Gettare una luce sui problemi più seri e al tempo stesso non pronunciare mai una sola frase seria, subire il fascino della realtà del mondo contemporaneo e al tempo stesso evitare ogni realismo (invito alla lettura della Casa Editrice Adelphi per “La festa dell’insignificanza” di Milan Kundera)

… la premier mi osserva con uno sguardo che i miei occhi e la mia anima non riescono a reggere né a sopportare; “Lei” mi scruta dall’interno di quella confort-zone domestica che tutti (o quasi) abbiamo in casa e che per comodità solitamente posizioniamo di fronte al divano: il televisore! Il capo del governo, prima d’iniziare a parlarmi, squadra con solennità tutti i presenti, e crea la giusta suspense con una brevissima ma sapiente pausa drammatica, figlia di anni e anni di applicazione e lavoro specifico all’uso di tutti i social media e della comunicazione possibili ed immaginabili compreso, ovviamente, il linguaggio del corpo.
Dopo avermi scavato dentro con gli occhi teneri da madre, giù fino al “mio” profondo più profondo, e di conseguenza essere ormai certa di avermi messo in soggezione e soggiogato, mi guarda e con tono severo mi dice (lo so che, da statista, “parla alla Nazione” ma faccio mio ed a me diretto il suo accorato ” Je Accuse”): ”Raccontare al cospetto del mondo, di fronte a questo enorme sforzo, che invece lasciamo morire bambini nel Mediterraneo, è una calunnia non solo del governo ma nei confronti dello Stato italiano, degli uomini e delle donne delle forze dell’ordine, del nostro intero sistema. O volete dire che ci sono uomini delle forze dell’ordine che non vogliono salvare i bambini per indicazioni del governo?”.

Piegato dalla vergogna che provo per me stesso e dopo aver ascoltato sempre più contrito quella durissima reprimenda a me indirizzata, non riuscendo a sostenere il “suo” sguardo, provo a fare il distratto e fingo di guardare, con nonchalance, la punta dei calzini che fanno capolino dalle ciabatte non perfettamente indossate; poi, in un rigurgito di celodurismo di umano orgoglio, prendo “a due mani” quel residuo di coraggio che mi è rimasto e con un filo di voce provo ad obiettare: No sig.ra Premier (a proposito…ma ad un/una Premier che titolo bisogna dare? “Maestà” di sicuro “NO” perché siamo convintamente in democrazia… Dottore? Capo? Eminenza? Eccellenza?
E poi… ma “premier” mica, per caso, è difettivo di genere? Metto le mani avanti perché non ho nessuna intenzione di creare un caso di sostantivo omogenitoriale; boh, comunque venitemi in soccorso a sanare l’ignoranza perché, in questo caso, neanche la “Crusca” è stata esaustiva)…dunque (non divaghiamo) dicevo…
No sig.ra Premier, Le assicuro che non ho pensato nemmeno per un nano-secondo che le nostre forze dell’ordine, “su consiglio” di qualche ministero non bene identificato, abbiano potuto mettere in atto un’azione così disumana; lasciar morire affogati, deliberatamente o per una colpevole ed ingiustificabile noncuranza, degli esseri umani non fa parte del mio sentire e sono certo che sia così anche per Lei e per tutti coloro che ha nominato o sfiorato di nominare…; ma nonostante le mie ripetute smentite… mi sembra che Lei nutra ancora dei dubbi sulla sincerità dei miei sentimenti e non creda a queste improprie smozzicate parole che Le rivolgo, anche perché… continua a chiedermelo con insistenza feroce, quasi inquisitoria, che per quel che mi riguarda, non ha alcuna ragione d’essere! Sono pure convinto che rivangare di continuo le ore di quella sciagura sia inutile, però penso sia giusto che si parta proprio da lì per trovare la soluzione in grado di salvare le vite, anche solo una in più, di quei poveri disperati che abbandonano la loro terra nella speranza di un futuro migliore per loro ed i loro familiari. Basta chiacchiere dunque, e cerchiamo piuttosto di dar voce ad un silenzio fatto di rispetto ed umana pietà e son certo che ne troverebbe giovamento persino la sua reputazione.
Certo (lo confesso), se penso e riguardo (su youtube quei video circolano tuttora) i ministri che l’hanno accompagnata a Cutro e che hanno partecipato a quella conferenza stampa… non posso negare che di primo acchito mi sono sembrati riuniti, come un gruppo di buoni e vecchi amici, per prendere un appuntamento e visionare in anteprima la collezione autunno-inverno delle cravatte di Marinella… ma è stato solo un attimo, mi creda, perché sono convinto che tutti noi italiani non potremmo “mai e poi mai” discostarci neppure di un millimetro dagli insegnamenti del “Buon-Samaritano”… al catechismo ce l’hanno infilato bene in zucca e da lì, in questa nostra inutile capoccia, glielo assicuro, non uscirà mai più! Adesso che Le ho detto, meglio, che Le ho confidato quanta fiducia ripongo in Lei e nei suoi ministri (Piantedosi, Valditara, Lollobrigida, Nordio, Salvini…) si sente finalmente rassicurata anche se, confidenza per confidenza, persino Lei preferirebbe che costoro, “le sue braccia destre”,  tenessero sempre bene in mente che …silentium aurum est?

