L’Italia del 1980 è un paese ferito e insanguinato.
Il 6 gennaio a Palermo viene ucciso dalla mafia il Presidente democristiano della Regione Siciliana Piersanti Mattarella e poco più di un mese dopo a Roma, il vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura Vittorio Bachelet, viene colpito a morte dalle Brigate Rosse. Passano solo tre mesi e a Milano, in un attentato terroristico di matrice brigatista perde la vita il giornalista del Corriere della Sera Walter Tobagi. Milano, Roma, Palermo: la colonna vertebrale dell’Italia è messa a dura prova da questi drammatici eventi.

Il mondo del calcio è lo specchio del paese e quindi anch’esso non se la passa particolarmente bene.
Il 1° marzo di quell’anno un fruttivendolo romano, tale Massimo Cruciani, si reca in Procura della Repubblica a Roma e denuncia una frode nei suoi confronti. Cruciani rifornisce da anni alcuni ristoranti della capitale e il titolare di uno di questi lo avvicina proponendogli un “affare”. Il ristoratore in questione si chiama Alvaro Trinca, ha le mani in pasta nel mondo del calcio e conosce alcuni giocatori della Lazio che combinano partite della nostra serie A. Dice al Cruciani che “investendo” in quel campo, può esserci un vero business, altro che spaccarsi la schiena vendendo frutta al mercato. Cruciani decide di dar credito al Trinca e punta sull’affare. Tanti soldi, si parla di oltre cento milioni di lire. Le cose però, non vanno come da programma.
Cruciani ci rimette un sacco di soldi e quando fiuta l’imbroglio ai suoi danni va in procura a denunciare quel mondo di scommesse clandestine che prenderà il nome di Totonero. Vengono coinvolti giocatori, dirigenti e società di Serie A e B, tra cui gli attaccanti della nazionale, Bruno Giordano e Paolo Rossi, due dei nomi più illustri dell'inchiesta.
Il 23 marzo 1980 si gioca la 24° giornata di serie A e la 27° di serie B. A fronte della denuncia di Cruciani e Trinca e dopo le indagini del caso, i magistrati decidono di intervenire. Gli italiani che accendono la televisione per godersi la famosa trasmissione calcistica 90° minuto magistralmente condotta dal mai dimenticato Paolo valenti, anziché gustarsi i gol dei propri beniamini vedono macchine e furgoni di Polizia e Guardia di Finanza parcheggiate all’interno degli stadi per tramutare in arresti con tanto di manette al termine delle partite le ordinanze di custodia emesse dai magistrati. Le manette vengono messe a Stefano Pellegrini dell'Avellino, Sergio Girardi del Genoa, Massimo Cacciatori, Bruno Giordano, Lionello Manfredonia e Giuseppe Wilson della Lazio, Claudio Merlo del Lecce, Enrico Albertosi e Giorgio Morini del Milan, Guido Magherini del Palermo, Gianfranco Casarsa, Mauro Della Martira e Luciano Zecchini del Perugia. Ricevono invece Ordini di comparizione Giuseppe Dossena e Giuseppe Savoldi del Bologna, Oscar Damiani del Napoli, e Paolo Rossi che è accusato d'aver combinato con suo Perugia il pareggio dell'incontro con gli irpini dell’Avellino-Perugia, giocato il 30 dicembre 1979 e finito 2-2. Il mondo del calcio e dello sport in generale è sconvolto e il presidente federale Artemio Franchi, che oltre a dirigere la nostra Federazione è anche presidente dell'UEFA, è costretto a rassegnare le proprie dimissioni.

Quel campionato si concluderà l’undici maggio con l’Inter di Eugenio Bersellini campione d’Italia per la dodicesima volta nella sua storia. Esattamente un mese dopo è previsto il calcio d’inizio dei campionati europei di calcio, che vede l’Italia come paese organizzatore. Il pessimo clima che si respira nel paese e il momento specifico del calcio italiano non rappresentano certamente le condizioni più floride per affrontare nel migliore dei modi una manifestazione di tale livello. L’unica nota positiva è rappresentata dalla nostra nazionale che due anni prima, nel mondiale di Argentina ’78, ha fatto innamorare il pubblico italiano mettendo in mostra un gioco divertente e redditizio allo stesso tempo. Nelle alte sfere della politica sportiva italiana c’è anche chi pensa di rinunciare all’organizzazione del torneo continentale, ma la cosa non è percorribile, manca troppo poco tempo al fischio d’inizio della prima partita. Si va quindi avanti per la strada già tracciata, anche se il disamoramento del pubblico, “schifato” dagli scandali emersi solo pochi mesi prima, porterà pochissimo pubblico negli stadi e tante partite si disputeranno a tribune mezze vuote.

