Tutto quello che non vi hanno detto (il dietro le quinte del G-Day)

Finalmente era fatta! Dopo settimane di rumors, di timide conferme seguite da secche smentite, Giuntoli poteva dirsi ufficialmente il nuovo direttore sportivo della Juventus-che-verrà. Quella di Lapo, per intenderci… e per essere ancora più chiari, quella relativa alla sua (di Lapo) nuova vita. Quella dei festini-che-finiscono-la-mattina-dopo-NO. Quella di-Andrea-Agnelli-appecoronato-ad-Allegri-NO. Quella del Ceferin-m’hai-provocato?-E-mo-soccazzitua-ti-rivolto-la-vita-come-un-calzino-e-vediamo-se-non-trovo-niente-per-sputtanarti-SI.

La notizia, subito diffusa sul sito della Juventus, viene nel frattempo battuta da tutte le agenzie. Metaforicamente parlando, Lapo, considerava Giuntoli un elemento necessario per la vita, un preziosissimo siero antivipera in grado di preservarlo dai morsi che da più parti si aspettava sarebbero arrivati. Egli confidava, sempre usando la metafora del rettilario, in una sorta di bonifica da serpi al seno infiltrate ed operanti chissà da quanto tempo nella stanza dei bottoni juventina.

L’effetto Giuntoli che Lapo si aspettava di ottenere, almeno in questa primissima fase, consisteva in un fuggi-fuggi generalizzato di rettili e scarafaggi, che prosperavano praticamente indisturbati nelle stanze presidenziali da troppo tempo, e che potevano essere considerati se non la causa principale, almeno una concausa dei problemi della Juventus, debole con gli avversari sul campo e prona ad ogni sorta di prepotenza sui tavoli dei potenti, ai quali, se andava bene le era permesso di partecipare solo in veste di lavapiatti.
Lapo non vedeva l’ora di conoscerlo, aveva un disperato bisogno di sapere che accanto a lui ci sarebbe stato qualcuno non imposto da altri, ma scelto da lui stesso. Magari sbagliando, solo il tempo lo avrebbe detto, ma almeno sarebbe stato per errori suoi. Di pagare di persona per errori fatti da altri non ne aveva alcuna intenzione. Voleva al suo fianco gente che gli fosse riconoscente e devota, unico dettaglio ancora da scoprire: se queste persone a lui devote fossero anche persone capaci, persone in grado di dargli un aiuto concreto, di fargli vincere la sua grande scommessa, quella della sua vita. Quella di far risorgere, come fosse una Fenice, dalle sue ceneri la Juventus, con risultati all'altezza del suo nome glorioso.

Come detto, non vedeva l’ora di conoscerlo, Lapo, per cui, contrariamente a quanto previsto dal protocollo, una volta giunti nell’ufficio della presidenza, chiese di rimanere solo col suo nuovo DS.
Lapo mordeva il freno, era curiosissimo di vedere se ciò che si era immaginato corrispondesse alla realtà, oppure se quello per cui aveva nelle ultime settimane combattuto era solo per una mera questione di principio, per un capriccio, per il piacere effimero di sentirsi dare ragione, e null’altro.
De Laurentiis, con la consueta classe che lo contraddistingueva in ogni circostanza e ovunque andasse, per non essere da meno, tipica esigenza dei parvenu come lui, e delle persone affette dalla sindrome dell’impostore, aveva anch’egli pubblicato un comunicato in cui teneva a precisare il suo punto di vista in merito alla questione Giuntoli. Versione dei fatti, quella di de Laurentiis, in cui quest’ultimo aveva il coraggio di attribuire la responsabilità del mancato rinnovo, al comportamento sotto certi aspetti inspiegabile di Giuntoli, reo, a suo dire, di non aver voluto accettare quella che lui riteneva da sempre essere la prova principe di attaccamento alla maglia del Napoli, prova consistente in un piccolo dimezzamento una tantum, a cadenza annuale degli emolumenti.

