« … la tocca per Diego, ecco, ce l’ha Maradona. Lo marcano in due, tocca la palla Maradona, avanza sulla destra il genio del calcio mondiale. Può toccarla per Burruchaga.. sempre Maradona.. genio, genio, genio.. c’è, c’è, c’è… goooooooooool… voglio piangere.. Dio Santo, viva il calcio.. golaaaaaazooo.. Diegooooooool.. Maradona.. c’è da piangere, scusatemi.. Maradona in una corsa memorabile, la giocata migliore di tutti i tempi.. aquilone cosmico.. Da che pianeta sei venuto? Per lasciare lungo la strada così tanti inglesi? Perché il Paese sia un pugno chiuso che esulta per l’Argentina.. Argentina 2, Inghilterra 0.. Diegol, Diegol, Diego Armando Maradona… Grazie, Dio, per il calcio, per Maradona, per queste lacrime, per questo Argentina 2, Inghilterra 0».

22 Giugno 1986. Siamo in Messico e si stanno giocando i quarti di finale dei Mondiali, l’Argentina di Diego Armando Maradona sfida gli inglesi, in una gara che ha anche una forte valenza politica. La guerra delle isole Falkland del 1982 aveva portato alla sconfitta della dittatura argentina, che aveva occupato le isole, e dopo una serie di bombardamenti ritornarono sotto il presidio inglese. La conseguenza fu la caduta della dittatura, con il ritorno, dopo tanti anni, alla democrazia e le elezioni libere del 1983 con l’elezione di Raul Alfonsin come nuovo presidente democratico.
La vendetta perfetta fu al minuto ’51, con la mano de dios che portò in vantaggio l’albiceleste e nulla potè fare Shilton.
Chi era la mano di Dio?
Era quella di Diego Armando Maradona, capitano e leader della sua nazionale. Prese per mano i suoi compagni portandoli poi a conquistare il titolo, nella finale vinta contro la Germania.
Ma il gol di mano era solo un assaggio. Il preludio di una bellissima pagina di storia che sarebbe stata scritta quattro minuti dopo. Ancora oggi le parole di Victor Hugo Morales, telecronista uruguaiano, sono la giusta cornice di un capolavoro e accompagnano Diego nel gol più bello del secolo.
Uno scatto di sessanta metri, con la palla che va dove vuole lui e i giocatori dell’Inghilterra saltati come birilli ed onnipotenti davanti a tanta bellezza…
…Ho voluto iniziare dal mondiale dell’86 perché è quello che ha consacrato Diego Armando Maradona nella storia del calcio mondiale.

Oggi, mercoledì 25 novembre 2020, in un anno maledetto non solo per il Covid, ci ha lasciato uno dei più grandi, se non il più grande. E dopo Kobe Bryant un'altra icona dello sport lascia la vita terrena per diventare eterna.
Negli anni si ci si è sempre chiesti se fosse più forte Maradona o più forte Pelè. Scelta non facile. Se chiedi ad un brasiliano ti dirà che il più forte è stato “la perla nera”, invece gli argentini diranno “la mano de Dios”. Oggi coloro che seguono il calcio moderno faranno il nome di altri calciatori, figli di un calcio più veloce e dove la preparazione fisica è una componente importante.
Non se ne esce proprio.
Ma chi ama il calcio ama Maradona perché Diego è il calcio.

Non ho mai amato fare comparazioni fra giocatori di epoche diverse e non lo farò neanche oggi perché non sarebbe giusto. Sarebbe come dire se sia più forte Hamilton o Senna. Epoche diverse, macchine diverse ma tutti e due campioni. Ritengo Diego uno dei più grandi se non l’essenza di un calcio che ha fatto innamorare un popolo con le sue giocate. Poesia in mezzo a tanta letteratura calcistica, ogni giocata era una pennellata leggera destinata a rimanere nella memoria collettiva.

La sua storia calcistica parla chiaro. Sia per quello che ha fatto con la nazionale che a Napoli.
Esordisce con la maglia dell’Argentina nel 1977, convocato dall’allora commissario tecnico Menotti per una amichevole, ma non partecipò ai mondiali del ’78 (quelli che portarono al primo mondiale vinto, in finale contro l’Olanda) perché gli venne preferito Renè Houseman. Ma dopo la vittoria dei mondiali Diego entrò in pianta stabile a far parte della nazionale maggiore. Nel ’79 vinse i mondiali giovanili con la rappresentativa juniores e nel 1982 partecipò ai mondiali, i nostri mondiali, dove ci giocammo anche contro. La famosa marcatura “a uomo” di Gentile passò alla storia e riuscì ad annullare il campione argentino, che si lamentò per tutto il tempo con l’arbitro per il trattamento ricevuto. Una difesa dura ma corretta da parte del nostro difensore.

