La notizia della settimana è l’accordo relativo alla cessione dei diritti di trasmissione da parte della Lega Calcio della Serie A. La rivoluzione è definitivamente compiuta: Dazn manderà in onda tutte le partite della massima serie, con tre gare per ogni turno che potrebbero essere oggetto di una partnership con Sky. Capirai, potrebbe dire qualcuno. E invece no: niente più digitale terrestre o parabole. Il calcio del futuro è definitivamente in streaming. Sarebbe infatti ormai errato parlare di “diritti televisivi”: lo sport principe del nostro Paese vira dritto verso le nuove modalità di fruizione dei contenuti. Se da una parte si può festeggiare l’entrata in un mondo probabilmente più calzante rispetto all’ormai vetusta trasmissione tradizionale (sembra incredibile, ma è oggettivamente così), dall’altra sorge spontanea la domanda dell’utente medio: ma quanto bisogna spendere per poter guardare tutto ciò che desidero?

Quesito che potrebbe apparire banale, ma non lo è nella maniera più assoluta. Muoversi tra i meandri della trasmissione delle partite non è mai stato così complesso (e così costoso). Ricapitolando, al netto di ricorsi già nell’aria, la situazione è questa: Dazn ha un’esclusiva su tutta la Serie A, eccetto le tre partite di cui sopra in cui vigerà una co-esclusiva, Sky ha acquisito (ad oggi) i diritti sulle tre competizioni internazionali (Champions League, Europa League e la prossima all’esordio Conference League), con l’eccezione delle 16 gare più importanti del mercoledì e la Supercoppa Europea, che potranno essere godute dagli abbonati di Amazon Prime Video. Finita qui? Ovviamente no! Mediaset offrirà 16 partite totali in chiaro (le migliori del martedì) compresa la finalissima, a cui si affianca Infinity (servizio di streaming on demand dell’azienda milanese), che ha acquisito la possibilità di offrire le restanti 104 partite di Champions League (tranne quelle di Amazon in esclusiva). Un momento: e la Serie B? Dazn, Sky o Eleven Sport (che al momento offre la Serie C)? Insomma, solamente a sensazione, per poter usufruire della possibilità di seguire tutto il calcio che conta, serviranno 3-4 abbonamenti, con listini prezzi tutti ancora da verificare.

In tutto questo quadro, cosa c’entra la signora della televisione italiana?

- “Amici”: ritorno al futuro

Personalmente, non sono mai stato un critico a priori dei prodotti ideati e condotti da Maria De Filippi, pur distinguendone nettamente i concept alla base. Programmi come “Amici” o “C’è posta per te” hanno di fondo qualcosa di accettabile: nel primo caso, si mostra un talento (ovviamente c’è molto da discutere su questo punto, e lo farò a breve), mentre nel secondo si cerca di tenere compagnia alle famiglie che trascorrono il sabato sera nelle loro dimore, provando a regalare un momento lieto a chi ha subito delle perdite drammatiche o tentando di riconciliare coppie, famiglie e affini. Di contro, ho sempre trovato noiosi e senza un vero senso altri tipi di format, quali “Uomini e donne” o “Temptation Island”. Onestamente, di questi ultimi due programmi avrò visto 15 minuti. Messi insieme. Ma tanto mi è bastato per poter affermare con certezza che sono lontanissimi dal mio gusto.

Dei primi due ho avuto qualche esperienza in più. Non tantissima (la tv per me è roba rara ormai da anni), ma in particolare di “Amici” conservo qualche ricordo maggiormente nitido. Le prime edizioni le guardavo con quella curiosità di ragazzino per qualcosa che all’epoca rappresentava indubbiamente una novità. Sì, perché con l’esplosione del fenomeno dei “reality show”, la sottocategoria dei talent conobbe un discreto successo, che si protrae tuttora: da quelli strettamente musicali e canori (X-Factor, The Voice) a quelli culinari (Masterchef) fino addirittura al calcio (chi si ricorda di “Campioni- Il Sogno”, con il mitico Ciccio Graziani alla guida del Cervia?). Non credete a chi dice che non ha mai guardato questi programmi: tutti abbiamo anche solo per sbaglio avuto un approccio con tali proposte.

Premesso quanto sopra, e prima di rivelare il motivo del titolo di questo articolo, voglio spendere due parole per “Amici”, che è appunto il riferimento. A me piace la musica. In generale. Ho dei generi che gradisco e con sincerità ritengo quelli in voga in questo periodo la negazione di quella che è un’arte nobilissima (per me di “Trap” esiste solo il mitologico Giovanni da Cusano Milanino). A parte quest’ultimo che non riesce proprio a rientrare nelle mie corde, apprezzo tutta la musica prodotta, pur non ascoltandola di proposito. E questo mi piace(va) di “Amici”: trattasi pur sempre di un sottoprodotto della gamma dei reality, ma almeno ha qualcosa da dire e può essere oggetto di un dibattito. Certo, se devo esprimere un parere strettamente personale, ritengo che sia completamente inapplicabile il concetto di competizione nel mondo del canto, del ballo o della recitazione. Con quali parametri si possono confrontare due artisti? Certo, a volte ci sono dei dati oggettivi, ma è proprio l’idea di creare classifiche, di comparare le diverse espressività che trovo cozzare con l’essenza stessa della musica. Stesso motivo per cui disdegno il Festival di Sanremo. Al contrario, ho sempre adorato altri tipi di Festival o di premiazioni: uno su tutti, il Festivalbar. Era sì una gara, ma con dei connotati assolutamente meno drastici rispetto a questo tipo di manifestazioni. Capisco, però, senza ipocrisie, che senza la competizione qualunque produzione televisiva stroncherebbe sul nascere la possibilità di realizzare un qualsivoglia progetto.

