E’ una calda primavera quella del 1985 e la Roma di Sven-Göran Eriksson sta marciando a pieno ritmo verso il titolo di campione d’Italia. Il 20 aprile, in uno stadio Olimpico bollente e gremito all’inverosimile i tifosi giallorossi aspettano solo i due punti, contro un Lecce già retrocesso, che consegnerebbero alla squadra capitolina il suo terzo scudetto. E invece accade quell’imponderabile che rende il calcio lo sport più bello e affascinante del mondo: la Roma perde 3-2 contro i salentini e ad aggiudicarsi lo scudetto è la Juventus di Giovanni Trapattoni, al suo decimo anno sulla panchina bianconera.

Per i torinesi quella è stata una stagione particolare. Nulla faceva presagire che potesse bissare lo scudetto conquistato l’anno precedente dal momento che una serie di prestazioni alquanto altalenanti avevano dato l’impressione di una squadra piuttosto sbiadita e lacerata da problemi di spogliatoio. Il tutto amplificato dal fatto che a fine stagione i bianconeri avrebbero dovuto dire addio alla sua guida tecnica dal momento che dopo dieci stagioni passate sulla panchina dei torinesi, Giovanni Trapattoni aveva annunciato la separazione dal club al termine della stagione.

Seconda alle spalle dei bianconeri è la Roma, seguita da Napoli, Fiorentina e Torino squadre che hanno disputato un campionato più che soddisfacente. Chi invece ha deluso le aspettative della vigilia sono i nerazzurri dell’Inter.
Dopo il terzo posto conquistato nella stagione precedente, i dirigenti meneghini hanno rinforzato la squadra, consegnando al tecnico Ilario Castagner l’ala destra Fanna e il terzino sinistro Marangon, due grandi protagonisti dello scudetto del Verona di Bagnoli, nonché il campione del mondo Marco Tardelli, strappato durante l’estate alla Juventus.
Ma le cose non vanno come previsto. La squadra in campionato delude ed esonera Castagner chiedendo all’'ex bandiera del club Mario Corso di traghettare la squadra verso la stagione successiva dal momento che il Presidente Ernesto Pellegrini e il Direttore Sportivo Giancarlo hanno trovato un accordo con Giovanni Trapattoni in uscita dalla Juventus perché bisognoso in cerca di nuovi stimoli.

Giovanni Trapattoni, per tutti il “Trap” è nato a Cusano Milanino, 17 marzo 1939. Ex mediano difensivo del Milan di Nereo Rocco e della nazionale, grazie ai grandi risultati ottenuti da quando siede in panchina è considerato il miglior allenatore italiano e l’Inter è certa di aver fatto il grande colpo riuscendo a metterlo sotto contratto. “Giuan” ha imparato il mestiere dell’allenatore dal “Paron” Nereo e nei dieci anni trascorsi in Piemonte si è distinto oltre che per i risultati altisonanti anche per il modo di mettere in campo le sue squadre, schierandole con il modulo a “zona mista”. Una via di mezzo tra il “catenaccio” di Rocco che prevede undici uomini dietro la linea della palla, rigide marcature a uomo a tutto campo, difesa ad oltranza e contropiedi fulminei come modalità principale per cercare la via del gol, e il calcio totale di matrice olandese. Quest’ultimo è un modo di fare football che sta agli antipodi del gioco all’italiana e prevede gioco d’attacco, marcature a zona, universalità dei giocatori, difesa altissima con tattica del fuorigioco esasperata. Un sistema di gioco a cui il nuovo profeta italiano, il tecnico di Fusignano Arrigo Sacchi, si è ispirato per fare grande il Milan di Silvio Berlusconi.

Il primo anno del Trap sulla panchina dell’Inter inizia al termine del disastroso mondiale messicano, torneo che ha decretato la fine del ciclo Bearzot sulla panchina azzurra. I nerazzurri si sono rinforzati dando robustezza alla difesa con l’acquisto del libero argentino Daniel Passarella e fosforo al centrocampo attraverso l’ingaggio del regista sardo Gianfranco Matteoli. La squadra gioca un calcio di discreta fattura ma anche complici le deficitarie condizioni fisico – atletiche del suo attaccante più forte, il fuoriclasse tedesco Karl Heinz Rummenigge, conclude la stagione al terzo posto alle spalle della Juventus e del Napoli di Diego Armando Maradona, per la prima volta campione d’Italia. Un terzo posto che non esalta i tifosi meneghini ma che lascia ben sperare in una stagione 87/88 da vivere da protagonisti. Ma così non sarà, dal momento che qualche problema interno allo spogliatoio, l’addio a Rummenigge e una campagna acquisti improntata sull’acquisto del talentino belga Vincenzino Scifo, che si rivelerà una cocente delusione, condannano l’Inter ad un amaro quinto posto. A far festa grande saranno i cugini rossoneri che con una grande rimonta sul Napoli consegnano a Silvio Berlusconi il primo scudetto della sua Presidenza.

