Alla fine tutti sul carro, ma è anche giusto così. Finalmente il Milan ha tagliato il traguardo della qualificazione alla prossima Champions League e l’ha fatto a suo modo. Vincendo contro un’Atalanta che non ha regalato nulla ai rossoneri e, soprattutto, agguantando la sedicesima vittoria in trasferta di questa stagione.
La banda Pioli chiude così al secondo posto in campionato e si regala, dopo sette infiniti anni, l’accesso alla coppa più prestigiosa. Infiniti sono stati anche i giorni precedenti alla gara di ieri. Una settimana costellata da emozioni variabili, figlie anche della prestazione negativa contro il Cagliari, e dalla speranza che il vero Milan fosse quello vittorioso in trasferta e non quello malinconico della settimana prima al Meazza.

Dopo quella gara un mix di rabbia, delusione e sconforto avevano accompagnato il Milan e le critiche forti, e in alcuni case esagerate, davano sentenze già scritte prima dell’ultima gara. Sentenze nelle quali l’allenatore veniva messo sul banco degli imputati, meritevole per molti di non continuare l’avventura rossonera, per non parlare dell’ennesime critiche verso un gruppo che, nonostante tutto, tante soddisfazioni ha dato in questa stagione pur vantando un’età media molto bassa.
La settimana pre Bergamo era abbastanza lunga ed emotivamente stancante. In ballo c’era tanto e la delusione pian piano stava cedendo il passo alla speranza, perché questo Milan è come la Fenice. Muore ma poi risorse dalle sue ceneri.
Ed è andata proprio così. Il Milan aveva iniziato la sua stagione con la gara con il Rio Ave e, anche in quel caso, sembrava sul punto di crollare. L’appuntamento europeo rischiava di essere rimandato. Invece, nella fredda notte portoghese, il gruppo si è cementato maggiormente e ha capito che nelle difficoltà trova energie insperate.

Ma in realtà questo gruppo e questa società sono nati dopo Bergamo. Dopo quel clamoroso tonfo della scorsa stagione, dove tutto è stato resettato (anche a livello dirigenziale) e si deciso di camminare tutti insieme, ognuno nella posizione di propria competenza, per farlo occorreva anche rivedere il disegno tecnico portando non solo giovani ma anche giocatori di esperienza. Ecco che alla fine Ibra (nonostante quest’anno abbia giocato poco) e Kjaer diventano importanti (con ruoli diversi) all’interno del gruppo e i giovani apprendono in fretta che, giocando nel Milan, occorre diventare adulti il prima possibile.
Bergamo è così l’inizio di un cerchio che si chiude proprio in terra orobica con la vittoria e la qualificazione alla prossima Champions.
Se la prima resurrezione sportiva, di questa stagione, fu quella con il Rio Ave, la seconda è decisiva fu quella dopo la gara con la Lazio. La doppia sconfitta contro Sassuolo e Lazio dava per molti il Milan fuori dalla lotta Champions, invece…
…invece nelle cinque partite rimaste il Milan vince quattro volte (Benevento, Juve, Torino e Atalanta) e pareggia contro il Cagliari. Tiene inviolata la porta con cinque clean sheet, e andando a segno quattordici volte. Chiudendo da secondo in classifica realizzando sedici vittorie in trasferta (record in serie A, condiviso a livello europeo con Real Madrid e Manchester City).
A questo dobbiamo aggiungere il cammino nella prima parte del campionato che lo ha visto in vetta alla classifica, mostrando a tratti un gioco migliore del campionato. Prestazioni di livello che nelle difficoltà aiutavano i rossoneri a raggiungere gli obiettivi prefissati.

In questo campionato sono caduti sotto i suoi colpi tutte le grandi (Inter, Napoli, Lazio all’andata), (Roma, Juventus e Atalanta al ritorno), che poi sono le squadre che, nei vari tornei, rappresenteranno l’Italia nelle competizioni Uefa.
Ieri a Bergamo l’ultimo tassello e l’ultimo scalpo, contro una squadra che negli ultimi anni ha sempre centrato la qualificazione e viene vista come un modello da seguire per coniugare gioco, risultati e bilanci in ordine. Il Milan di Bergamo sapeva che doveva scendere in campo con lo stesso spirito visto contro la Juve, ma sapeva anche che avrebbe trovato una squadra più ordinata, cinica, a cui non bisognava concedere spazio e ritmo. E così è stato!