Non è la prima volta che ospitiamo un campionato d’Europa in Italia. L’avevamo già organizzato nel 1968 quando sulla panchina azzurra sedeva Ferruccio Valcareggi. E quell’edizione l’avevamo pure vinta, battendo in finale la Jugoslavia per due reti a zero con i gol di due straordinari campioni, Gigi Riva e Pietro Anastasi. Per la prima volta nella storia del calcio, la nazione che organizza il torneo viene ammessa d’ufficio alla fase finale, e questo evita agli azzurri guidati in panchina da Enzo Bearzot di passare attraverso i gironi di qualificazione. Un percorso molto comodo ma che obbliga gli azzurri a due anni di sole amichevoli, togliendo alla squadra gli stimoli agonistici delle partite che contano. Le sedi scelte dalla nostra Federazione per ospitare le otto squadre ammesse alla fase finale della manifestazione sono quattro: Roma, Milano, Napoli, Torino. Le squadre vengono divise in due gironi. Nel primo, girone A, ci sono la Germania Ovest, la Cecoslovacchia, l’Olanda e la Grecia. Nel girone B, oltre ai nostri portacolori ci sono le nazionali di Belgio, Inghilterra e Spagna

Nel gruppo A, la Cecoslovacchia del nuovo C.T. Josef Venglos è la squadra campione uscente. E’ cambiata molto rispetto a quella di quattro anni precedenti. Non c’è più l’eroe del 1976 in Jugoslavia, quell’Ivo Viktor che nella finale di quel campionato d’Europa, neutralizzando il quarto rigore, calciato del tedesco Uli Hoenes, consentì alla propria nazionale di portare a casa il trofeo continentale. E’ però riuscita a mantenere intatta la sua prima linea, formata da Zdenek Nehoda e Antonín Panenka, esperta e pericolosa coppia d’attacco.

Anche la Germania Ovest nel frattempo ha cambiato guida tecnica. Helmut Schoen, tecnico campione d’Europa 1972 e soprattutto Campione del Mondo a Germania 1974, ha ceduto il testimone al suo assistente, il fido Jupp Derwall. Il nuovo C.T. ha profondamente rinnovato il gruppo, “pensionando” grandi campioni quali Maier, Beckenbauer, Overath, Netzer, Gerd Mueller e inserendo di riflesso un cospicuo numero di giovani talenti che si sono segnalati nel campionato tedesco. Jupp si presenta quindi a questo Europeo con una rosa si giovane, ma di grande spessore e qualità. Tra i pali ha lo spettacolare Harald Schumacher del Colonia, genio e sregolatezza, un portiere a cui, nelle giornate di grazia, è praticamente impossibile segnare. Una difesa d’acciaio con i due fratelli, nonché arcigni marcatori K.H. Förster e B. Förster dello Stoccarda, il grintoso ed elegante libero del Real Madrid Uli Stielike, uno dei leader del gruppo tedesco, il terzino destro dell’Amburgo Manfred Kaltz, specialista nei cross dalla linea di fondo, il “maoista” Paul Breitner, che già faceva parte della vecchia generazione di campioni e Hans Peter Briegel, fluidificante di fascia sinistra e all’occorrenza mediano di centrocampo, dotato di una potenza fisica disarmante.
I tedeschi dispongono anche di un centrocampo di prim’ordine, con uomini che abbinano classe a dinamismo e sostanza. Hanno un ventiduenne biondissimo, Bernd Schuster, talento emergente del Colonia. Elegante e talentuoso ma allo stesso tempo irrequieto e burrascoso a livello caratteriale, il tedesco risulterà uno dei principali protagonisti della rassegna continentale, mettendo in mostra prestazioni che lo porteranno a vestite la maglia del Barcellona, dove giocherà otto stagioni, collezionando 170 presenze e 78 gol. Hansi Müller, ventitreenne dello Stoccarda, mezzala di fantasia e classe, due centrocampisti d’esperienza i ventottenni Rainer Bonhof, specialista di calci di punizione potentissimi e Felix Magath, mezzala che i tifosi juventini ricordano bene, quale autore del gol con cui nella stagione 82-83 regalò la Coppa dei Campioni al suo Amburgo nella finale di Atene disputata proprio contro i bianconeri di Trapattoni e Platini. Della rosa teutonica fa parte anche un diciannovenne di cui in Germania si parla un gran bene.
Si chiama Lothar Matthaus e di lui negli anni successivi sentiremo parlare, eccome. Anche in attacco i tedeschi non scherzano, potendo contare su tre calciatori di primo livello mondiale. Karl-Heinz Rummenigge, uno degli attaccanti più completi al mondo, Horst Hrubesch 188 centimetri e 90 chili di potenza dell’Amburgo, imbattibile sulle palle alte, e Klaus Allofs, mancino, velocissimo esterno d’attacco. Non è un caso che la Germania si presenti a queste finali imbattuta da quindici incontri.