Nonostante i risultati non siano quelli sperati, la dirigenza nerazzurra ha piena e totale fiducia nei confronti di Trapattoni, anche se qualche suo detrattore abbagliato dal nuovo calcio spettacolo praticato dal Milan di Sacchi inizia a parlare di declino del tecnico di Cusano Milanino, etichettando il suo calcio come vecchio e difensivo.
Ma il Trap che non è uomo da correre appresso alle sirene delle mode del momento, è certo che attraverso una campagna acquisti fatta di acquisti mirati, il suo gruppo possa di nuovo tornare ad essere competitivo per lo scudetto regalando ai tifosi nerazzurri le soddisfazioni che meritano. Nella sede storica di Corso Vittorio Emanuele, si siede a tavolino con il direttore sportivo e analizza come progettare la nuova Inter.
La prima idea che il duo partorisce è quella di svecchiare l’organico, cosa che passerà attraverso qualche inevitabile e dolorosa rinuncia. La prima di queste porta il nome di “Spillo” Altobelli, una delle bandiere del club che dopo undici campionati in maglia nerazzurra viene ceduto alla Juventus.
Il Trap, da attento osservatore del calcio internazionale si è innamorato di Rabah Madjer, talentuoso attaccante algerino del Porto soprannominato “il tacco di Allah”, grazie ad un gol di tacco segnato nella finale di Coppa Campioni del 1987 e spinge per acquistarlo proprio in sostituzione di Altobelli. Beltrami con un blitz a Oporto riesce a strapparlo alla concorrenza di altri grandi club europei. La doccia gelata per il tecnico e per la società arriva durante le visite mediche, che evidenziano problemi importanti ad un muscolo del bicipite femorale sinistro dell’attaccante nordafricano che sconsigliano il suo tesseramento. Bisogna individuare un’alternativa, ma non è cosa facile dal momento che a campagna acquisiti praticamente conclusa i migliori attaccanti sia italiani che stranieri sono già accasati. Trapattoni, con una delle intuizioni che lo hanno reso famoso, è convinto di poter “riciclare” un argentino dallo sguardo triste, il ventinovenne Ramon Diaz. 171 centimetri di altezza per 67 Kg di peso, Diaz è un attaccante che può giocare sia da centravanti che da seconda punta. Grande promessa dei primi anni ’80, vincitore di un titolo mondiale under 20 insieme a Diego Armando Maradona negli anni successivi non ha mantenuto pienamente quanto sembrava poter valere. Dall’anno ’82 gioca in Italia: una stagione nel Napoli segnando la miseria di 3 gol mentre qualcosa di meglio lo ha fatto vedere nelle tre stagioni ad Avellino mettendo complessivamente a segno 22 gol, giocando le ultime due stagioni nella Fiorentina raccogliendo complessivamente 17 reti in. Beltrami fidandosi dell’occhio attento del proprio tecnico riesce ad ottenere dai viola il prestito di un anno del puntero argentino che aggiungendo tecnica, velocità e imprevedibilità alla potenza e alle grandi doti aeree del compagno di reparto, formerà con Aldo Serena una delle copie gol meglio assortite dell’intero campionato.

La linea d’attacco è sistemata, ma al Trap manca ancora qualcosa ancora in difesa e a centrocampo per completare il suo mosaico. Il tecnico stravede per due giocatori tedeschi vicecampioni del mondo, il laterale sinistro Andy Brehme e il centrocampista Lothar Matthaus, “tuttocampista” sia possente che tecnico, grande lottatore e pure goleador. La Federazione italiana nel frattempo ha aperto al terzo straniero e quindi, oltre a Ramon Diaz, ci sarebbe posto per entrambi i teutonici ma per tesserarli si rende necessario liberare le due caselle ancora occupate da Scifo e Passarella. Il belga nell’ultima stagione si è rivelato un flop totale. Giocatore di classe ma piuttosto lento, pigro e con poca personalità è risultato non adatto al nostro campionato e al club nerazzurro non dispiace affatto disfarsene. Diversa la situazione di Passarella, dal momento che in casa Inter si nutre grande stima per il condottiero argentino, ma i nerazzurri hanno già in casa un giocatore che al Trap piace molto nel ruolo di libero, Andrea Mandorlini, ravennate di pochi fronzoli e tanta sostanza. E quindi, pur a malincuore, la società decide di sacrificare il libero sudamericano.

