Nell’ultimo pezzo, commentando la rete annullata contro l’Udinese, scrivevo che quel gol avrebbe potuto dare una svolta alla strana estate di Ronaldo. La svolta alla fine è arrivata. Non dal gol, certo, ma dal mercato. Dopo un susseguirsi impazzito di notizie e colpi di scena, venerdì arriva la conferma: Ronaldo lascia la Juventus e torna lì dove la sua parabola era iniziata, al Manchester United. Notizia shock? Sì, ma mica tanto.

Finale a sorpresa. Sicuramente per la destinazione, visto che fino a qualche ora prima il portoghese era dato sì a Manchester, ma sponda City. Meno per l’addio in sé. In fondo, che Ronaldo volesse lasciare Torino era risaputo. Fino a qualche giorno fa la sua permanenza sembrava la pista più probabile. Vero. Ma solo perché nessun acquirente aveva bussato alla porta di Mendes. Anzi, era stato il procuratore portoghese a bussare alle casse dei club per placare il malcontento del suo assistito. E alla fine l’ha spuntata lui, con un finale a sorpresa. Il migliore possibile per Cristiano. La pista PSG dopo l’arrivo di Messi era ormai diventata impraticabile. Il City di Guardiola, per quanto di assoluto livello, ha un gioco al quale CR7 si sarebbe adattato con qualche difficoltà. Infine, un approdo al City sarebbe stato vissuto come un affronto dall’altra sponda di Manchester. Quella “rossa” appunto, quella che ha fatto di Ronaldo quello che Ronaldo è oggi. E allora United sia. Così anche i più romantici sono accontentati: CR7 potrebbe finire la propria carriera lì dove era decollata. Tutto è bene quel che finisce bene, quindi. Per Mendes sì (cha si salva in zona Cesarini), per Ronaldo anche (accontentato nel suo desiderio di approdare in una squadra competitiva). E per la Juventus? Tutta un’altra storia.

Il bilancio finanziario. Tre anni fa l’approdo di Ronaldo doveva essere lo spartiacque del ciclo, già vincente, della presidenza di Andrea Agnelli. Con il numero 7 bisognava fare il salto di qualità in campo internazionale, sia a livello di immagine e di forza economica, che a livello sportivo con la conquista della  Champions. Ma non tutto è andato secondo i piani. È vero, essere riusciti a portare un campione del calibro del portoghese è stato un grande merito. La sua presenza ha dato lustro non solo alla Juventus, ma all’intero movimento calcistico italiano. Infatti, l’operazione, sebbene ambiziosa, era stata salutata favorevolmente dai più. E la prima stagione in bianconero sembrava confermarne la bontà. Nonostante il sacrificio economico (100 milioni versati nelle casse del Real e l’ingaggio da 31 milioni netti a stagione) i ricavi della società bianconera almeno all’inizio sono cresciuti (fonte Gazzetta): gli introiti da stadio passati da 60 a 74 milioni, il segmento commerciale da 126 a 170 di cui 44 dal merchandising. Anche i contratti di sponsorizzazione ne hanno beneficiato (fonte Gazzetta): con Adidas si è passati da 23 a 51 milioni, con Jeep da 17 a 45. Sono aumentate le partnership e la visibilità internazionale (il seguito sui social è raddoppiato). La pandemia, però, e la mancata vittoria della Champions alla lunga hanno reso l’operazione Ronaldo poco sostenibile: alla fine le entrate commerciali non hanno compensato le perdite.

Il bilancio sportivo. Già perché la Champions non è arrivata. Anche se il primo assalto aveva illuso. Era la stagione 2018/2019, la prima di CR7 in bianconero. Erano gli ottavi e la Juventus era chiamata a ribaltare il 2-0 subito fuori casa dall’Atletico Madrid. Ci aveva pensato Ronaldo: indossato il costume da supereroe, si era messo la squadra sulle spalle e con una tripletta l’aveva trascinata fuori dalle sabbie mobili. Poi la sconfitta ai quarti contro l’Ajax, e anche in quel doppio confronto gli unici gol erano stati i suoi. Di lì in poi la Juve non supererà più gli ottavi, con l’aggravante di uscire contro squadre tutt’altro che irresistibili: il Lione nel 2020 e il Porto nel 2021. Già Porto. La partita che forse ha incrinato per sempre il rapporto tra la Juventus e Ronaldo: al 115’ in barriera sulla punizione di Sergio Oliveira CR7 si gira lasciando passare il pallone che poi sorprende Szczesny, regalando così la qualificazione ai portoghesi. Un errore imperdonabile. Di lì in poi per il 7 una serie di alti e bassi che però non gli impediranno di laurearsi capocannoniere della Serie A con 29 gol. Sì i gol. Quei 30-35 gol a stagione che la Juve adesso dovrà trovare altrove. Perché se è vero che CR7 non è riuscito a portare la Coppa dalle Grandi Orecchie a Torino (fallimento, peraltro, non imputabile solo a lui), sul campo il portoghese ha dato il suo contributo: 134 presenze, 101 gol, 2 Scudetti, 2 Supercoppe, 1 Coppa Italia.

Considerati questi numeri (quelli del campo e quelli dei libri contabili), i 3 anni di CR7 a Torino sono stati la realizzazione di un sogno bello ma forse inutile, dal quale la Juventus si è svegliata bruscamente, madida di sudore e frastornata. Il contraccolpo ci sarà, e non solo a livello emotivo. Ma va assorbito e in fretta. Per tornare a vincere. Per tornare a credere nei sogni.

Chiara Saccone