In fondo, per Giuntoli, se avesse accettato, si sarebbe trattato già della terza volta! Se avesse saputo adattarsi a questa ulteriore richiesta, dalla quarta in poi, stando a quello che dicevano quelli che già ci erano passati, non se ne sarebbe nemmeno più accorto: mensa della Caritas in un caso e mensa della Caritas nell’altro…
E invece no! Ancora una volta aveva prevalso la solita avidità, capace di rovinare ogni cosa, l’incapacità di sapersi accontentare, di vivere con poco per vivere felici. De Laurentiis, un po’ come Seneca, con le sue lettere a Lucilio, ce la metteva davvero tutta nel tentativo di far capire ai sui sottoposti quanto la povertà e la ricchezza non fossero altro che stati della mente. Ricchezza è quando senti di non aver bisogno di niente che tu già non abbia, povertà è, invece, non la scarsità di beni, ma il desiderio di possedere ciò che non si ha, pur avendo praticamente tutto.

E sempre come Seneca, anche de Laurentiis predicava bene, ma poi dava continue dimostrazioni di grande incoerenza, con atteggiamenti capricciosi ed infantili, e pretese sempre più difficili da esaudire. Pretese che portavano Lucilio (il popolo partenopeo) a sempre nuove rinunce. In un ambiente fatto di persone, che per fortuna trovavano in altro il loro conforto. In fondo, c’erano altri che di dimezzamenti non si contava più quanti ne avessero già accettati. Napoletani veraci, che praticamente vivevano a regime di pane e acqua, senza nemmeno la fantasia!

Questo il comunicato, a grandi linee, emesso dalla società Napoli Calcio, col quale si annunciava la fuoriuscita di Giuntoli:
“Di fronte al secco rifiuto opposto dal dipendente, signor Giuntoli, alla proposta di rinnovo con piccolo adeguamento simbolico della cifra riguardante gli emolumenti corrisposti mensilmente al summenzionato, la società Napoli Calcio non ritiene più sussistenti le condizioni di fiducia reciproca, che sono alla base di qualsiasi rapporto datore di lavoro – servo della gleba. Il venir meno di queste condizioni rappresenta quindi pregiudiziale per il proseguimento della collaborazione attualmente in essere.
Ne deriva il conseguente scioglimento da parte della società Napoli Calcio di ogni vincolo precedentemente concordato. Il tutto previo pagamento di una penale simbolica risarcitoria, forfettariamente quantificata in 10 milioni di euro, a fronte della quale il signor Giuntoli potrà ritenersi libero di accasarsi dove meglio ritiene.

Lapo, in tono scherzoso, per rompere il ghiaccio: “Allora, signor Giuntoli, pareri a caldo? Come intende rispondere al suo ex datore di lavoro?”
Giuntoli, con fare nient’affatto scherzoso, in pieno stile o’ zappatore, del mai abbastanza compianto Mario Merola, rispose con un sibilo, qualcosa che a Lapo era parso un: ”La vedremo”, o qualcosa del genere. Poi rimase per qualche istante fermo, in silenzio. Forse Lapo era stato troppo precipitoso, non era ancora il momento di scherzare così, su un esperienza durata 8 anni, e ora sconfessata, sporcata da battute e da calunnie a cui non era il caso di ribattere. Adesso contavano solo il presente ed il futuro. Bisognava adesso concentrarsi su quello, e nient’altro.

“Signor Elkann, lasciate che mi presenti, Giuntoli Cristiano, per servirvi”.
A giudicare dall’eloquio non proprio degno di Cicerone e dalle sue movenze goffe, non esattamente da ballerino di Flamenco, difficilmente qualcuno avrebbe avuto il coraggio di puntare neanche un soldo bucato sul fatto che sarebbe mai potuta venire da un soggetto del genere la riscossa bianconera. Sembrava un cane bastonato, ed era fin troppo facile immaginare quale fosse la mano che negli ultimi otto anni aveva agitato il bastone che l’aveva ridotto in quel modo.
Quando però Lapo ebbe la possibilità di stringere la mano di Giuntoli, e di incrociare da vicino, per qualche istante, il suo sguardo, egli rimase folgorato. Lapo ebbe, in quell’istante, la certezza che questa, che poteva sembrare una pazzia, avrebbe avuto successo. Che il suo nome, con accanto quello di questo quasi sconosciuto sarebbero stati ricordati per sempre nella storia della Juventus.
Soggiogato.
Ecco, il termine che descriveva lo stato d’animo e il nuovo rapporto di forze tra i due, alla ricerca di un nuovo equilibrio era: soggiogato.  Lapo si sentiva soggiogato nei confronti di una persona all’apparenza cupa ed immusonita, ma in realtà dotata di una personalità magnetica.
Era bastata una stretta di mano per cambiare radicalmente il rapporto di forze tra i due. Ora era chiaro, molto chiaro, chi dettava a chi cosa fare e quando. E Lapo, pervaso com’era da sensazioni positive, dalla convinzione di aver trovato l’uomo giusto, non poteva essere più felice di così.