Dopo aver ceduto il regista belga al Bordeaux e rimandato Passarella al River Plate, la squadra che lo aveva reso famoso, Beltrami con una trattativa all’ultimo respiro con il Bayern Monaco riesce a mettere sotto contratto i due panzer tedeschi. La squadra che ha in mente il Trap è quasi fatta. Manca ancora un laterale destro e un giocatore in più in mezzo al campo. Il primo Trapattoni lo individua in Alessandro Bianchi, giovane ala destra proveniente dal Cesena che sa fare tutta la fascia mentre per il secondo, sta tenendo da qualche tempo sotto osservazione un giovane mediano - mezzala di nome Nicola Berti. Un ventunenne che partendo da Parma e transitando da Firenze sta guadagnandosi popolarità nel panorama nazionale con la nomea del “nuovo Tardelli” a suon di sgroppate a tutto campo e gol, e sarà proprio lui l’ultimo tassello mancante al centrocampo nerazzurro. Il Trap sa inoltre di poter contare su alcuni preziosi giocatori della panchina quali il fidatissimo Beppe Baresi, vero e proprio jolly di difesa e centrocampo, il venticinquenne Corrado Verdelli, elegante ed efficace libero e Pietro Fanna, giocatore universale dalla metà campo in su, a cui il Trap sa di poter affidare compiti sia da esterno di fascia destra che da seconda punta in caso di necessità. La squadra è stata costruita secondo l’idea di calcio di Trapattoni, e il tecnico è consapevole che in caso di fallimento non ci saranno alibi. Se le cose non andranno nel verso giusto, questa volta sarà lui a pagare.

L’87° edizione della nostra Serie A, quella del campionato 1988-1989, grazie alla possibilità di tesserare un terzo calciatore straniero, vede i club italiani in grande movimento in sede di campagna acquisti. Il Milan completa il trio “orange” affiancando il centrocampista Frank Rijkaard a Gullit e Van Basten andando a costituire il terzetto di calciatori stranieri più forti del campionato. Il Napoli rafforza l’asse centrale del campo con l’innesto di un mediano brasiliano tutto sostanza come Alemao che a livello di caratteristiche sembra più un tedesco che un sudamericano. A Torino sponda Juve la conduzione tecnica della squadra viene affidata alla bandiera del club Dino Zoff e le chiavi del gioco d’attacco a due trequartisti stranieri, il portoghese Rui Barros e il tanto osannato Aleksander Zavarov che, oltre ad essere il primo calciatore sovietico nella storia del campionato italiano, sta facendo meraviglie nella squadra dell’Armata Rossa guidata dal colonnello Valerij Lobanovskyj. Anche sulla sponda del Tevere le due squadre della capitale si sono rinforzate. I giallorossi acquistando dal Cesena il giovane promettente centravanti Ruggero Rizzitelli e i biancazzurri laziali l'uruguaiano Ruben Sosa, geniale e velocissima seconda punta.

Giovanni Trapattoni mette in campo la sua Inter con uno schieramento “all’italiana”. Difesa a quattro che prevede, oltre all’uomo ragno Walter Zenga tra i pali, lo “zio” Bergomi con il numero due sulle spalle nel ruolo di terzino destro. Bergomi è più marcatore che laterale di spinta, ed è il difensore a cui il Trap di norma affida la seconda punta delle squadre avversarie. Il suo alter ego a sinistra, meno marcatore di Bergomi ma con licenza di avanzare a centrocampo fino a spingersi a ridosso dell’area avversaria è il numero 3 Andy Brehme. Ventottenne terzino – mediano proveniente dal Bayern Monaco è un giocatore nel pieno della maturità fisica e tecnica. Calcia indifferentemente di destro e di sinistra e nello schieramento nerazzurro rappresenta una vera e propria ala aggiunta in fase di spinta pur garantendo una buona copertura sull’out di sinistra.
Completano il quartetto difensivo il roccioso stopper Riccardo Ferri, a cui Trapattoni consegna con asfissianti compiti di marcatura a uomo i centravanti delle squadre avversarie e Andrea Mandorlini, libero vecchia maniera, forte di testa e capace di coprire le spalle ai due marcatori Ferri e Bergomi senza disdegnare qualche buon rilancio in fase di disimpegno e di alleggerimento della manovra. Un reparto difensivo di primo livello, difficilmente valicabile che, con soltanto diciannove reti subite (miglior difesa del campionato), si rivelerà determinante nel risultato finale della squadra.

