La notizia è passata in sordina ma in realtà potrebbe avere delle ricadute molto importanti per il calcio europeo: i vertici del calcio belga hanno dato l’ok alla formulazione di un nuovo campionato che preveda la fusione tra il proprio torneo nazionale, denominato Jupiter League, e quello olandese, la probabilmente più nota Eredivisie. Di questa possibilità se ne parla da diverso tempo, con un solo obiettivo: cercare di emergere e divenire una lega più attrattiva per investitori e appassionati.
Ovviamente, all’idea si sono levati gli scudi di chi aborra totalmente la sola possibile bozza di quella che quasi si potrebbe definire una Superlega, sebbene su una base territoriale molto più limitata.

Chi scrive non concepirà mai questa idea di voler riportare un modello sportivo in uso in molti sport di squadra nord-americani alla tradizione europea. Non esiste il migliore o il peggiore, ma, più semplicemente, sono due concetti di competizione diametralmente opposti che non possono essere reciprocamente contaminati, in quanto si perderebbero i tratti distintivi dell’uno o dell’altro modello.
Se, dunque, una Superlega a livello continentale, soprattutto per come è strutturata nelle intenzioni di chi prenderà le decisioni, troverà sempre il mio personale (e insignificante, sia ben chiaro) sfavore, non posso che accogliere con maggior soddisfazione e curiosità questa idea. Andiamo con ordine.

-BeNe League: perché piacerà
Gli scettici di questa nuova possibilità partono da un assunto: i campionati nazionali sono sacri. E io, da amente del calcio, non posso che concordare. Il fascino della coppa è unico e inimitabile, ma quello che si prova a vivere con costanza ogni domenica (purtroppo ormai ogni sabato, lunedì e persino venerdì alle 15, ma questo è un altro discorso…) di certo non può che definirsi speciale. Un qualcosa con cui ci si nasce e che ci si augura possa durare senza essere snaturato più di quanto non lo sia già. Oltre al formato, ciò che per cui si storce il naso è legato all’aspetto più campanilistico: con la nuova lega, non ci sarà più il campione del Belgio o dei Paesi Bassi, bensì un campione di una nuova realtà che non coincide con un territorio nazionale definito. Ora, in teoria sarei assolutamente d’accordo, ma in questo caso riesco ad avere una maggiore apertura. E i motivi sono presto detti.

A livello geografico, i due Stati sono limitrofi e coprono un’area assolutamente agevole e percorribile. Inoltre, mettendo insieme le squadre appartenenti alle rispettive prime divisioni, verrebbe fuori un campionato che potrebbe diventare molto più interessante rispetto ai singoli tornei attuali. Ed è questo il nocciolo della questione: la Superlega deve avere un senso tecnico ed economico senz’altro, ma è anche doveroso che sia accattivante, altrimenti non ha più motivo di esistere. Per intenderci: i grandi confronti tra le big europee sono esaltanti perché non sono molto frequenti, ma questo discorso vale solo per i club blasonati. In caso di squadre sicuramente dignitose ma non storicamente fenomenali, ecco che in quel caso un correttivo potrebbe rappresentare un beneficio non indifferente. Ecco perché la BeNe League funzionerà: mettere insieme Ajax, PSV, Feyenoord, AZ Alkmaar, Utrecht, Heerenveen, Twente e Vitesse con Anderlecht, Club Bruges, Genk, Gent, Standard Liegi, Charleroi e Mechelen risulta sicuramente molto più intrigante di due blocchi separati. Stiamo parlando di club assolutamente rilevanti, ma senza esagerare. Tolto l’Ajax, che ha avuto il suo massimo splendore negli anni ’70, e altri club che hanno avuto dei sussulti internazionali (PSV, Feyenoord, Mechelen e Anderlecht), le altre sono delle ottime compagini ma non fanno certamente parte dell’élite.  Insomma, raggiungeremmo un buon equilibrio, e non come la fantomatica proposta che vorrebbe 20 club al top affrontarsi in un girone unico con una graduatoria fantasiosa.
Anche perché, e torniamo all’aspetto della tradizione, un conto è decretare il campione europeo, un altro è determinare chi sia il campione di un torneo che vede territori accomunati da diversi elementi. Insomma, per farla breve, un tifoso belga o olandese sentirebbe ugualmente il pathos, perché stiamo parlando di Nazioni che hanno molti tratti comuni. Se invece si creasse un campionato italo-tedesco-anglo-franco-iberico, questo non avrebbe mai lo stesso sapore.

