Il fatto che io passi con una certa disinvoltura dalla passione per i classici della letteratura del 900, (con centinaia di testi letti, guarda caso, proprio negli anni del Politecnico, dove qualsiasi attività alternativa allo studio risultava estremamente più gradevole del dover comprendere e imparare quelle formule infernali), a, ad esempio, la passione per l'arte contemporanea e moderna, il tutto senza passare dal via, tanto per ricordare la mia antichissima passione per i giochi di società, e, più di recente, per Risk di Hasbro, soprattutto per la sua versione online, con milioni di giocatori nel mondo, sviluppata dalla software house australiana SMG, con cui ebbi una collaborazione per ottimizzare l'algoritmo che simula l'attacco di tipo blitz, basato su un mio studio, su cui ovviamente non voglio ora soffermarmi, per evitare di annoiarvi più del dovuto.
Sono fatto così, vivo di eccessi. Fare le cose solo un po' significa semplicemente non farle. Il fuoco della passione non può essere la fiammella controllata di un accendino a gas. Deve essere la fiamma violenta e incontrollabile di un incendio, dove è il vento, e non l'uomo, a stabilire dove esso andrà, e cosa distruggerà, per fare spazio a piante ancor più belle.
In questo continuo vagare da un interesse all'altro, mi è capitato anche di occuparmi di aste online, di cui ero diventato un discreto conoscitore. Svariati i miei tentativi di coinvolgere amici e colleghi in mega acquisti collettivi di materiale che poi avremmo dovuto in qualche modo rivendere al dettaglio. Inutile dire che questa si sia rivelata come una delle parentesi meno fruttuose della mia vita. Ciononostante è servita a farmi compiere la pazzia di andare una volta fino a Udine in macchina e riempire quest'ultima di coni utili per costruire subwoofer di livello professionale. Ebbene sì, il mio box auto, che per circa 10 anni era servito per custodire la mia preziosissima Qubo Natural Power, come i bastioni fortificati di un castello, all'improvviso si è tramutato in magazzino, dove accatastare casse su casse di coni di ottima qualità. E quando tu hai dentro il tuo box auto una ventina di coni, ti dovrà per forza venire la passione per la costruzione di super casse acustiche, se questo è l'unico modo accettabile di giustificare di fronte alla tua famiglia un passo altrimenti difficilmente spiegabile.
È stato così che, abbandonato temporaneamente, cioè per sempre, il mio impegno, che era diventato quasi maniacale, per l'esercizio fisico, ho concentrato tutto il mio tempo libero nella costruzione di casse acustiche di qualità stratosferica.
Il lavoro di cui vado più fiero, e di cui voglio parlarvi in questo articolo è la costruzione di un subwoofer passivo, realizzato con una tecnica chiamata Transmission Line, la quale sfrutta alcune parti del suono generate dal cono che normalmente, le casse acustiche costruite con il criteri soliti, cercalo semplicemente di abbattere.

Come molti sanno, un cono acustico, ha al suo interno un magnete che determina un campo magnetico permanente. Esiste poi un filo che viene avvolto tantissime volte per formare tante spire, le quali, unite, costituiscono quella che viene chiamate bobina. Essa è fissata alla superficie del cono, ed è anche immersa nel campo magnetico generato dal magnete permanente. Quando sollecitiamo la bobina con una corrente (nel nostro caso, si tratterà del segnale acustico, che deve essere convertito in movimenti della membrana del cono), essa, immersa all'interno del campo magnetico dato dal magnete permanente, sarà oggetto di una forza (la forza di Lorentz) che ha come obiettivo quella di opporsi alle variazioni di corrente e quindi al conseguente cambiamento del flusso magnetico passante nella bobina. Questa forza, (chiamata magneto-motrice) determina i movimenti della superficie del cono (a cui la bobina è fissata).
Quanto più è alta la frequenza di queste oscillazioni, tanto più sono veloci i movimenti della faccia del cono; e quanto più sono intense le correnti, tanto più la faccia del cono si muove in modo ampio.
La cosa interessante, e che penso qualcuno di voi forse non sappia, è che quando muovo la faccia del cono anteriore, generando così delle onde di pressione che si propagano con la velocità del suono nell’aria (cioè circa 343 m/s), la parte posteriore del cono ovviamente oscilla anche lei, e lo fa in controfase con le onde di pressione generate dal fronte anteriore.
