La storia di guerra appassiona tutti, quando si pensa ai libri di scuola dove studiando s'imparava anche quel che non si era mai sentito nominare prima di allora.
Ma un conto è sentirne parlare o leggere da professori e tv, un conto era viverla in prima persona. E così mia nonna poco prima di volare in cielo mi raccontò quei tempi.
Erano da poco passate le ore 18, quando in un pomeriggio d'estate non troppo calda seduti sul balcone iniziò il suo racconto...

"Ero poco più che una adolescente quando in quel Giugno 1940 mi trovavo in compagnia dei miei fratelli e di tuo nonno, del quale ne ero sposata da quattro anni, si vociferava, anche perchè la tv non c'era, che la Guerra stava arrivando anche in Italia, ma non ci saremmo mai aspettati che arrivasse di colpo...
Correvamo spensierati tra i prati di Roma e di colpo sentimmo la radio che fino a quel momento dava musica classica interrompersi per una notizia urgente "Rincasate... trovate riparo ovunque voi siate... i tedeschi hanno invaso la nostra amata patria!". Così cominciammo a correre, la radio rimase nel prato e noi ci rifugiammo nelle nostre case, mentre fuori si cominciavano a costruire i bunker con decine di muratori e aiutanti che tiravano su queste strutture a tempo di record per dare un riparo a tutte quelle persone pronte a uscire dalle proprie case che da lì a poco potevano essere colpite dagli aerei tedeschi.
Così tornai a casa presi i miei genitori e scappammo in un posto più sicuro, le sirene della vicina stazione ATAC che richiamavano l'avvicinarsi degli aerei nemici, e così ci spostavamo da una posizione all'altra mentre nelle strade cominciavano a cadere le prime persone, c'era anche un pallone che ogni tanto nelle ore di tranquillità veniva calciato da qualche ragazzino, ma che poi veniva lasciato in balia delle bombe quando quest'ultimi si andavano a rifugiare.
E già quel pallone... Nonno era un appassionato di calcio, era tifoso romanista anche se non la seguiva allo stadio, però guai a chi glie la toccava laziale o tifoso di altre squadre che potevano essere, diveniva una furia in pochi secondi. Nonno era un appassionato di ciclismo e non disdegnava una bella pedalata e proprio in quei giorni nel momento di tranquillità, se così la vogliamo chiamare, prendeva la sua Bianchi e andava a controllare che le persone che conosceva che fossero parenti o amici stessero bene e in caso contrario se le portava con se nei vari bunker per farli stare più tranquilli, intanto io ero chiusa in un religioso silenzio con il viso sporco di fuliggine e che ero sempre in attesa del ritorno delle persone care che uscivano per aiutare chi si trovava in difficoltà; con il carbone pulivo gli indumenti e poi li sciacquavo in una tinozza dove tutti lavavano i panni, bisognava accontentarsi di quel che avevamo in quei momenti.
Per mangiare ci si aiutava a vicenda, era un dare e avere; chi andava a comprare il pane alla cosiddetta 'borsa nera' e lo scambiava con altro cibo che poteva essere carne, frutta, e quel che si riusciva ad avere. Intanto quel pallone era preso a calcio da due ragazzini in quei pochi momenti di spensieratezza e due sassi erano messi l'ha per fare la porta, le ginocchia sbucciate e qualche risata di gioventù, sporchi di terra e polvere ma felici di quella palla che ruzzolava e che li portava ad abbracciarsi quando si faceva "Goool!", ma la Guerra faceva paura...
Tutti i giorni il Bunker si svuotava; c'era chi lavorava tra armamenti, falegnami, muratori, e i postini al tempo in bicicletta facevano la spola per portare notizie in ogni dove, e così per una casa che cacdeva una pian piano si vedeva la luce, ma poi arrivò la triste notizia...
Ci trovavamo dove oggi sorge la Stazione Tiburtina, da lì a pochi metri si costruivano le armi per i nostri militari e proprio in quel giorno mentre io ero intenta ad uscire dal lavoro, ero una 'falegnama', che una bomba cadendo sul negozio degli armanti fece schizzare una pezzo di cemento che colpì una mia amica che rimase uccisa ed io quell'immagine non riesco più a togliermela dalla mente ancora oggi a distanza di 70 anni. Così corsi tra le grida delle persone in strada, i fischi delle bombe  e le corse di tutti per trovare riparo.
La Guerra faceva paura e le bombe facevano dei boati che non si possono spiegare a parole era un 'Boom!!! enorme e ogni volta che ne cadeva una si spezzavano più vite; un giorno lo scoppio di una di esse fece partire una scheggia che colpì una persona all'altezza del collo e la sua testa schizzò via mentre il suo corpo riuscì a fare ancora tre o quattro passi per poi cadere in terra come un sacco.
Caro nipote mio, la Guerra era qualcosa che non si poteva e non si può spiegare a parole e spero che tu non ne debba vedere nemmeno mezza.
Tutto era a pezzi, l'aria puzzava di esplosivo e il campo santo del Verano era stato colpito facendo uscire i corpi e le ossa dei poveri defunti che nemmeno là sembravano essere in pace. Poi riuscimmo a respirare quando gli Americani ci vennero in aiuto, ma anche in quel caso anche loro bombardarono per colpire i tedeschi e colpirono anche i nostri connazionali.
Poi la grande festa alla liberazione e molti lasciarono i famosi N.N (o detti Figli di madre ignota) quelli che erano figli di madre, ma non avrebbero mai conosciuto il loro vero padre, che alla fine della Guerra se ne sarebbe tornato in America senza mai sapere di avere dei figli sparsi in tutta Italia, e che sarebbero cresciuti con qualche anima pia, che però spesso si rivelava non proprio un buono quando con la stessa donna avrebbe avuto dei suoi figli legittimi, quindi quel bambino nato dalla relazione extra coniugale o era emarginato o purtroppo picchiato dal patrigno stesso, perché a detta sua era un 'bastardo', che non c'entrava nulla con la sua famiglia vera e le mogli molte volte per non prenderle anche loro a loro volta facevano scena muta davanti a tali orrori.
Così tutto tornò alla normalità; gli italiani riportarono pian piano a nuova vita la nostra nazione, s'impegnarono a ricostruire un tetto a tutti e al ritornare a vivere come ogni essere umano devrobbe vivere nella tranquillità e nella serenità, come Dio nella creazione dell'uomo ha pensato fin dai tempi".