L'annuncio shock nella tarda giornata di ieri: "preparatevi, perché ci sarà una sorpresa spagnola". I giornalisti non hanno voluto dare gran peso a quelle indiscrezioni, preponderando per i nomi che già si vociferavano da giorni - Quique Sánchez Flores e González Sorian (allenatore del Valladolid, Segunda Liga) -, e nessuno mai avrebbe immaginato che quel nome a sorpresa corrispondesse all'identikit di Julio Velazquez. Un nome assolutamente sconosciuto nel nostro paese, tenuto conto del fatto che il 37enne - sarà, a tal proposito, il primo allenatore di Serie A nato negli anni '80 - allenava, fino all'altro ieri, il piccolo club di Segunda Liga (Serie B) dell'Alcorcon, ed è perciò poco conosciuto perfino in Spagna. È questo il paradosso che balza subito all'occhio, ossia la decisione di affidare la panchina di una squadra blasonata, che è arrivata a tanto cosí dalla retrocessione - riuscendo clamorosamente a perdere 11 partite di fila -, con i tifosi in subbuglio e pronti ad insorgere, ad un allenatore di cui non si sa nulla non solo in Italia, ma anche nello stesso paese di provenienza. Per capire meglio di chi stiamo parlando, dobbiamo perciò avvalerci dell'aiuto della pagina personale di Wikipedia del mister - che naturalmente non presenta una voce in italiano - e di quella presente sulla "Bibbia" di ogni buon calciofilo che si rispetti, il sito tedesco Transfermarkt. 

Julio Velazquez, nato nel 1981 a Salamanca, ha iniziato a 25 anni la sua carriera da allenatore. Il più giovane allenatore in A ha quindi già 11 anni di esperienza da tecnico: questa una nota positiva, una freccia appuntita all'arco di chi ha scommesso su di lui. Esperienze nelle giovanili dell'Ejido e del Valladolid, per poi diventare il primo allenatore dell'Ejido. I suoi risultati spingono il Villareal ad affidargli la panchina della squadra C. Da lì una scalata che lo porta alla squadra B e poi, nel 2012/2013, a diventare l'allenatore della prima squadra del Sottomarino Giallo, all'epoca militante nella Serie B spagnola. L'esperienza dura però poco, dopo 22 partite viene esonerato. Gli affida la panchina il Murcia, nella stessa categoria. Arriva ai Play-Off, ma non riesce a conquistare la promozione e lascia l'incarico, passando dopo solo un anno al Betis Siviglia, anch'essa in Segunda come il Villareal. Qua dura 16 partite prima di essere sostituito per divergenze tecniche.

Dopo un anno di stop, firma con il Belenenses, nella massima serie portoghese, nel dicembre 2015, per poi ritornare in Spagna all'Alcorcon. Il primo anno lo salva all'ultimo respiro, mentre il secondo arriva 13esimo, con una squadra interiore rispetto alle altre, ma che Velazquez ha saputo plasmare e rilanciare. Un Cv buono, ma non congeniale ad un allenatore da Serie A. Cos'ha spinto quindi la famiglia Pozzo - da decenni al comando dell'Udinese - ad affidarsi a questo signor "Nessuno"? La risposta ce la da direttamente il dg bianconero Collavino, che nella conferenza stampa di presentazione odierna, ha voluto immediatamente chiarire la faccenda: "Questa scelta è stata fatta nella direzione della tradizione, quando cioè l’Udinese puntava su allenatori giovani e poco noti e che poi portavano delle innovazioni e un buon calcio. Abbiamo optato negli ultimi cinque anni per delle scelte conservative, non in linea con le nostre idee. Il calcio spagnolo è un calcio all'avanguardia e sta facendo scuola in tutta Europa. Velazquez è un allenatore innovativo, la persona giusta che vuole portare una ventata d'aria fresca nel calcio italiano. Ci conosciamo da 9 mesi, il nostro Scouting allenatori è sempre a lavoro. Ha un contratto di tre anni e quindi con lui parte un progetto a lungo termine." 