L’Olanda è presente alla manifestazione con una squadra qualitativamente molto distante dallo storico gruppo zeppo di fuoriclasse che aveva stupito il mondo ai mondiali di Germania ’74 e Argentina ’78. E’ guidata in campo da Rud Krol, l’elegantissimo ex terzino sinistro diventato libero di grande classe e visione di gioco che a metà degli anni ’80 sarà a Napoli e ha in rosa alcuni buoni giocatori. Ernie Brandts, roccioso difensore centrale, Van de Korput, stopper che vestirà poi la maglia granata del Torino, il buon terzino Hovenkamp, gli esperti e già nazionali da tempo Renè Van de Kerkhof, veloce attaccante, Willy Van de Kerkhof centrocampista tuttofare, Arie Haan, trentaduenne centrocampista di destra e soprattutto Johnny Rep, 29 anni, fenomenale ala destra scuola Ajax. Chiude il gruppo la Cenerentola Grecia, per cui è già un risultato straordinario essere arrivata tra le otto finaliste.

Nel girone B, ci sono i nostri azzurri, guidati da Enzo Bearzot. La squadra viene dal grande mondiale disputato solo due anni prima in Argentina dove, pur classificandosi al quarto posto, ha battuto i padroni di casa poi campioni del mondo, ma soprattutto ha proposto un gioco altamente divertente e spettacolare, mettendo in mostra giovani talenti come Antonio Cabrini, terzino d’attacco spumeggiante, Marco Tardelli, mezzala moderna, “coast to coast”, e Paolo Rossi, che diventerà uno dei più grandi centravanti della storia del calcio mondiale. Gli azzurri però, in questo europeo, devono fare a meno proprio di Paolo Rossi, squalificato per il calcio scommesse, così come dell’astro nascente del calcio italiano Bruno Giordano, centravanti di classe sopraffina anch’esso bloccato dalla giustizia sportiva. La rosa scelta dal nostro selezionatore è composta dai portieri Zoff, Bordon e Giovanni Galli, dai difensori Franco Baresi, Giuseppe Baresi, Bellugi, Cabrini, Collovati, Gentile, Maldera, Scirea, dai centrocampisti Antognoni, Benetti, Buriani, Oriali, Tardelli, Zaccarelli, e dagli attaccanti Altobelli, Bettega, Causio, Graziani e Pruzzo. Bearzot non è allenatore da turn-over. Ama individuare undici titolari, due – tre fidate riserve , e la squadra è fatta. E per quell’europeo il “vecio” ha scelto di puntare su Zoff tra i pali, Gentile, Cabrini, Collovati e Scirea in difesa, Causio ala destra, Benetti (o Oriali), Tardelli e Antognoni a centrocampo e Graziani – Bettega coppia d’attacco.

I rivali del girone sono l’Inghilterra di Greenwood, il Belgio e la Spagna. Gli inglesi hanno una buona squadra. Possono schierare alternativamente due grandi portieri, Ray Clemence e Peter Shilton, che raccolgono l’eredità di uno dei più grandi numeri uno di tutti i tempi, Gordon Banks. In difesa hanno due terzini capaci sia a difendere che ad attaccare, Phil Neal, terzino destro del Liverpool Mick Mills, terzino dell'Ipswich Town che sarà poi capitano della nazionale ai mondiali di Spagna ’82, e due centrali rocciosi come Watson e Thompson. A centrocampo schierano Ray Wilkins, regista classico di grande tecnica e visione di gioco, capace di grandi lanci millimetrici di oltre cinquanta metri, Trevor Brooking, centrocampista di corsa e sostanza e McDermott centrocampista con caratteristiche offensive che sta facendo cose importanti nel Liverpool. Anche dalla trequarti in su gli inglesi hanno ottimi giocatori. Glenn Hoddle, fantasista del Tottenham, considerato uno dei migliori centrocampisti inglesi degli anni Settanta e Ottanta è giocatore dotato di grande controllo di palla e uomo assist eccezionale. Tony Woodcock, attaccante del Nottingham Forest di Brian Clough, Paul Mariner, classico centravanti inglese dell’Ipswich Town, forte di testa e abilissimo nel far salire la squadra e fare da sponda per l’inserimento dei centrocampisti e soprattutto Kevin Keegan, capitano della nazionale, ala destra icona del calcio inglese. 173 centimetri di grande tecnica, eleganza, fantasia, velocità, dribbling.

