Prima era solo passione. Ora è anche (se non soprattutto) business.

L’abbiamo sentito tantissime volte, è risaputo: le società di calcio devono perseguire l’obiettivo sportivo per loro natura e costituzione ma, ormai da tempo, devono necessariamente far “quadrare i conti”.

Ma come funziona, realmente, un bilancio di una società di calcio?

In primis, il bilancio, come per qualsiasi altra tipologia di società, è formato da un insieme di documenti che devono essere periodicamente redatti ai fini di avere una rappresentazione veritiera e corretta relativamente alla situazione patrimoniale e finanziaria della stessa, oltre ad avere una misura del risultato economico di gestione nel periodo amministrativo considerato.

Le società calcistiche devono quindi redigere il bilancio osservando le norme legislative generali in materia, unitamente a quelle di natura federale più specifiche vista la particolarità del settore.

Occorre una precisazione: oggetto di questo articolo è offrire qualche spunto sull’analisi delle componenti del bilancio, utilizzando criteri di riclassificazione[1] che differiscono dalla redazione dello stesso, per cui deve essere necessariamente osservato un ordine di compilazione secondo le fonti suddette.

Premesso ciò, all’interno dei diversi strumenti che lo compongono, sono due quelli considerati di rilievo tanto per le società “tradizionali” che per quelle calcistiche: lo Stato Patrimoniale e il Conto Economico.

A livello strutturale sono sostanzialmente analoghi: lo Stato Patrimoniale, che analizzerò mediante il principio di pertinenza gestionale e tramite il criterio di liquidità/esigibilità, presenta due macrosezioni, l’Attivo e il Passivo più il Capitale Netto, che devono essere necessariamente in pareggio; il Conto Economico, invece, seguendo il modello a scalare, viene suddiviso in aree gestionali, ovvero l’area Operativa-caratteristica, l’area Extraoperativa, l’area Finanziaria, l’area Straordinaria[2] e quella Fiscale, che forniscono come risultato conclusivo un utile in caso di segno positivo o una perdita in caso di segno negativo.

Ovviamente, premetto che si tratta di un’analisi estremamente semplificata: esistono tesi di laurea e studi molto tecnici per affrontare un argomento talmente delicato ed ampio, ma avere un’idea di fondo sul funzionamento di alcuni meccanismi contabili delle società di calcio può essere interessante e fornire qualche spunto di riflessione, che, fondamentalmente, è lo scopo di questo articolo.

 

STATO PATRIMONIALE

Lo Stato Patrimoniale, come anticipato, si suddivide in due sezioni:

  • le attività, che rappresentano le risorse disponibili e il modo in cui queste vengono impiegate.
  • le passività, che rappresentano le fonti di finanziamento che includono anche il capitale contribuito dai soci[3](ovvero il capitale netto).

Nelle attività la distinzione che viene operata dagli analisti è quella tra investimenti facilmente e prontamente liquidabili, che rientrano all’interno dell’Attivo circolante e quelli a lunga scadenza, incluse nell’Attivo immobilizzato.

Ma cosa facciamo rientrare dentro questi due calderoni?

Nell’attivo circolante rientrano tutte quelle attività che sono di immediato realizzo, ad esempio i soldi depositati nei conti societari, eventuali casse o titoli di Stato posseduti, ma anche crediti a breve scadenza, partecipazioni in altre società che verranno cedute presumibilmente nell’esercizio successivo ed anche, ove fossero presenti, rimanenze di magazzino.

La particolarità delle società calcistiche è però rinvenibile nelle immobilizzazioni, che a loro volta distinguiamo in materiali ed immateriali: nelle prime ci rientra tutto ciò che è di proprietà della società (ad esempio lo stadio, impianti, terreni, centri sportivi, attrezzature ecc); nelle seconde vi sono sia elementi comuni a tutti i tipi di imprese, come il marchio (che include logo, denominazione sociale e tutto ciò che inerisce al branding e all’immagine esterna del club)[4] ma anche elementi specifici, ovvero i c.d. “Diritti pluriennali alle prestazioni dei calciatori”. In altre parole, il valore del cartellino dei calciatori di proprietà (dunque, evidentemente, escludendo i calciatori che sono arrivati in prestito da altre squadre) i quali compongono gli asset fondamentali per il perseguimento del “core business”.