Lapo era al settimo cielo. Avere finalmente dalla sua parte un uomo come ce ne sono pochi, uno che in ogni circostanza sa qual è, tra le tante, la cosa giusta da fare. E, cosa assolutamente da non sottovalutare, lo aveva scelto lui. Non era un uomo imposto da qualcun altro, o un uomo di quelli che ci sono da sempre, dei quali vorresti liberarti, ma non per ingratitudine, semplicemente perché con la loro presenza ti impediscono, eventualmente anche di sbagliare, in ogni caso di fare esperienza, quell'esperienza che solo sbagliando si può acquisire.

Lapo a Giuntoli, in tono scherzoso, quasi a voler chiedere spiegazioni a lui (a Giuntoli) di alcune notizie, evidentemente sbagliate, raccolte dal suo - fino ad allora - infallibile staff su di lui: “certo che ti sei davvero ambientato bene a Napoli! Da una ricerca veloce su internet risulta addirittura che tu sia Fiorentino, ma devo essere sincero caro Cristiano: in tanti anni di frequentazioni di ogni tipo, ancora mi mancava di conoscere uno nato e cresciuto a Firenze che sia riuscito con successo a liberarsi del proprio accento d’origine, per adottare quello di un'altra città, addirittura, nel tuo caso quello napoletano! E’ chiaro che si tratta di un dato palesemente sbagliato.

Giuntoli: “No No, ancora adesso ci vado per trovare gli amici e i parenti, tutti a Firenze!”
Lapo: “la tua carriera di giocatore è stata tutta al centro, mi sembra a Latina…”
Giuntoli: “ Beh, non proprio. A Latina ci sono stato solo un anno, per il resto sono sempre stato in zona ligure…
Lapo, tra sé e sé: “ma si può sapere su quale sito del c**** si sono andati a documentare quei quattro incapaci che rubano lo stipendio qua alla Continassa come informatori?

Lapo, pur di facilitare e velocizzare l’ambientamento di Giuntoli, decide di rendersi fin da subito utile descrivendo i personaggi più particolari o più rilevanti, con cui Giuntoli dovrà avere a che fare:
Lapo: “Allegri, fondamentalmente è uno sconclusionato. Apparentemente innocuo, con le sue storielle del piffero sul mondo dell’ippica livornese, sono quasi sicuro che sia lui quello che fa il doppio gioco e parteggia per Ceferin.”
Giuntoli: “non ti preoccupare Lapo, ad Allegri ci penso io. Gli metto dietro un paio dei miei scagnozzi e vedrai che nel giro di una settimana, se c'è qualche accordo con Ceferin lo facciamo saltare fuori, e a quel punto, altro che pagamento di buonuscita, i soldi saremo noi a chiederli a lui. E per quanto riguarda una sistemazione lavorativa lo facciamo rimanere a fare lo stalliere a casa tua, con tanto di striglie, finimenti, briglie, selle e tutto il resto.” “vedrai che dopo la riluttanza iniziale, quando capirà quanto è bello vivere senza pensieri non vorrà neanche più tornare indietro, quando tra venti anni gliene si presenterà l'occasione, fidati!”
Sempre Lapo: “Poi ci sono i consulenti che definisco “ruspanti”: Cassano e Ventola, cresciuti a Bari Vecchia, in un contesto non facile, dove ad essere gentile con gli altri ci si ritrova, seduta stante, appioppata la patente di ricchionazzo.  Cassano, più di Ventola, ha modalità comunicative che, nonostante il tempo che ormai è passato da quando ci conosciamo, non finisce mai di stupirmi. Ma alla fine è gente che se trova qualcuno steso per terra in mezzo alla strada, magari non si ferma, ma puoi stare tranquillo che ce la mette tutta nel tentativo di non passarci sopra. Il barese è levantino, è un affarista, venderebbe anche sua madre, ma sa che anche sua madre venderebbe lui, se potesse; così, a Bari, almeno su questo punto nessuno si deve offendere. Gira e rigira, Cassano e Ventola come tutti i baresi, in fondo, in fondo un cuore ce l’hanno. Professionalmente, poi, se riesci a non innervosirti troppo quando parlano e riesci a rimanere concentrato su quello che dicono, e non su come lo dicono, qualcosa di interessante riescono sempre a tirarla fuori. Vedrai!”