Il Belgio di Guy This a causa di un brutto infortunio di gioco patito qualche mese prima, deve rinunciare al suo giocatore più forte, Ludo Coeck, mezzala di grande classe che sarà poi all’Inter e all’Ascoli a metà degli anni ’80. Ha a disposizione un gruppo giovane dove i punti di forza sono il terzino Gerets, Renquin, Vandereycken, Van der Elst, Vandenbergh, i portieri Pfaff e Preud’Homme e il giovane Jan Ceulemans, aitante centravanti del Bruges che nell’estate del 1981 sarà protagonista di un’incredibile vicenda di mercato con protagonista il Milan. La società meneghina punta forte su di lui. Trova un primo accordo economico e il giocatore firma un contratto preliminare. Il belga arriva a Milano per le viste mediche e tutto sembra filare liscio, ma solo ventiquattro ore dopo il biondo attaccante telefona a Milano per annullare il suo trasferimento. I rumors parlano insistentemente di una decisione presa dalla madre del giocatore scontenta di averlo lontano da casa. Il Milan, una volta smaltita la delusione, dovrò “ripiegare” su un bomber scozzese del Manchester United, Joe Jordan, che grazie alla sua generosità diventerà un idolo della curva rossonera. Classico centravanti all’”inglese”, fortissimo di testa, rude e totalmente privo di paura al punto da lasciare sul campo da gioco i denti incisivi nei violenti contrasti con i brutali difensori inglesi. Da qui il soprannome di “squalo”. Quarta squadra del girone è la nazionale iberica, guidata da un commissario tecnico ungherese di origine slovacca, Laszlo Kubala. Ex calciatore per un decennio del Barcellona, da dieci anni ricopre il ruolo di tecnico delle furie rosse ed è molto criticato in patria. La squadra ha qualche buon giocatore sia in difesa che a centrocampo come il portiere Arconada, il difensore Alexanko, l’ala Carrasco, il compassato centrocampista di contenimento Vincente Del Bosque, che negli anni duemila sarà poi C.T. di una grande Spagna. Anche in attacco gli spagnoli non se la passano male potendo schierare un centravanti di valore internazionale come Carlos Alonso Gonazlez, più noto come Santillana, grande colpitore di testa, ma soprattutto Juan Gómez González, detto Juanito, funambolico attaccante del Real Madrid, considerato il miglior giocatore spagnolo del momento. Pur con queste buone individualità la Spagna fatica a schierare un undici di spessore e pare riflettere il momento non proprio esaltante per il calcio spagnolo in generale dal momento che in quegli anni anche Barcellona e Real Madrid, le due società di punta spagnole, non stanno raccogliendo grandi risultati.