A centrocampo Trapattoni non può fare a meno del suo regista, quel Gianfranco Matteoli ex trequartista trasformato in uomo d’ordine proprio dal Trap, a cui il tecnico ha consegnato le chiavi del centrocampo. Il trottolino sardo lo ripaga come meglio non si potrebbe, offrendo alla squadra le sue geometrie e il suo gioco fatto di sostanza e semplicità, indispensabile per far rendere al meglio i “cingolati” che il “Giuan” ha gli ha collocato ai fianchi. Le due mezze ali Trapattoni, Nicola Berti e Lothar Matthaus sono infatti due giocatori atipici e piuttosto “anarchici” a livello tattico. Il primo è un centrocampista tutto corsa e dinamismo, in grado di regalare con le sue sgroppate al centrocampo dei nerazzurri una ventata di freschezza, dinamismo e gol. Indimenticabile il suo gol, segnato proprio in quella stagione, in terra tedesca al Bayern Monaco, dove dopo aver rubato palla nella propria metà campo innesca un contropiede che lo vede percorrere tutto il campo prima di depositare il pallone alle spalle del portierone teutonico Aumann. Il secondo, Lothar Matthaus è il capitano della nazionale tedesca e come Brehme proviene dal Bayer Monaco con cui ha conquistato tre Bundesliga, una Coppa e una Supercoppa di Germania. Calciatore di grande personalità e carisma, fisicamente fortissimo e anch’esso dotato di grande dinamismo, è giocatore “coast to coast”, capace di spaccare le partite muoversi tra difesa e attacco seguendo più la propria fantasia che la tattica dettata dal proprio allenatore. E’ inoltre dotato di notevoli capacità balistiche grazie ad una potenza di tiro impressionante che lo rendono uno dei centrocampisti più prolifici a livello internazionale.
Oltre a Matteoli, disciplinato soldatino di centrocampo, al Trap serve un altro equilibratore di gioco per compensare l’anarchia delle due mezzali, e questo acume tattico lo trova in Alessandro Bianchi. Ala destra proveniente dal Cesena, Bianchi in quell’Inter recita alla perfezione i compiti che venivano affidati al numero sette dell’epoca, il “tornante”. Un giocatore che doveva possedere doti di rapidità, dribbling, tecnica, capacità di crossare, senza però dimenticare i rientri in fase difensiva fino alla propria area di rigore per dare una mano al terzino destro che spesso si accentrava per seguire l’ala sinistra avversaria.
In avanti il centravanti titolare è Aldo Serena, un granatiere di 183 centimetri di Montebelluna che non arriva da una grande stagione nella quale ha segnato appena sei gol in ventinove presenze. Al Trap però Serena piace, ed è convinto che mettendogli al fianco una seconda punta con determinate caratteristiche, possa rappresentare una risorsa fondamentale per l’Inter. E il tecnico milanese non sbaglia dal momento che Serena, con a fianco Ramon Diaz, metterà a segno la bellezza di ventidue reti in trentatré partite, laureandosi capocannoniere della nostra serie A.

Il campionato inizia piuttosto tardi, il 9 ottobre, dal momento che l’estate appena terminata ha visto la partecipazione della nostra squadra nazionale alle Olimpiadi di Seul. Ai nastri di partenza si presentano ben diciotto squadre dopo che per oltre vent’anni la nostra serie A aveva visto al via sedici team. I favori del pronostico si dividono fra il Napoli di Maradona, Careca e Carnevale e il Milan degli olandesi, squadra campione uscente, ma i nerazzurri iniziano fortissimo, aggiudicandosi 8 delle prime 9 gare, compreso l’attesissimo derby della Madonnina. Le altre squadre via, via che passano le giornate perdono contatto, tranne il Napoli di Bianchi che sembra possa essere l’unica ad avere la forza di tenere il passo dei nerazzurri. Milanesi che a suon di vittorie grazie e grazie ad un gioco spumeggiante ed efficiente, diventano campioni d’inverno con una giornata d’anticipo rispetto alla fine del girone d’andata. Chi si aspetta un fisiologico calo di Zenga e soci rimane deluso dal momento che anche nel girone di ritorno il copione rimane immutato con gli uomini del Trap vittoriosi nelle prime otto gare. Inter che mette il sigillo finale al suo dominio vincendo per 2-1 lo scontro diretto con Maradona e compagni, giocato a fine maggio a San Siro, grazie ad una punizione di uno dei suoi uomini simbolo, il tedesco Lothar Matthaus, laureandosi matematicamente campione d’Italia per la tredicesima volta.

Quello scudetto entrerà nella storia del calcio come “lo scudetto dei record”, sia grazie ai 58 punti sui 68 disponibili, cosa mai più riuscita a nessuno nell'era dei 2 punti a vittoria, che al primato conquistato dal proprio allenatore Giovanni Trapattoni detto il “Trap”, il tecnico più vincente della storia della storia del calcio italiano, grazie ai sette scudetti conquistati, sei con la Juventus oltre a quest’ultimo.

L’Inter del Trap è già leggenda!