Le immobilizzazioni subiscono un processo di ammortamento, consistente nella riduzione del loro valore iniziale (definito costo storico o costo di acquisto) in funzione di un periodo predeterminato, pari, di norma, alla durata del contratto del calciatore.

Per fare un esempio concreto: la Juventus ha acquistato De Ligt per 75 milioni di euro, che è il nostro valore iscritto a bilancio come “costo di acquisto”, e abbiamo una durata del contratto pari a 5 anni, quindi il nostro periodo di ammortamento. Ipotizzando un piano di ammortamento a quote costanti, quindi con un abbattimento del valore annuo per il medesimo importo, avremmo ogni anno una riduzione di 15 milioni fino alla scadenza del contratto originario, momento in cui il valore residuo del calciatore sarà pari a zero[5].

Attenzione: le quote ammortamento devono essere riportate come costi nella gestione caratteristica del Conto Economico (che illustrerò tra poco) e che permettono di ridurre la base imponibile per l’applicazione delle imposte.

Da questa illustrazione, possiamo subito mettere in chiaro due argomenti economici oggetto di discussioni tra gli appassionati di calcio: in primis, il valore di acquisto del calciatore è dunque da considerarsi un investimento immateriale, distinto dall’ingaggio, che invece è la voce di costo che confluirà nel Conto Economico. Secondariamente, possiamo approfittare dell’esempio precedente per chiarire, semmai ve ne fosse bisogno, una volta per tutte il concetto di plusvalenza o minusvalenza: si prenda a riferimento il valore originario di De Ligt, pari a 75 milioni; l’anno prossimo, il suo valore residuo sarà pari a 60 milioni (in quanto subentra l’ammortamento pari a 15 milioni) e avremo, in caso di cessione (quindi di vendita dell’immobilizzazione), una plusvalenza, se la cessione sarà superiore ai 60 milioni, e una minusvalenza se sarà inferiore.
Attenzione: la plus/minusvalenza va calcolata solo sulla differenza (quindi, se viene ceduto De Ligt a 65 milioni la plusvalenza è 5 milioni e non 65!).

Queste poste andranno inserite anch’esse nel Conto Economico, rispettivamente come ricavi (plusvalenze) o costi (minusvalenze).

Perché si sente spesso parlare in particolare di “corsa alle plusvalenze”? Perché garantisce un ricavo di altra natura rispetto alle altre tipiche fonti di introito da parte delle società di calcio, consentendo soprattutto di contenere eventuali perdite di esercizio. Sul tema plusvalenze, però, è evidente che si sta creando una sorta di “bolla” con cui i club professionistici devono per forza di cose cominciare a farne i conti[6].

Un altro tema molto dibattuto, per cui ovviamente non possono bastare poche righe, è quello del fair value, che investe tanto il mercato tradizionale quanto quello sportivo: il valore di un calciatore subisce variazioni molto rapide nel tempo a causa di rendimento, infortuni, obiettivi raggiunti o mancati e dovendo considerare questa frequente oscillazione, non sempre il valore iscritto a bilancio corrisponde a quello effettivo. In altre parole, tornando all’esempio precedente, immaginiamo una stagione stratosferica di De Ligt (o, al contrario, un rendimento pessimo): alla fine dell’anno, è corretto assegnare un valore di 60 milioni quando invece potrebbe aver subito un notevole incremento (o decremento)[7]? Qui entrano in gioco diverse correnti di pensiero su cui, ribadisco, non è possibile soffermarsi nel presente scritto.

Infine, fanno parte dell’attivo immobilizzato anche tutte le partecipazioni e i crediti a lunga scadenza (es. un pagamento da parte di un’altra società per la cessione di un calciatore con entrata di cassa nel 2021).

Se dunque nell’attivo abbiamo traccia di quelli che sono gli investimenti concreti dell’azienda/società di calcio, nel passivo troviamo le fonti di finanziamento che supportano l’attività.

Nello specifico, nel rispetto del criterio di esigibilità, avremo le passività correnti (ovvero i debiti e le rate da saldare in un periodo massimo di 12 mesi); le passività c.d. consolidate (quindi debiti e mutui a lunga scadenza, piuttosto che obbligazioni o accantonamenti di varia natura); ed infine il patrimonio netto, costituito dal capitale sociale, dalle riserve e da eventuali utili non distribuiti.