L’undici giugno alle 17,45, agli ordini dell’arbitro italiano Alberto Michelotti si incomincia. Stadio Olimpico di Roma. I campioni uscenti della Cecoslovacchia sfidano la Germania Ovest nella rivincita della finale di quattro anni prima.
La Cecoslovacchia scende in campo con Netolicka, Barmos, Ondrus, Jurkemik, Gögh, Kozák, Stambachr, Panenka, Vízek, Nehoda, Gajdusek e i tedeschi rispondono con Schumacher, Kaltz, Cullmann, K.H.Förster, Dietz, B.Förster, Stielike, Briegel, H.Müller, K.H.Rummenigge, K.Allofs.
La Germania vince, pur senza brillare, con un gol della sua stella Rummenigge al 57° minuto al termine di una partita scialba e deludente in cui si intuisce che la Cecoslovacchia non è più nemmeno lontana parente della squadra tecnica e spumeggiante di quattro anni prima. Un'Olanda piuttosto modesta batte di misura la Grecia per 1-0 su calcio di rigore realizzato da Kist, e quindi la partita decisiva del girone diventa Germania Ovest – Olanda. La partita si gioca il 14 giugno al San Paolo di Napoli e non ha storia.
I tedeschi dominano portandosi in vantaggio per 3-0 con una con una tripletta dell’ala sinistra Klaus Allofs. Negli ultimi dieci minuti di gioco i tulipani segnano due gol, ma non riescono a ribaltare la partita saldamente nelle mani degli uomini di Jupp Derwal. La Germania per arrivare prima nel girone e conquistarsi uno dei due posti della finalissima di Roma ha bisogno solo di un punto contro la cenerentola Grecia, punto che regolarmente ottiene senza sudare più di tanto al termine di un poco spettacolare 0-0. Seconda nel girone arriva la Cecoslovacchia grazie alla miglior differenza reti rispetto all’Olanda. I cechi battono per 3-1 i greci e al pareggiano 1-1 con gli orange, con il vecchio Nehoda sempre sugli scudi, autore della rete che consente alla propria nazionale di arrivare alla piazza d’onore.

Nel gruppo B alle 20,30 di un 12 giugno caldo e afoso a Milano fa il proprio esordio la nostra nazionale contro la Spagna.
San Siro non risponde al massimo. Sono infatti soltanto 48.000 gli spettatori che assistono alla partita. Il C.T. Enzo Bearzot schiera Zoff tra i pali e una difesa composta da Gentile terzino destro, Cabrini terzino sinistro con compiti prettamente offensivi, Fulvio Collovati libero, e l’elegantissimo Gaetano Scirea nel ruolo di regista difensivo. Il centrocampo è un mix tra la classe del “barone” Franco Causio schierato nel ruolo di ala destra, il dinamismo e la corsa di Tardelli e Oriali e le geometrie di Giancarlo Antognoni, idolo incontrastato dei tifosi viola. La coppia d’attacco è formata da Ciccio Graziani e da Roberto Bettega. Sulla carta abbiamo un’ottima squadra ma il livello di gioco degli azzurri è di gran lunga inferiore a quello che aveva fatto divertire e sognare i tifosi italiani soltanto due anni prima al mondiale argentino. La squadra dà l’impressione di essere a corto di energia, con poche idee e offre un gioco lento, scontato, con pochissimo movimento senza palla. Ed infatti, non andiamo oltre ad uno striminzito pareggio a reti inviolate.

Nell'altro incontro del girone, quello che si disputa a Torino, anche Inghilterra e Belgio pareggiano per 1-1. Qui addirittura sono solo 15.000 gli spettatori che assistono alla partita sugli spalti del vecchio Stadio Comunale, a causa soprattutto della pessima fama dei tifosi inglesi, i terribili Hooligans, che con la violenza del loro tifo terrorizzano il pubblico tenendolo lontano dallo stadio.

Il 15 giugno, nelle partite della seconda giornata il Belgio supera la Spagna per 2-1 e lo stesso giorno, alle 20,30 l’Italia affronta la nazionale inglese in una partita molto attesa. La gara non tradisce le aspettative. Dura, veloce, combattuta, con continui capovolgimenti di fronte. La nostra nazionale si schiera con Zoff, Gentile, Tardelli, Benetti, Collovati, Scirea, Causio, Oriali, Graziani, Antognoni e Bettega. Riusciamo a prevalere per 1-0 grazie ad un meraviglioso gol messo a segno da Marco Tardelli, al 79° minuto. Al termine della seconda giornata, anche grazie a quella vittoria, ci troviamo al primo posto in classifica appaiati al Belgio.
A quel punto la terza giornata diventa decisiva. Affrontiamo proprio “diavoli rossi” e siamo padroni del nostro destino anche se ai belgi, grazie alla miglior differenza reti, basta un pareggio per passare il turno come primi. Abbiamo quindi a disposizione un solo risultato: vincere. Si gioca alle 20,30 del 18 giugno in un Olimpico di Roma riempito da 42.000 caldissimi spettatori. Squadra che vince non si cambia, è l’idea di Bearzot, che ripresenta gli stessi undici che poche ore prima hanno battuto l’Inghilterra. Il Belgio risponde con Pfaff, Gerets, Renquin, Vandereycken, Millecamps, Meeuws, Van der Elst, Van Moer, Mommens, Cools, Ceulemans.
Il tema tattico della partita è abbastanza scontato. Noi attacchiamo e il Belgio si difende. Si intuisce subito che ci troviamo di fronte a un duplice problema. il primo è di origine culturale. La scuola italiana prevede un’ impostazione tattica delle partite basata su difesa e contropiede. Siamo bravissimi quando possiamo difenderci e colpire di rimessa ma lo siamo molto meno quando dobbiamo fare noi la partita. Proviamo quindi ad impostare la gara al nostro modo, ma Guy This è tecnico furbo, e il Belgio non ci attacca. Ci aspetta. Rimane arroccato nella sua metà campo, e il gioco langue. Siamo quindi costretti a prendere in mano le redini del gioco, a guadagnare campo, ma un po’ per la nostra desuetudine nel farlo e un po’ a causa della perfetta e spietata tattica del fuorigioco che i belgi mettono in atto creando un vero e proprio muro davanti alla propria area di rigore, la partita rimane bloccata. La nostra squadra ce la mette tutta. L’impegno non manca ma il gioco è poco fluido, lento, prevedibile, e non riusciamo a sabotare la linea difensiva della squadra belga. I novanta minuti si chiudono con un infelice e doloroso 0-0-che manda i belgi in finale e la nostra squadra a Napoli, a giocarsi la finalina per il terzo e quarto posto contro la Cecoslovacchia.