Beh, adesso che la vedo più tranquilla, mi sento di conseguenza un’altra volta sereno anch’io.
Ho solo una piccola ultima domanda da farle: ma a Cutro che è andata a fare? A portare la solidarietà e pietà cristiana degli italiani c’aveva pensato il jurassico presidente Mattarella (e quindi deduco che Lei, opportunamente, non abbia voluto ulteriormente intasare un’area già visitata ed ossequiata) e d’altro canto non penso proprio che Lei si sia sobbarcata 600 km per limitarsi a raccogliere qualche peluche usato che Le hanno inopinatamente scagliato contro con tanta maleducazione e poco rispetto per le istituzioni… e allora? Perché mai un così lungo viaggio? Sono certissimo che Lei sapesse perfettamente cosa fare a Cutro e che sia andata fin lì per dire ai profughi, invece di quella stentata conferenza stampa, solo una breve rassicurante frase presa a prestito da un suo predecessore… che in futuro, per salvare le vite dei profughi, l’Italia avrebbe fatto “…Whatever it takes, and believe me, it will be enough!”.
Presidente perché ha rinunciato all’ultimo istante? Probabilmente queste poche parole avrebbero aggiunto un pizzico di autorevolezza al suo già immenso ed incontestabile patrimonio di statista e, mi creda, ci avrebbe reso orgogliosi di essere italiani. Mi permette (e prometto di non infastidirla più) se Le rammento anche questa insignificante strofetta? Siiiii? Grazie sig.ra Premier…

“E’ pazzo chi cerca la gloria a suon di lancia nelle battaglie, è un modo rozzo di porre fine ai problemi dell’Umanità. Se le decisioni vengono affidate alla lotta di sangue, la violenza non abbandonerà mai le città degli uomini. Grazie ad essa alla fine hanno ottenuto solo un posto sotto la terra troiana: eppure si poteva risolvere con le parole la contesa sorta per te, Elena” .


La parabola del giravite (tutti per Uno…Nessuno per tutti)
In un villaggio dell’Italia centrale del “dugento”, tanti anni fa, si abbatté un violento nubifragio; in pochi terribili minuti, una bomba d’acqua di spaventosa potenza si rovesciò su quelle povere case per dipiù costruite con cemento “poco” armato, travolgendo facilmente gli argini che le inesperte mani dei dipendenti della locale soprintendenza comunale avevano creato per minimizzare i prevedibili e sottostimati danni che un tale evento meteorologico inaspettato ed estremo avrebbe di sicuro portato con sé; le protezioni infatti poco resistettero e, nel tempo di un battito di ciglia, furono spazzate via dall’inaudita[AMC1] potenza della tempesta, e acqua e fango, senza ostacolo alcuno, agevolmente sommersero quanto trovarono sul loro cammino.
Seppur provati da un simile cataclisma agli abitanti del villaggio non mancò mai né la solidarietà né l’altruismo; iniziò subito una corsa ininterrotta ad aiutarsi l’un l’altro e, passando di casa in casa, la catena di solidarietà arrivò anche alla capanna dello “zio Tommaso”.
Carmine, giovane muscoloso ed impavido, si issò lungo una poco rassicurante scala a pioli per riparare la centralina elettrica e da lì sopra si rivolse allo zio: “zio Tom, mi date un giravite a stella?” Lo “zio”, senza perdere tempo… si rivolse con tono imperativo alla moglie: Andromeda prendi un giravite a stella!!! Anche “la Zia” fu velocissima nel suo decisionismo… ed ordinò al figlio maggiore distante una ventina di metri…”Franco vai nella rimessa e porta SUBITO la cassetta coi ferri, ché è “lì” che abbiamo tutti i giravite… il passaparola si propagò in un inarrestabile vortice di concreta solidarietà “di figlio in figlio” e poi “da cugino a cugino” ed infine “da conoscente a conoscente”.  