Se, malauguratamente, le onde di pressione generate dal fronte anteriore dovessero entrare in contatto con le onde di pressione generate (in controfase con le anteriori), dal fronte posteriore del cono, sembra incredibile, ed è davvero bellissimo poterlo constatare con le proprie orecchie, questi due segnali si sommerebbero, ed essendo uno il contrario dell'altro, porterebbero ad una quasi completa cancellazione del segnale. Le casse, e soprattutto le cuffie basate sulla tecnica della noise cancellation adottano esattamente questo tipo di accorgimento. Le cuffie, dotate di un piccolo microfono, captano il rumore dell'ambiente circostante le cuffie, quello che vogliamo cancellare. Esse quindi generano, oltre al segnale che arriva dal lettore o da qualsiasi altro dispositivo che alimenta la cuffia, anche un segnale, identico a quello rilevato attorno alle cuffie, ma cambiato di segno. In questo modo, esso andrà ad elidere il rumore indesiderato, lasciando invece intatto il suono che si vuole ascoltare.

Quando tu hai un cono con il fronte anteriore che genera le onde di pressione che tu devi ascoltare, hai un unico obiettivo, che è quello di evitare che queste onde, generate dal fronte anteriore, non si incontrino mai con quelle del fronte posteriore, perché, essendo una l'opposto dell'altra, porterebbero a una eliminazione di parte di questo segnale. Per far sì che le onde del fronte posteriore non raggiungano mai le onde generate dal fronte anteriore, posso imbottire di materiale fonoassorbente il fronte posteriore del cono per far sì che tutta l'energia generata da esso venga interamente smaltita dal fonoassorbente. Lo stesso può essere ottenuto facendo sì che il fronte posteriore generi le sue onde che vadano a disperdersi in campo aperto, quindi senza che ci sia la possibilità che, riflettendosi da qualche parte, possano tornare indietro e congiungersi con quelle generate dal fronte anteriore, che invece vogliamo custodire gelosamente, evitando che vengano perturbate o minimamente cancellate da quello che succede dietro il cono.
Esiste però la possibilità, se si progetta in modo furbo la cassa acustica, di ottenere dal fronte posteriore del cono non più qualcosa che vada a cancellare, bensì un contributo che, opportunamente sfasato, diventi qualcosa che, anziché sottrarsi, vada a sommarsi con quello che ho generato con il fronte anteriore. Per far ciò devo prima di tutto studiare il cono per comprendere fino a che punto è possibile scendere con la frequenza, prima che il segnale acustico, inevitabilmente, perda intensità fino a diventare inudibile. Per rendere più semplice il ragionamento facciamo un esempio. Con il fronte anteriore riesco a generare in modo udibile, senza grosse perdite di intensità, segnali che non vadano al di sotto ad esempio di 15Hz. Questo valore lo individuo facendo delle misure, ovviamente facendo in modo che quello che viene generato dal fronte posteriore non incida su quello che vado a misurare. Come dicevamo, nel nostro esempio il segnale comincia a decrescere in modo molto marcato quando si comincia a scendere sotto i 15Hz, per annullarsi molto rapidamente intorno ai 13Hz. Decidiamo quindi di darci come obiettivo di arrivare, grazie al contributo dato dal fronte posteriore del cono, a tenere alta la risposta della cassa nel suo complesso anche fino a 13 Hz, oltre il quale la riduzione dell'intensità diventerà in ogni caso inevitabile.
Riuscire a tenere in alto la risposta anche con frequenze a 13 Hz, anziché decrescere a 15 Hz, come normalmente quel cono farebbe, è un risultato apparentemente di poco conto, ma che in realtà è di grande rilevanza. Quando si scende così tanto, 1 Hz in più o in meno significa tantissimo parola di orecchio umano! Come farlo invece è tutto da scoprire, ma, come vedremo, sarà possibile ricorrere ad un trucco molto intuitivo. Vediamo insieme.
Come detto, il cono, oltre a generare onde di pressione che si propagano sul fronte anteriore del cono stesso, generano anche onde di pressione analoghe, in controfase con il fronte anteriore. Se queste onde, anziché essere mandate in campo aperto e quindi senza che ci sia la possibilità che ci siano le riflessioni, o abbattendole completamente, utilizzando strati e strati di fonoassorbente, potessero invece essere prese e condotte lungo un percorso che ha una lunghezza pari ad un quarto della lunghezza d'onda (chiamata Lambda) che si vuole esaltare, il gioco sarebbe fatto. Lambda è la lunghezza d'onda, ed è un po' come fosse la frequenza, ma riportata concettualmente in termini di distanza.