La “finalina” è in programma la sera del 21 giugno e in un San Paolo desolatamente mezzo vuoto (saranno solo 24.000 gli spettatori sugli spalti). Gli azzurri scendono in campo con la seguente formazione: Zoff, Gentile, Cabrini, Beppe Baresi, Collovati, Scirea, Causio, Tardelli, Graziani, Altobelli, Bettega. Partiamo male e andiamo sotto di una rete. Pur non giocando bene al 73° minuto riusciamo a riacciuffare i cechi grazie ad un gol di Ciccio Graziani. Si va quindi ai tempi supplementari e poi ai calci di rigore, dove a prevalere è la Cecoslovacchia a causa di un errore del nostro stopper Fulvio Collovati al nono penalty calciato.

La finale per il primo e secondo posto è prevista alle 20,30 del 22 giugno tra Germania Ovest e Belgio. La Germania schiera Schumacher, Kaltz, K.H.Förster, Stielike, Dietz, Briegel, Schuster, H.Müller, K.H.Rummenigge, Hrubesch, K.Allofs. I tedeschi, nelle gare del girone, pur non entusiasmando, hanno messo in mostra una squadra piuttosto solida e quadrata. Difesa arcigna, con la coppia centrale K.H.Förster e Stielike sugli scudi, un centrocampo molto ben assortito con la gamba di Briegel, la classe di Schuster e la fantasia di Hansi Müller e soprattutto un grandissimo attacco a “tre” composto da grandi goleador come Rummenigge, Hrubesch, e Allofs. Il Belgio risponde con Pfaff, Gerets, L.Millecamps, Meeuws, Renquin, Cools, Vandereycken, Van Moer, Mommens, Van der Elst, Ceulemans. La partita si sblocca al 10° minuto quando Hrubesch portando in vantaggio la Germania illude i tedeschi di essere di fronte ad una passeggiata. Non sarà così perché i belgi, attraverso la loro ragnatela fatta di possesso palla e fuorigioco mandano letteralmente fuori giri i più forti avversari riuscendo addirittura a pareggiare i conti al 75° con un rigore del centrocampista Vandereycken che sarà poi per due stagioni, dal 1981 al 1983, al Genoa. Ma quando tutto sembra avviare l’incontro verso i tempi supplementari, all’ottantottesimo minuto Horst Hrubesch sigla il gol che consegna la coppa alla forte nazionale tedesca.

La nazionale di Jupp Derwall festeggia il titolo continentale mentre i nostri azzurri devono spiegare la cocente delusione, non solo per non aver vinto la manifestazione, ma per non essere neppure arrivata a giocarsi la finale.
Il nostro C.T. Bearzot è sotto attacco e da più parti vengono chieste le sue dimissioni, sommerso dalle critiche della stampa specializzata che lo accusa di immobilismo, di scelte poco oculate nella convocazione dei calciatori e di aver portato all’Europeo una squadra priva di idee, senza estro e soprattutto spuntata in prima linea. Soltanto due anni dividono la delusione di quell’europeo dal mondiale di Spagna ‘82, ma quella, sarà tutta un’altra storia.