Purtroppo non sappiamo come si concluse “la parabola del giravite” perché lo scorrere del tempo e gli avversi eventi climatici hanno consumato e reso illeggibili  le pagine finali del racconto; si sa però che molti anni dopo l’archeologo Heinrich Schliemann, aggirandosi per borghi e villaggi di quella stessa zona, s’imbatté nello scheletro di un essere primitivo che sembrava inerpicato su di un’improbabile scala a pioli (risalente forse al paleolitico) e che costui, comunque, sembrava conservare uno sguardo di disperazione come se stesse aspettando qualcosa che non gli fosse, per contro, mai arrivata lasciandolo, fino alla morte, proteso in quella scomoda posizione. Schliemann, dopo studi accurati, si convinse che quell’essere in cui s’era imbattuto dovesse essere di sicuro… il cugino carnale di Otzi.


Tell me about Pioleo Piolei (quando non hai sottomano né altruismo né autorevolezza)
Pioleo se ne andò nella sua stanza in quel di Milanello; si sentiva molto stanco ed anche molto avvilito; era stata una lunga giornata di allenamento ed alla fine di questa aveva percepito, anzi si era reso consapevole, di non essere venuto a capo di quel malessere in cui vedeva dibattersi i propri ragazzi; no, seppur sforzandosi, non aveva ancor trovato il bandolo della matassa per individuare la via d’uscita dei problemi della sua squadra.
Anche il cambio modulo non aveva sortito effetto; sì, passando alla difesa “a tre” era riuscito ad ottenere qualche risultato positivo e dei piccoli segnali di miglioramento generale ma era bastata una partita “nata storta” per cancellare in un amen quanto di buono fatto sin lì. Pioleo, spossato dalla gran fatica e da plumbei presentimenti, s’addormentò, ma ebbe un sonno tutt’altro che rigenerante anzi, un incubo s’impossessò della sua mente. Sognò Nereo Rocco! “Ma che combini? Non lo sapevi che venendo ad allenare il Milan saresti andato incontro a questi problemi? Adesso, se le hai, è giunto il momento di tirar fuori le p***. Dimostra di che pasta sei fatto, addrizza la schiena ed imponiti ai tuoi ragazzi (sentenziò Nereo col suo vocione). Ma io coi giocatori sono autoritario, do ordini continuamente ma non c’è niente da fare Paron, non mi seguono, non mi ascoltano. Rocco interruppe bruscamente l’inutile lamento, tendente a giustificarsi, di Pioleo e gli disse: Tu confondi Autoritarismo con Autorevolezza “fio”, mica sono la stessa cosa, devi tener sempre presente che il potere non è contro le opinioni altrui, ma ama le mezze misure come le mezze calzette. Tu invece devi convincerli, devi convincere i ragazzi ad aiutarsi l’un l’altro, devono ricominciare ad essere altruisti e mettere da parte il loro egoistico interesse ponendosi come unico obiettivo quello della squadra anche a costo del loro sacrificio, come facevano l’anno scorso e due anni fa ed hai visto i risultati. O no? 
Pioleo Piolei si svegliò di soprassalto ed ancora in pigiama andò dal presidente Scaroni… a rassegnare le dimissioni.

Altruismo
“…il termine fu creato da Auguste Comte, uno dei padri della sociologia e del positivismo e costituisce uno dei non molti casi in cui un termine creato in ambito filosofico e scientifico è passato nel vocabolario quotidiano senza alterare sostanzialmente il suo significato. Per Altruismo si intende comunemente la disposizione ad interessarsi degli altri e al loro bene e anche a sacrificarsi per essi… l’ideale morale è il “vivre pour autrui”, la subordinazione dell’individuo all’umanità…”.