Erano chiusi lì nell’ufficio del presidente da ore e ore e non si intravedeva nessun segno nel tono della voce di entrambi che lasciasse supporre che questo loro primo incontro stesse per volgere al termine. In fondo, per i dettagli, le occasioni per chiarimenti vari non sarebbero di sicuro mancate. Eppure, sia Giuntoli che Lapo non smettevano di parlare, o di tacere entrambi per qualche secondo, per poi scoppiare nell’ennesima fragorosa risata, per poi ritornare seri, serissimi, rimproverandosi, per gioco, l’un l’altro dell’aver riso! Il refrain ironico che di tanto in tanto ritornava era: “ti va bene che non c'è De Laurentiis, altrimenti sai che culo che ti faceva?”.
E giù un’altra bella risata!

Non c'era foto, neanche una, che immortalasse Giuntoli, non dico sorridente, ma neanche solo con una smorfia che potesse lasciar intuire la volontà mal celata di sorridere. No, i dipendenti di de Laurentiis dovevano apparire persone serie, questa era la maniacale imposizione che de Laurentiis faceva a tutti i suoi dipendenti. E c'era da dire che Giuntoli per non ridere non aveva certo bisogno di trattenersi, in un ambiente come quello, sarebbe stato, piuttosto, difficile trattenersi dal piangere!

Nell'ufficio di Lapo Giuntoli aveva finalmente trovato la via per guarire dalla musonite. Lapo e Cristiano erano diventati l’uno per l’altro la medicina che serviva per guarirsi a vicenda. Non sarebbero certo mancati i momenti di difficoltà, ma guardandosi negli occhi avrebbero ognuno infuso coraggio e ottimismo nell'altro, di questo erano entrambi certi, perché entrambi erano indiscutibilmente determinati a raggiungere un obiettivo che non era solo quello legato alle vittorie della Juve, ma quello della vittoria di ognuno di loro contro i fantasmi del passato, ognuno i propri, ma d’entrambi, in fondo, gli stessi.

Sembrava che si conoscessero da una vita, Giuntoli e Lapo Elkann, sembrava che fossero nati per fare grandi cose insieme, gemelli separati alla nascita e finalmente ricongiunti. Più che presidente e DS sembravano due generali che preparavano il campo di battaglia con i loro soldatini di piombo disposti sopra una cartina del territorio dove poi avrebbero avuto luogo le ostilità.
Lapo apprezzava enormemente che Giuntoli fosse riuscito a vincere col Napoli senza spendere chissà quali cifre. Sapeva che la mancata partecipazione alla Champions League della Juve avrebbe ridotto, e non di poco, il budget a disposizione. Era quindi diventato, molto più di un semplice vezzo “artistico” quello di saper fare di necessità virtù, e di saper costruire le squadre con i giocatori trovati nei fustini del Dash  o nelle confezioni delle patatine Pai. Era una qualità che non poteva più essere solo considerata un comodo optional, ma un “must have irrinunciabile.”