La consacrazione, come ricordato precedentemente, arrivò nell’86. Gli argentini vinsero tutte le partite, eccetto la gara contro l’Italia che finì 1 a 1 (nella fase a gironi) e dopo aver eliminato gli inglesi ai quarti, sconfissero 2 a 0 il Belgio nella semifinale, e in finale anche la Germania si dovette arrendere (3 a 2). Il mondiale Messico fu il secondo per la nazionale argentina e il primo ed unico vinto da Diego Armando Maradona.

Quattro anni dopo, lui e la sua nazionale hanno la possibilità di riconfermarsi campioni, incontrando proprio la Germania, ma il finale è completamente diverso. I tedeschi si laureano campioni del Mondo e Diego esce dal campo deluso e arrabbiato con il pubblico italiano che, prima della gara, aveva fischiato l’inno, portando Maradona ad inveire con il pubblico. In semifinale Maradona e compagni avevano eliminato la nostra nazionale ai calci di rigore, e mentre il pubblico di Napoli lo accolse da avversario con il massimo rispetto possibile, la stessa cosa non capitò il giorno della finale.
La sua storia con la nazionale ha un epilogo nei mondiali del ’94, dove Maradona venne fermato dopo un controllo antidoping che ne decretò anche la fine della carriera. La nazionale poi venne eliminata dalla Romania agli ottavi di finale.

Ma Diego non scrisse la storia solo con la nazionale, ma soprattutto a Napoli.
Lì fu accolto subito con amore e portò la squadra a vincere due scudetti. Maradona entrò nel cuore dei tifosi che tuttora lo esaltano e lo venerano come un’icona.
Maradona arrivò nel nostro campionato nel 1984 accolto da un San Paolo con ottantamila persone in delirio. Nella stagione 1986-87 il Napoli vinse il suo primo scudetto e in quell’anno trionfò anche in Coppa Italia vincendo tutte le partite disputate.
L’anno successivo perse lo scudetto facendosi recuperare dal Milan di Sacchi che riuscì a superare il Napoli nello scontro diretto, e nonostante questo quell’anno Maradona vinse la classifica cannonieri con quindici gol.
Arrivò ancora secondo l’anno dopo, dietro l’Inter dei record, ma battendo lo Stoccarda in finale, si aggiudicò la Coppa Uefa.
Maradona riuscì a vincere un ultimo scudetto quello dell’annata 89-90, nel Napoli giocava anche Gianfranco Zola considerato da alcuni l’erede di Diego in società, e nel ’91 la vittoria sulla Juventus portò alla conquista della Supercoppa Italiana.

La storia di Diego, ma non l’amore con Napoli e i napoletani, termina il 17 marzo 1991, dopo un controllo antidoping che allontana il Re dalla città che più lo ha amato.
La sua carriera da calciatore riprende nel 1992 con un anno a Siviglia ed il ritorno in Argentina con le parentesi con il Newell’s Old Boys e col Boca Juniors.
Come descritto precedentemente il mondiale statunitense è stata l’ultima apparizione di Diego su un campo di calcio prima di iniziare con alti e bassi la sua carriera di allenatore.

Amato in Argentina, amato nella sua Napoli (mamma, sai, perché, mi batte el corazon, ho visto Maradona) ma anche i tifosi delle altre squadre, al di là del sano tifo, hanno apprezzato le sue giocate, autentiche opere d’arte in campo. Perché Diego in campo non giocava, pennellava calcio. E poco importa la sua vita fuori dal campo. Noi dobbiamo valutare, eventualmente, il Maradona calciatore e la sua leggenda è sotto gli occhi di tutti.

Il suo nome ora è leggenda e solo il regolamento di quell’epoca gli ha negato la vittoria di un Pallone d’Oro che avrebbe meritato e arricchito la sua bacheca personale.
Il suo carisma in campo e fuori lo ha portato anche a criticare la Fifa guidata all’epoca da Joseph Blatter e ad essere amico di Fidel Castro, con cui aveva un rapporto stretto e vicino alla politica del lider maximo. Un’amicizia che si è saldata maggiormente durante il periodo cubano e che, negli anni successivi, lo ha portato a sposare la causa dei più deboli contro l’oppressione capitalista.
Una fatale coincidenza vuole che sia Diego Armando Maradona che Fidel Castro siano morti lo stesso giorno. Il lider maximo morì infatti quattro anni fa e proprio i due erano molto legati. Diego si fece anche tatuare il suo amico Fidel nel polpaccio.

Un’altra coincidenza ci ricorda che in passato un altro campione ci lasciò nella stessa data di Diego. Sto parlando di George Best, che morì quindici anni fa; con Diego condivide una vita fatta di eccessi fuori dal campo, nonostante abbiano fatto innamorare milioni di tifosi. Perché il calcio crea le sue divinità che nessuno potrà mai cancellare. Neanche la morte!
Oggi il calcio ha perso un altro suo interprete, ma nella memoria collettiva le sue giocate rimarranno impresse nella storia di questo sport.
“El Diez”, grazie di tutto!