Sono 9 mesi quindi che l'Udinese sonda il terreno per Julio Velazquez. Ciò prova che ad Udine - nonostante gli ultimi anni al di sotto delle aspettative - non sono degli sprovveduti, come invece stampa e tifosi hanno voluto farci credere. In una dozzina d'anni Velazquez non ha vinto quasi nulla - è innegabile - però ha sempre centrato gli obiettivi prefissati, pur avendo a disposizione squadre molto deboli. La forza di questo allenatore sta nelle idee, innovatrici ed avveniristiche, proiettate quindi al futuro, senza altresì disdegnare gli insegnamenti che ci fornisce il passato. Le prime parole del tecnico confermano ciò: "Io penso che la cosa principale siano i giocatori e le loro qualità. Bisogna cercare di farli giocare bene insieme, l'importante è avere una struttura e una dinamica di gioco che diano il massimo rendimento in base alle rispettive qualità. Non si tratta di adattarsi alle qualità, o di imporre un modulo: bisogna cercare equilibrio, serve attenzione. È fondamentale avere un'idea, ma è altrettanto importante anche avere una sensibilità che consenta di cercare la vittoria in maniera convincente, sfruttando le qualità dei singoli. L'idea base è cercare di essere protagonisti, sempre compatti in tutte le fasi di gioco. È fondamentale il nostro gioco, ma è fondamentale anche sapersi adattare al rivale. Il mio sarà un calcio estetico, ma essenziale e concreto, mai fine a sé stesso - prosegue lo spagnolo, per nulla intimorito di fronte agli aggueriti giornalisti presenti - Per me il protagonismo della squadra non è fare 25 passaggi di fila, fini a sé stessi. Voglio una squadra che non sia prevedibile, che sia versatile e che possa dominare i diversi registri di gioco. Ogni campionato è diverso: non vengo per cambiare qualcosa, ma per far sì che, in una filosofia comune, arrivi il rendimento che una società come l'Udinese vuole. È importantissimo il dialogo, avere un'idea comune, passando poi per l'allenamento. Qui c'è un dipartimento di scouting straordinario: serve dialogo, ma serve anche che ciascuno lavori secondo le sue competenze, cercando un equilibrio: l'allenatore deve allenare, il direttore sportivo deve osservare e selezionare. Però sempre con un dialogo e una filosofia comuni." Decisa ed estremamente intelligente, è anche la risposta che Velazquez da a chi parla di fallimento annunciato: "Rispetto tutte le opinioni e le analisi. Io credo che il calcio, come la vita, sia dinamico e si stia evolvendo costantemente. Viviamo in una società globalizzata, il calcio è lo stesso: non posso e non voglio promettere niente. L'idea è quella di lavorare con la massima serietà possibile, cercando di favorire il dialogo e cercando di far sì che la gente che viene allo stadio si diverta. Non prometto nulla, se non di lavorare al massimo." 

Chiunque può farsi un'idea di come sarà l'avventura di Velazquez ad Udine: positiva o negativa, solo ​​il tempo sarà in grado di darci una risposta. La considerazione certa è che l'Udinese, quando si tratta di scouting e di "scommettere" su un prospetto giovane - che sia un giocatore, o lo stesso allenatore - raramente fallisce. Come sottolineato dallo stesso Collavino, l'Udinese dell'ultimo lustro si è - quasi inconsciamente, ma inesorabilmente - allontanata dalla sua tradizione, dal suo ​​​​​​abituale modo di scegliere allenatori e giocatori, e ciò ha avuto conseguenze depauperanti a livello di gioco, risultati, ma anche di passione e amore dei tifosi. Quindi, fossi un tifoso dell'Udinese, riponerei una sana e moderata fiducia in questa scelta, che - a detta di tifosi e mass media - può sembrare "campata in aria", un azzardo già perso in partenza. Mi rifiuto che sia così, perché ad Udine non possono improvvisamente essersi dimenticati di come si fa calcio. In definitiva, è chiaro che senza la passione, la dedizione, i soldi dei Pozzo, Udine è destinata a sprofondare nell'anonimato. Gino Pozzo in primis deve rimboccarsi le maniche e tornare a dedicare tempo e denaro nella sua creatura, la quale non merita di diventare il serbatoio economico, la succursale calcistica degli inglesi del Watford. Non lo meritano i suoi straordinari tifosi, soprattutto. Quindi, affinché la "scommessa-Velazquez" risulti effettivamente vincente, la cosa fondamentale è garantirgli una squadra migliore rispetto a quella - lacunosa e moribonda - della passata stagione. E vorrei, a tal proposito, dare un consiglio ai dirigenti friulani: basta con questo Melting Poot, questa eccessiva e stucchevole eterogeneità della rosa: bisogna ripartire da un blocco di 5/6 italiani, il tronco da cui poi si dirameranno i rami costituiti dai giovani stranieri. Solo in questo modo - e ripartendo da certezze come Kevin Lasagna (fortissimo, sarà il futuro degli Azzurri) e da possibili exploit come Felipe Vizeu, bomber in arrivo dal Flamengo - Velazquez potrà sperare di mangiare il panettone a Natale, alla faccia di detrattori e criticoni.