Il talent show defilippiano ha avuto un successo enorme nel primo decennio degli anni Duemila, facendo emergere comunque cantanti di discreto successo (sebbene anche qui distanti anni-luce dal mio credo). Ricordo che nei primi anni i ragazzi erano il vero centro dell’attività. Erano loro il fulcro. Tutto il resto ruotava attorno. Con il passare del tempo, la padrona di casa ha deciso di cambiare rotta. Già in questa fase ho seguito molto di meno le vicende, ma ricordo qualche puntata in cui vi erano ospiti, super-ospiti, giudici, ballerini, coreografi, quadri e addirittura degli intermezzi “comici” (chiedo scusa per l’utilizzo improprio del termine) francamente evitabilissimi. Una scelta che è stata perseguita nel tempo, fino a quest’anno. Già, perché stavolta qualcosa è cambiato. Dopo tantissimi anni, complici coprifuoco e situazione emergenziale, ho rivisto uno spezzone del programma. Non tantissimo, più di un certo tempo non lo reggo, ma ho notato una cosa: sono sparite tutte le “invenzioni” che avevano trovato strada negli ultimi anni. Ci sono nuovamente al centro i protagonisti di questo spettacolo: gli studenti. Coloro che utilizzano questo spazio per crescere, farsi conoscere e provare a lanciarsi in un mondo ultra-competitivo. Un passo indietro, per alcuni versi, ma un enorme balzo avanti e coraggioso di Maria De Filippi: sicuramente la pandemia ha inciso, ma credo che una donna intelligente come lei avesse già captato che il suo longevo programma stava perdendo terreno ed è corsa ai ripari. Ha riportato il programma alle origini e i primi dati d’ascolto hanno già premiato la nuova (o vecchia) direzione intrapresa.

Serie A, vacci piano!

Questo enorme giro ci porta alla conclusione, che in realtà rappresenta più un grido disperato, il quale naturalmente resterà inascoltato: torniamo alle origini. I vertici del calcio non si sono ancora resi conto che i ragazzi più giovani si stanno progressivamente disinteressando al gioco del pallone. Niente più parchi, niente più strade: si desidera altro. E questo è un problema di una portata enorme, che viene sottovalutato in modo abbastanza inspiegabile. Il movimento parte dal basso, dai settori giovanili, dal calcio di base, dalle serie minori in cui si respira ancora la voglia di giocare per passione. L’altro giorno ho incontrato un mio amico, ex direttore sportivo di una società che ha militato spesso in Promozione. Non lo vedevo da un anno. Mi ha confessato di essersi distaccato non solo dalla sua squadra, ma in generale dal mondo del calcio. Non è più affascinato. E così, tantissimi giovani, i quali stanno patendo questo periodo in modo ancora più marcato.

Da un lato, dunque, urge una riflessione in tal senso, dall’altra ci si trova ad avere una situazione pazzesca legata ai diritti di trasmissione del calcio che conta. Una ragnatela degna di un episodio di Dark. Senza populismi o falsa retorica, ma come diavolo si può pensare, in un anno in cui la crisi è globale, di poter arrivare ad avere tantissime piattaforme per poter godere ciò che dovrebbe essere uno spettacolo? E non si tratta solo di questo. Dando un’occhiata ai diversi articoli che hanno annunciato la notizia, nulla è cambiato riguardo la collocazione oraria dei match: tre incontri al sabato (uno alle 15, uno alle 18 e uno alle 20:45), sei incontri alla domenica (uno alle 12:30, tre in contemporanea alle 15, uno alle 18 e uno alle 20:45) e uno al lunedì (sempre di sera). Insomma, a nulla è servito il malcontento popolare. Nessuno ha fatto caso al fatto che lunedì è una giornata lavorativa. Nessuno ha levato una voce chiedendo che almeno la gara delle 15 al sabato e quella di domenica alle 18 venissero accorpate alla domenica pomeriggio. A nessuno viene in mente che bisogna fare come Maria De Filippi: tornare al passato per guardare avanti. Non stiamo chiedendo la luna, ma solo di tornare a vivere qualche sensazione di una domenica che non è più tale da non so quanto tempo.

Se volete che lo spettacolo continui, conviene cominciare a interrogarsi su questi temi. E a prendere in considerazione altre iniziative, che non siano solamente quelle tese a spezzettare sempre di più il torneo. Quanto sarebbe utile ritornare a 18 squadre, con 4 retrocessioni, e con la maggior parte delle gare alle 15 di domenica? Ne guadagnerebbero tutti.

Purtroppo, resterà solo uno sfogo di un blogger, innamorato di un calcio che sta perdendo la sua essenza.

E già tremo.

Tremo alla possibilità che la Champions League cambi nel 2024.

E se così dovesse essere… beh, potrebbe essere la volta buona.

Di cosa, dite?

Di iniziare a seguire con assiduità “Amici” di Maria De Filippi.

 

Indaco32