E’ ovvio che la natura dei debiti è variegata, ma a tal proposito bisogna sfatare uno dei grossi miti che spesso si fa strada nelle discussioni economiche-calcistiche: l’indebitamento non è sinonimo di crisi.  Il debito è necessario in tutte le società, comprese quelle sportive. Dove sta dunque il vero problema? Sta nell’eccessivo indebitamento, ovvero nell’ipotesi in cui le fonti di capitale di terzi (quindi i debiti puri) rappresentino una percentuale molto alta rispetto alle fonti di capitale proprio (capitale sociale e riserve)[8].

Altro parametro molto interessante è l’equilibrio tra fonti ed investimenti a breve e a lunga scadenza: quante volte sentiamo nelle sessioni di calciomercato che molte società, non avendo la liquidità necessaria, devono vendere dei calciatori per poterne acquistare altri? Ciò avviene in molte situazioni in cui l’”attivo circolante” è contratto rispetto alle “immobilizzazioni” (cioè, per semplificare, al valore dei calciatori) e, contemporaneamente, l’indice di liquidità corrente sia pari a 1 o addirittura inferiore[9]: si rende pertanto necessario lo “smobilizzo” di un investimento a lunga scadenza per poter pagare i debiti a breve ed, eventualmente, reinvestire, cosa non sempre di semplice realizzazione.


-CONTO ECONOMICO

Dopo aver illustrato a grandi linee lo Stato patrimoniale, adesso è il turno del Conto Economico, che determina, secondo un’impostazione a scalare, il reddito annuo della società, dando luogo al famoso utile/perdita.

Anche qui, altra leggenda metropolitana da smentire: non sempre avere un utile è sintomatico di salute o una perdita di “quasi fallimento”; ci sono talmente tante variabili che impattano sul conto economico per cui si renderebbe necessaria un’analisi molto più approfondita delle aree del bilancio e non soffermarsi sul valore puro.

Ma come ci si arriva a determinare questo valore?

Come anticipato nella prima parte, la prima area di gestione è quella operativa, che è formata dalle voci di costo e ricavo che riguardano l’attività principale dell’azienda.

Per quanto riguarda i ricavi, è molto interessante verificare la composizione delle voci: come è intuibile, le società professionistiche conseguono la loro grossa fetta di proventi dai diritti televisivi, seguiti a ruota dagli incassi per ticket, abbonamenti, vendite gadgets ecc.

Una buona regola sarebbe quella di diversificare le fonti di ricavo caratteristico ma è abbastanza evidente che il potere televisivo (o streaming, che dir si voglia) la fa da padrone.

Da qui nasce l’esigenza sempre più “pubblicizzata” di avere uno stadio di proprietà, in quanto si ridurrebbe il peso dei diritti TV che, in alcuni casi, possono venire a mancare (es. mancata qualificazione in Champions o alla Europa League). Altre opportunità potrebbero essere cercare di sfruttare il più possibile il brand, esplorando nuovi spazi territoriali ed ottenere sponsorizzazioni più vantaggiose.

Per quanto concerne i costi, hanno un peso considerevole gli ingaggi dei calciatori: l’impatto degli stipendi incide dunque sul reddito dell’azienda, influendo sull’eventuale utile o perdita. Anche qui ci troviamo di fronte ad un grande tema: il contenimento del monte ingaggi è da sempre uno degli obiettivi delle dirigenze avvedute.

Una mossa abile e che sta prendendo molto piede è quella di legare una quota sempre maggiore ai bonus al raggiungimento di determinate condizioni: avere una base fissa più bassa ed una variabile sempre più crescente con l’ottenimento di risultati sportivi rilevanti economicamente per la società, porterebbe a snellire la struttura dei costi.

Oltre a queste voci, viene fatto rientrare il c.d. “player trading”[10], ovvero tutto l’insieme di plusvalenze, minusvalenze, ammortamenti, costi e ricavi derivanti da prestiti ecc. che rappresentano la specificità dell’attività calcistica e che dunque influenzano in modo determinante il risultato operativo, che è prioritario.

