Finalmente ci siamo liberati del caso Skriniar. O meglio, per qualche mese faremo a meno di sentire voci, sirene, gong dell’ultimo minuto. È già tutto apparentemente chiaro (anche se le svolte del calciomercato, si sa, possono essere inaspettate e mutevoli): lo slovacco a fine anno andrà alla corte di Parigi, diventando uno dei tanti calciatori della rosa messa su all’ombra della Tour Eiffel. E, ovviamente, è già partita la corsa a sminuire il suo valore da parte proprio degli stessi sostenitori interisti, comprensibilmente delusi dall’epilogo della vicenda che ha coinvolto colui che era diventato il nuovo capitano a tutti gli effetti (considerando l’ormai consolidata panchina di Handanovic). Io, però, non mi accoderò al corteo dei tanti che hanno subito dimenticato quanto di buono ha prodotto il miglior difensore della nostra Serie A. Perché sì, è inutile girarci intorno, l’addio di colui che porta il nome di quell’altra squadra ci priva di un elemento di notevole spessore, difficilmente sostituibile, soprattutto considerando che la separazione avverrà senza vedere il becco di un quattrino.

Paradossalmente, però, sapere con certezza che dalla stagione 2023/24 bisognerà fare a meno di uno dei tre titolarissimi del club permette alla società di poter agire con i tempi giusti per poter sopperire alla lacuna e anche ad Inzaghi di trovare soluzioni alternative. E lui, già maestro con il cambio ruolo di Calhanoglu abbassato sulla mediana (sebbene sia stato fatto più per necessità che per virtù), ha già cominciato ad avere qualche buona indicazione dall’impiego di Darmian come terzo di difesa in Coppa Italia contro l’Atalanta che ha già dato buoni risultati, soprattutto per il calciatore, che subito dopo ha ottenuto il meritatissimo rinnovo. Insomma, dopo giorni tormentati, sembra essere tornato il sereno, con le rassicurazioni del nostro allenatore (che già in passato ebbe a che fare con una situazione analoga alla Lazio proprio con il compagno di reparto De Vrij), il quale garantisce impegno e professionalità fino a fine stagione. E, su questo, non ci sono dubbi. Il punto, però, è che senza di lui perdiamo uno dei pilastri dell’intera squadra. Uno di quelli che durante le roventi estati del calciomercato si possono definire “incedibili”. Ecco, la domanda che mi sono posto in questi giorni è la seguente: chi è realmente incedibile in questa Inter?

Sebbene ci siano molti nomi preziosi, sono solamente due i giocatori di cui a mio avviso l’Inter non potrebbe assolutamente fare a meno per non incappare in un clamoroso passo indietro dal punto di vista delle ambizioni e della qualità complessiva: si tratta di Barella e di Lautaro Martinez. Troppo facile, qualcuno dirà. Sono i due più talentuosi e con più mercato in assoluto, gli unici a poter attrarre le big del calcio internazionale (a loro forse si potrebbero aggiungere solamente Bastoni e, inspiegabilmente per quanto mi riguarda, Dumfries). Se dunque non ho scoperto l’acqua calda, il problema più complesso per cui trovare una soluzione è invece questo: dovendo sceglierne uno solo tra i due da tenere, chi terresti? Mai vorrei trovarmi nei panni della dirigenza a sciogliere questo quesito, perché in qualsiasi modo la si mette si casca male.

Chi è il vero leader di questa squadra? Ho provato a giocare, a immaginare due Inter senza i due in questione, ma niente. Non riesco a scegliere. E il motivo è semplice: perché sono entrambi leader di questa squadra, ma in modo differente. Barella è il leader carismatico ed emotivo del gruppo. È l’incarnazione dell’interismo. Simile a Dimarco, ma con una dose di talento oggettivamente molto più alta. Il “tuttocampista”, come amo definirlo. Instancabile, passionale, rabbioso: è il prototipo del calciatore che unisce la foga di un calcio che non c’è più con le doti atletiche di cui invece questo corso storico ne è pieno. Certo, il cartellino giallo quasi fisso è un gran problema su cui deve lavorare, ma la sua presenza è vitale e necessaria. Lautaro, al contrario, è il leader tecnico dell’Inter. Il calciatore più forte in assoluto di tutta la rosa. E qualcuno dirà: si divora una marea di gol. Sì, è vero, sbaglia tanto. Ha margini di miglioramento. Non è ancora la migliore versione della carriera. Sì, tutto condivisibile, ma l’impegno, la voglia e le giocate che tira fuori puntualmente sono di un calciatore di altra caratura. Uno di quelli che avrebbe fatto la differenza anche nella nostra Serie A degli anni ’90 (come si usa dire ultimamente). Uno che anche in Premier League potrebbe dire la sua. Uno che va tenuto stretto. Nel 2020 sembrò vicino al Barcellona. Poi, l’emergenza sanitaria ha fatto saltare tutto e non sapremo mai se la permanenza a Milano sarebbe stata una scelta di cuore o se è stata una scelta forzata dagli eventi. Ma l’argentino, soprattutto se dovesse partire Brozovic, sarebbe l’erede designato per prendersi la fascia di capitano e diventare l’icona della nostra squadra.

Non disperiamo, dunque: i calciatori vanno, l’Inter resta. Con protagonisti diversi, ma è sempre lei. Sempre.

Indaco32