E io non mi fermerei qui!
Proprio in virtù di quanto espresso poc’anzi, personalmente procederei nella direzione di ridurre i campionati europei, accorpando più territori possibili. Un esempio? Il campionato scandinavo: mettere insieme Norvegia, Finlandia, Svezia e Danimarca potrebbe permettere un salto di qualità ad un territorio che avrebbe delle potenzialità importanti, ma che deve far fronte comune se vuole competere con dei campionati di altro livello. Stesso dicasi per il campionato baltico e via discorrendo. Vista l’inevitabile corsa al futuro, ormai sempre più protesa allo spettacolo, una soluzione potrebbe appunto essere questa: la UEFA dovrebbe avere molti meno campionati nazionali, ma strutturati in modo tale da mantenere inalterati gli stimoli e innalzare la competitività. Con un assetto diverso, si potrebbe anche scongiurare la temutissima Superlega, con meno posti dispersi nei campionati minori, ma dando maggiori certezze alle nuove leghe.

- MaLe League? No, dobbiamo innovare per salvare il calcio!
Personalmente cerco sempre di vedere cosa di bello si può trarre da una situazione.
Evidente che, fosse per me, manterrei i campionati nazionali così come sono (riducendo il numero di partecipanti e aumentando le retrocessioni), le coppe internazionali con il formato attuale (anzi, farei anche qualche passo indietro) e via discorrendo. Bisogna però rendersi conto che la linea tracciata è ormai abbastanza chiara ed è necessario essere realisti. Per quanto mi riguarda, il nuovo formato della Champions League di cui si è parlato è un’autentica barzelletta, e l’unico modo per impedire che si distrugga definitivamente il prodotto calcio dal punto di vista dell’affetto del suo pubblico più affezionato è quello di trovare soluzioni che siano innovative ma che abbraccino coerenza e spirito di sana competizione. Purtroppo, nulla potrà essere come il calcio degli anni ’90, i primi che personalmente ho vissuto. No, non vuole essere nostalgia (che non tollero), ma obiettivamente ritornare a quei fasti sembra oramai impossibile. Per carità, la Champions League è spettacolare ed è qualcosa che a livello estetico rappresenta il massimo possibile, ma se pensiamo alla Coppa delle Coppe, alla Coppa UEFA, alle domeniche vere, quelle che rappresentavano la sacralità di questo sport…ecco che tutte le brillanti intuizioni che si mettono sul tavolo assumono tutte un sapore indigesto. L’unica battaglia che gli amanti di questo tipo di calcio possono portare avanti è quella di evitare che si arrivi ad una Superlega esclusiva che metta fine ai campionati nazionali così per come li conosciamo e soprattutto al merito. E se proprio si deve arrivare, che si faccia facendo in modo che possano impattare il meno possibile sull’entusiasmo di chi segue con passione questa disciplina, ricordando che i ragazzi giovani sono molto meno affascinati rispetto già solo a dieci anni fa. E questo è un segnale che i vertici non hanno ancora stato ben colto…

Perciò, benvenuta BeNe League, e che sia solo un passo verso un futuro che possa rilanciare un movimento che necessita come il pane di rinnovarsi ma non di snaturarsi: la sfida per decretare se il calcio sarà ancora lo sport più popolare al mondo è appena cominciata.

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