Infatti, lo stato di salute di un’azienda, come insegnano molti analisti, va indagato non tanto nel conseguimento o meno di un utile, ma piuttosto dal risultato della gestione operativa: se abbiamo un reddito operativo negativo significa che la nostra gestione non è corretta in quanto i costi di gestione sono superiori ai ricavi.

E’ consigliabile secondo diversi esperti ridurre al minimo l’incidenza del player trading: se, infatti, i costi caratteristici prima menzionati dovessero essere superiori ai ricavi (dunque, un risultato al “lordo” del player trading negativo), le società si troverebbero a dover ricorrere alla “corsa alle plusvalenze” sopra illustrata, che non sempre può essere redditizia.

Altra arma a disposizione dei dirigenti per ridurre, invece, l’impatto degli ammortamenti è quello di far stipulare dei contratti lunghi ai calciatori, garantendo quote più contenute per ogni annualità[11].

La differenza dunque tra tutti i citati ricavi e costi[12] produce un risultato positivo se i primi sono maggiori dei secondi; viceversa, sarà negativo.

Andando a scalare, troviamo l’area extracaratteristica, che comprende tutte quelle attività svolte dalla società che non sono legate al mondo del calcio: cedere in locazione un terreno inutilizzato di proprietà della società è un ricavo ma non di natura operativa, quindi va necessariamente inserito nella relativa area gestionale.

Scendendo, poi, arriviamo alla gestione finanziaria, che è un’area molto delicata per tutte le tipologie di aziende: qui troviamo proventi ed oneri dalle operazioni finanziarie, compresi mutui e obbligazioni.

Nell’area straordinaria vi sono tutte quelle operazioni non preventivate e che riguardano accadimenti, appunto, eccezionali.

Infine, con l’applicazione dei tributi vigenti, otteniamo il risultato conclusivo, che sarà, appunto, un utile o una perdita.

L’eventuale utile potrà essere accantonato a riserva o, in alternativa, distribuito ai soci mediante l’erogazione dei dividendi, ovvero la quota percentuale di utile in proporzione alla quota di partecipazione al capitale sociale.

Perdonerete il semplicismo di una trattazione che meriterebbe maggior spazio e approfondimento, ma è stato un tentativo di illustrare alcuni concetti chiave sull’andamento economico, finanziario e patrimoniale a cui tutti noi appassionati, volenti o nolenti, “dobbiamo” ormai interessarci.

 

[1] https://www.ecnews.it/la-riclassificazione-del-bilancio-per-la-valutazione-dazienda/

[2] L’area straordinaria, a decorrere dal 2016, è stata eliminata dallo schema di Conto economico civilistico ma viene ancora sovente utilizzata per le analisi di bilancio.

[3] https://debitoor.it/dizionario/stato-patrimoniale

[4] https://www.econopoly.ilsole24ore.com/2018/09/10/plusvalenze-bilanci-societa-calcio/

[5] Per completezza, le quote ammortamento annuali si accantonano in una voce definita “Fondo ammortamento”, che hanno la funzione di fungere da “sottrattore” rispetto al costo storico, fornendo per differenza il valore residuo del “bene”, in questo caso il calciatore.

[6] https://www.ilsole24ore.com/art/la-bolla-plusvalenze-calcio-si-gonfia-777-milioni-ACfIzfX

[7] http://www.treccani.it/enciclopedia/fair-value_%28Dizionario-di-Economia-e-Finanza%29/

[8] Misurabile tramite l’indice di indebitamento (rapporto tra fonti di finanziamento di terzi e proprie).

[9] Rapporto tra attivo circolante e passivo corrente: se è inferiore a 1 significa che i debiti a breve scadenza sono superiori alle liquidità a breve e dunque il rischio di indebitarsi per pagare gli stessi debiti potrebbe portare al collasso la società.

[10] https://www.econopoly.ilsole24ore.com/2018/09/10/plusvalenze-bilanci-societa-calcio/

[11]  https://www.econopoly.ilsole24ore.com/2018/09/10/plusvalenze-bilanci-societa-calcio/

[12] Per avere un maggior grado di dettaglio, spesso si effettua una distinzione tra ricavi e costi caratteristici (al lordo del player trading); ricavi e costi compresi di p.t. (al netto del player trading); ed infine inglobando altri ammortamenti ed accantonamenti, dando luogo al risultato operativo effettivo.