Facciamo una semplificazione, che non toglie nulla ai concetti che esprimeremo, ma ne rende più semplice la comprensione: ipotizziamo che la velocità del suono sia 300 m/s. Se io ho una oscillazione a 300 Hz, quindi 300 oscillazioni al secondo, oppure  se più ci piace, una oscillazione ogni trecentesimo di secondo, e (come detto) ipotizziamo che la velocità di propagazione nell'aria sia di 300 m/s, allora vorrà dire che la lunghezza d'onda sarà pari a 1 m, perché se ho 300 oscillazioni al secondo, e ogni secondo faccio 300 metri, allora vorrà dire che in un trecentesimo di secondo faccio un metro, che è appunto la lunghezza d'onda, (che, ricordiamolo ancora: è la lunghezza in metri percorsa dal suono nell’arco di una singola oscillazione a quella data frequenza).
Ripetiamo con parole diverse: se io so che la velocità di propagazione del suono nel mezzo aria e di 300 metri al secondo, e genero onde di pressione con frequenza pari a 300 Hz, cioè 300 oscillazioni al secondo, questo significa che quando io ho fatto una singola oscillazione completa, in un trecentesimo di secondo, a questo sarà corrisposto uno spostamento in avanti di un metro.
Se la frequenza delle oscillazioni non è più 300 Hz, ma è 15 Hz, vuol dire che io in un secondo faccio 15 oscillazioni, la lunghezza in metri corrispondente ad una sua oscillazione non sarà più di un metro, come prima, quando avevamo 300 Hz e 300 m/s di velocità di propagazione, ma avremo 300 diviso 15, uguale 20 m per compiere una oscillazione. Se io, quindi, invece di cancellare la parte di suono generato del fronte posteriore, semplicemente gli facessi percorrere metà della sua oscillazione completa, invece di ottenere un segnale che va a sottrarsi con quello anteriore avrei un segnale, identico a quello del fronte anteriore, ma questa volta in fase, e che quindi, sommato, porterebbe quasi un raddoppio dell'intensità.
Teniamo conto, inoltre, che nella determinazione della lunghezza e del numero di riflessioni che l'onda posteriore incontrerà lungo il cammino che dovrà essere fatto seguire dall'onda generata posteriormente, la velocità di propagazione non è la stessa avanti e dietro, perché dietro, a seconda del tipo di materiale fonoassorbente e di quanto densamente verrà inserito lungo il percorso, le onde è come se avessero una velocità di propagazione inferiore rispetto all'aria. Qualora si decidesse di riempire il percorso compiuto dalle onde generate dal fronte posteriore del cono, con una quantità molto densa di materiale fonoassorbente, questa scelta comporterebbe molte riflessioni e quindi un innalzamento del tempo medio richiesto per giungere alla fine del percorso, oppure, se vi piace di più, un abbassamento della velocità media equivalente di propagazione molto rilevante, portando a fine percorso, in modo udibile, solo le onde che avranno subìto pochissime riflessioni. Percorso che, lo ribadisco ancora una volta senza paura di essere noioso, io devo in qualche modo dimensionare in maniera tale che i due segnali si sommino.
Inutile dire che la teoria dovrà poi essere in qualche modo supportata dalla pratica.
Oltre al riempimento con fonoassorbente del percorso che dovrà essere compiuto dalle onde, anche le pareti del percorso sono tutte rivestite con materiale che riduce l’energia del segnale riflesso, questo per far sì che le onde di pressione che arrivano senza quasi nessuna riflessione siano molto più intense di quelle che subiscono più riflessioni e che praticamente quasi non vengono più udite. Tenendo conto di questo abbattimento, dovuto a riflessioni multiple, si può, facendo tutta una serie di tentativi, individuare il livello di compattamento del materiale che va a riempire il percorso in modo da far sì che l'onda posteriore, rifasata, venga resa disponibile tramite una bocchetta posta davanti, vicino al fronte anteriore del cono.
Considerando il nuovo segnale, frutto della somma dei due segnali (anteriore senza trattamenti, e posteriore con passaggio nel "tunnel dell'amore", che rifasa e sinergizza ciò che in ingresso era in controfase) essa riesce a portare la risposta in frequenza del sistema a raggiungere l’incredibile nuova frequenza di taglio, cioè oltre la quale il segnale decade quasi verticalmente, di 13 Hz, anziché, lo ricordiamo, i 15 Hz di partenza.
Essendo la Transmission Line una tipologia di casse acustiche per forza di cose piuttosto voluminosa, ho poi pensato di realizzarne una in cui i coni fossero 2, con percorso da far compiere alle onde generate dai due fronti posteriori che si intrecciano e permettono un’architettura che ottimizza lo spazio occupato senza venir meno al principio di funzionamento appena descritto né alla qualità del risultato finale.
E buona costruzione di Tranmission Line a tutti, dal vostro Piccio Di Sonno.