spogliatoio bianconero.

Del resto – e qui incrociamo l’aspetto umano con quello tecnico – se schieri per mesi giocatori fuori posizione e poi, dopo partite indecenti soprattutto per scelte tattiche suicide, scarichi sempre tutte le responsabilità sulla squadra, alla fine quelli ti presentano il conto.

Fa quindi un po’ specie lo stonato tentativo fatto dalla società di attribuire a Pirlo una qualche autorità credibile, che ha portato alla non convocazione per il derby dei “commensali clandestini”, McKennie, Arthur e Dybala. Una scelta punitiva per un episodio in verità francamente trascurabile, sotto il profilo disciplinare, dato che le cene con gli amici sono praticamente la norma per una buona metà degli italiani in zona rossa (compreso il delatore a spasso con il cane in pieno coprifuoco), e che probabilmente non ha fatto altro che rendere Pirlo ancora più inviso alla squadra.
E il perché di questo scollamento ormai evidente tra i giocatori e Pirlo è facilmente rintracciabile nell’ennesima partita malamente sbagliata dall’allenatore, il quale, con diabolica pervicacia, si ostina a schierare la formazione in un 4-4-2 che diventa sempre un 3-2-5, con giocatori che si pestano i piedi davanti, un centrocampo inesistente e i difensori centrali chiamati a impostare l’azione, finendo sempre in inferiorità numerica appena persa palla.

Ormai l’ho capito anche io che, con la rosa a disposizione, schierare due mediani con due ali è una scelta fallimentare, che le uniche partite gestite con qualità ed efficacia le abbiamo giocate quelle poche volte che inavvertitamente siamo finiti a giocare a tre a centrocampo e che se Cuadrado gioca a tutta fascia è inutile e dannoso mettergli davanti Kulusevski laterale, che infatti non sa mai cosa fare e dove andare, mentre i due poveri mediani devono stare in mezzo al torello del centrocampo avversario. Due mediani che contro il Torino erano in realtà Bentancur solo contro tutti e Danilo un po’ terzino e un po’ centrale, con il risultato che Rincon e Mandragora, mai marcati preventivamente, scendevano a tirare come dei Kroos o Casemiro, mentre l’azione offensiva la impostavano Chiellini e De Ligt fissi a centrocampo, con enormi rischi a palla scoperta.

Detto che Alex Sandro si è visto subito che non era in palla e che a centrocampo, come detto, eravamo sempre in inferiorità numerica, è giusto l’ingresso di Rabiot per Sandro con spostamento di Danilo terzino sinistro, ma senza cambiare modulo subito con Ramsey per Kulusevski e Chiesa a destra in un 4-3-2-1 o 4-3-3, è tutto inutile, perché l’inferiorità numerica al centro resta identica… E infatti, secondo tempo, pronti via e prendiamo gol, perché basta un po’ di pressione a centrocampo che senza linee di passaggio si va in tilt… è già successo tantissime volte quest’anno, e non è perché sono tutti brocchi o deconcentrati, come tra le righe commenta sempre Pirlo, ma perché sono mal messi in campo e troppo spesso il portatore di palla si trova con l’acqua alla gola. I cambi successivi, dopo oltre un’ora di gioco e sotto di un gol, ovviamente non hanno minimamente cambiato questo fallimentare sistema di gioco e anzi, con l’incomprensibile cambio di Bernardeschi terzino al posto di Danilo, sulla fascia sinistra siamo diventati ben più vulnerabili, tanto che alla fine è da lì che è partito un cross che Sanabria ha quasi trasformato in tripletta. Insomma alla fine il pareggio è tutto grasso che cola…

Adesso siamo al capolinea e contro il Napoli, mercoledì nel recupero del recupero, c’è solo da vincere per rientrare in zona Champions, ma con questo sistema di (non) gioco, ostinatamente imperniato su un centrocampo a due, la Juventus è un’equazione matematica il cui risultato è già scritto e non è la vittoria, è l’oblio.