Ad un certo punto, a rompere l’armonia che stava già declinandosi in ulteriori categorie di doti, tutte ancora da scoprire, (e non pensate sempre male, quando si parla di doti nascoste, suvvia n.d.r.) i due furono interrotti da un trambusto e da grida provenienti dall’esterno.
La porta dell’ufficio venne praticamente aperta con un calcio alla maniglia: un’irruzione bella e buona! Nel trambusto sia pure convulse, si riconoscevano chiaramente le voci di Allegri e di Chiellini. A dire il vero c’era anche Barzagli, ma non molto convinto… sicuramente più defilato rispetto ai primi due su citati. Ad un’analisi più attenta, si notava che Barzagli partecipava, si, ma solo col labiale, in realtà faceva solo finta di parlare, muovendo le labbra. Per caso nei corridoi degli uffici della Continassa si trovava a passare un esperto in materia di attentati terroristici in visita agli uffici nell'ambito di un progetto di scambi interculturali tra i servizi d'ordine israeliani e quelli italiani. Osservando ciò che le telecamere a circuito chiuso stavano trasmettendo, leggendo il labiale, questo esperto si era accorto che Barzagli in realtà stava dicendo: “aiuto, hanno rapito la mia famiglia per costringermi a venire qui a far finta di contestare Lapo e Giuntoli. aiuto, hanno rapito la mia famiglia, e se non faccio finta di contestare Giuntoli, uccideranno prima mia moglie e poi i miei figli. Fate qualcosa, fermateli vi prego”.

Il primo, quello più esagitato, era senza dubbio Max Allegri: ah, ecco dove erano andati a finire. A fare le riunioni da harbonari, a tanto siete arrivati! Ma farò un esposto a Gravina, o Ceferin, che poi alla fine adesso è la stessa hosa, e vi rovino. hos’è codesta riunione che sta durando ore e ore? Ma dove siamo? Vi sembra regolare che noi si debba subire veri e propri golpe? Vi siete voluti prendere questo piagnone (Giuntoli n.d.r.) che quest'anno ha avuto più hulo che anima, e va bene hosì ma codesta storia che il piagnone si debba portàddietro tutto il suo staff, questo hun mi garba per niente altrimenti esoneratemi, datemi i 7 milioni che mi dovete, e la finiamo. Ho rifiutato la proposta degli arabi che mi davano 40 milioni, e l'ho fatto per amore per questa squadra”.
Giuntoli e Lapo si guardarono negli occhi solo per un istante ma fu più che sufficiente per farli scoppiare in una fragorosissima risata, a cui si aggiunse Cassano in compagnia di Ventola i quali anche loro ridevano ben sapendo che i 40 milioni tanto decantati da Allegri erano di pura fantasia: in realtà tutti gli amici di Max avevano sparso la voce ma in Arabia nessuno neanche sapeva di chi si stesse parlando, e quei pochi che lo sapevano, al solo sentirlo nominare facevano il gesto dell'ombrello.

Cassano riportava addirittura di manifestazioni contro il governo saudita e di scioperi nel caso in cui Allegri fosse davvero andato lì. Peccato che si trattava di una bufala enorme, l'ennesimo bluff di chi non ha carte vere da giocarsi.
Calvo, sempre persona posata e responsabile aveva fino all’ultimo resistito, per poi cedere quando Max ha aggiunto che l’Emiro in persona aveva parlato con lui, chiedendogli di andare ad allenare la sua squadra, e che la tecnica del corto muso, lì dove c’erano le gare dei cammelli aveva riscosso l'interesse di tutti.
Peccato che proprio Calvo, che conosceva tra l’altro l’Arabo, leggendo il labiale del filmato che Allegri aveva voluto, insistendo, far vedere a tutti a mo’ di prova che non stesse dicendo balle, aveva letto le labbra dell’emiro che diceva testualmente: “Se rivedo ancora una volta questo soggetto circolare liberamente in territorio Saudita ordino fin d'ora che gli venga tagliata la lingua, così finalmente la smetterà di rovinare il buon nome del calcio Saudita nel mondo!

A proposito di labiale, dopo un'attenta analisi del filmato dell'irruzione di Allegri e Chiellini nell'ufficio del presidente, avvisati col trucco della labiale da Barzagli, sono state attivate le teste di cuoio, le quali hanno individuato il luogo dove veniva tenuta in ostaggio la famiglia di Barzagli, entrando successivamente in azione per liberare gli ostaggi trattenuti da altri fondamentalisti del corto muso come Alex Sandro, de Sciglio e Danilo. Questi i nomi dei componenti finora individuati. Tuttavia non si esclude che nelle prossime ore vengano individuati ancora altri nomi di componenti della cellula corto-musista. Sia Allegri che Alex Sandro, de Sciglio e Danilo sono stati successivamente rilasciati, in quanto la famiglia Barzagli ha ritenuto di chiudere l'incidente senza sporgere denuncia.


Dalla Continassa per il momento è tutto.