Il Milan ha fatto la sua partita attenta, compatta, rinunciando ad un certo tipo di gioco e provando a sfruttare quello che l’Atalanta avrebbe concesso. La partita, risolta da due rigori (nei finali dei due tempi) è rimasta sempre viva e la squadra di Gasperini non ha regalato niente, anzi ha giocato per fare risultato e ci ha provato fino alla fine. I rossoneri, in fase difensiva, si sono mostrati invulnerabili e non hanno mai evidenziato difficoltà, davanti poca consistenza per via dei numerosi lanci lunghi, ma alla fine giocando di squadra si è arrivati a conseguire il risultato tanto sperato.
Il Milan sapeva che era padrone del proprio destino e vincendo non avrebbe dovuto aspettare notizie dagli altri campi. E così è stato! Dopo il triplice fischio è iniziata la festa.
Il popolo rossonero aspettava da tempo di ritornare a casa sua. Sette lunghi anni come le sette Champions che rappresentano la sua impronta nella competizione. Sette anni dove si è visto di tutto e dove molto spesso gli errori hanno condizionato le scelte successive. Errori pagati a caro prezzo e che richiedevano una cura e un lifting societario per rendere il club migliore nel futuro, per non essere soltanto storia da consegnare ai libri.

E anche oggi raggiunta la Champions occorre essere benevoli e non troppo eccessivi nelle richieste future, perché la società non farà mai il passo più lungo della gamba e continuerà nella sua opera di rinnovamento e di contenimento della spesa. Non ci saranno acquisti faraonici, ma tante idee che dovranno essere la giusta risposta alle richieste eccessive di mercato. Alcuni giocatori saluteranno, altri verranno presi, sempre seguendo la linea 3M (Maldini, Massara, Moncada) che sa come operare e come muoversi, indirizzando scelte e modello societario.

Oggi è ancora tempo per festeggiare e occorre farlo tutti uniti, senza divisioni tra tifosi, è il miglior modo per ringraziare la società, la squadra e lo staff tecnico per la stagione appena trascorsa. All’inizio ho detto “tutti sul carro”, quello che è stato un sali e scendi continuo per via del vento che soffiava, e di risultati che tardavano ad arrivare, che non son stati in linea con l’inizio della stagione.
In realtà dal carro non dovrebbe mai scendere nessuno e chi lo ha fatto può salire senza problemi perché il Milan è di tutti. Dei tifosi che conoscono il detto “dopo Istanbul c’è sempre Atene” ribattezzato “dopo Bergamo viene Bergamo”, ma anche di quelli che si fanno prendere dallo sconforto troppo velocemente e sono in balia degli eventi. Quest’ultimi dovrebbero avere un po' più di fede, perché alla fine il Milan è un atto di fede, un dogma a cui bisogna credere sempre. Crederci e seguirlo nella buona e nella cattiva sorte, anche perché i conti si faranno sempre, ma solo alla fine.

I conti dicono che questo Milan ha un presente ma soprattutto un futuro. Un futuro da vivere e da scoprire perché, come ricordava Maldini, il Milan del passato non esiste più. Ne esiste uno figlio dei tempi che prosegue nel percorso che ha deciso di intraprendere da pochi anni. Lo fa con un gruppo dirigenziale giovane ma preparato; con un allenatore che avrà mille difetti, capace però di riunire a sé tutte le anime presenti in società; con dei giocatori giovani che sono cresciuti in fretta anche grazie all’esempio di un totem come Ibra; e milioni di tifosi che, nonostante tutto, lo seguiranno, lo sosterranno e vivranno emozioni a tinte rossonere. Quelle che sono il diavolo sa dare.
Bentornato a casa Milan!