I ragazzi lo conosceranno principalmente per la BoboTv, trasmissione discussa ma seguitissima dagli amanti del calcio che fa incetta di visualizzazioni su Twitch e YouTube, dividendo il dibattito pubblico in particolar modo a causa delle dichiarazioni di Antonio Cassano e Lele Adani.
Molti altri, magari non più giovanissimi e non appassionati dello sport più popolare al mondo, lo ricorderanno per le storie d’amore con diverse donne dello spettacolo, su tutte Elisabetta Canalis e Melissa Satta, che hanno riempito pagine e pagine dei giornali di gossip nel primo decennio degli anni 2000, prima di conoscere Costanza Caracciolo, con la quale ha avuto due figlie. Ad altri ancora, sempre meno giovani, tornerà alla mente il famoso brand con il cuore, che, per stessa ammissione del diretto interessato durante una puntata del podcast più famoso d’Italia, provocherà un cambio nel regolamento del gioco, il quale vieterà ai calciatori di togliere la maglietta dopo un gol segnato, pena un’ammonizione. Norma ormai consolidata, ma per chi ha avuto la fortuna di vivere le partite senza questa previsione non era per nulla scontato.
Insomma, Christian Vieri è, senza ombra di dubbio, un’icona pop. Un personaggio nazionalpopolare, idolatrato da alcuni, non molto apprezzato da altri. Sicuramente, però, è entrato nell’immaginario collettivo e questo è innegabile.

Più di qualcuno, però, ricorderà la cosa principale che tutte queste situazioni hanno in parte oscurato: Vieri è stato uno degli attaccanti più forti del mondo a cavallo tra gli anni ’90 e i Duemila. Anzi, nel 1999 diventerà l’acquisto più costoso della storia del calcio fino a quel momento. I giornali lo etichettarono come Mister 90 Miliardi”, prezzo complessivo (in lire) sborsato da Massimo Moratti alla Lazio pur di averlo tra le fila della sua Inter. Gli dei del calcio, però, hanno spesso giocato brutti scherzi ai grandi campioni, e quel ragazzo nato a Bologna e cresciuto in Australia ne è stata una delle vittime più illustri. Un campione che ha raccolto molto meno di quanto era legittimo attendersi. Tanti i momenti che gridano vendetta, i quali hanno costellato una carriera che lo ha visto sempre protagonista anche nei periodi peggiori.

1 - Il tridente più rimpianto di sempre

Alla fine degli anni ’90, quando Moratti decise di ripercorrere le orme del padre, il club non badò a spese. Nel 1997 arrivò Ronaldo dal Barcellona: anche lui, come Bobo, fu l’acquisto più dispendioso della storia fino a quel momento. In mezzo ai due, nel 1998 tesserò Roberto Baggio, rinato al Bologna e con ancora addosso le lacrime del Mondiale francese. Quando l’estate del 1999 portò anche il centravanti più forte del pianeta a disposizione di Lippi, tutti i tifosi interisti erano in fibrillazione all’idea di potersi gustare un tridente che avrebbe fatto impallidire persino Messi, Neymar e Suarez 15 anni più tardi. Non andò come previsto: infortuni e incomprensioni non faranno mai godere il popolo neroazzurro come agognato, anzi, il trio si sciolse dopo appena un anno, con Roby che consegnò la qualificazione alla Champions League e poi scelse il Brescia allenato da Carletto Mazzone. Due anni dopo, il Fenomeno accettò la corte del Real Madrid: a ripensarci, non si può che masticare amaro.

2 - La finale di Champions League

Nel 1996/97 Vieri esplose definitivamente, guadagnandosi proprio in quell’annata la chiamata da Cesare Maldini in Nazionale maggiore, che lo individuerà come titolare per la spedizione iridata del ’98. In quella stagione vinse il suo unico scudetto, con la maglia della Juventus, arricchendo il palmares con Supercoppa Europea e Coppa Intercontinentale. Un anno fantastico per lui, quasi leggendario nonostante qualche litigio di troppo con Marcello Lippi, che ritroverà in neroazzurro tre anni dopo e che lui stesso, anni dopo, definirà il miglior allenatore avuto nella sua esperienza sul campo. E invece, proprio la finale contro i tedeschi del Borussia Dortmund inaugurò la maledizione bianconera, che inanellò la prima delle 5 finali consecutive perse (ad oggi) nella massima competizione continentale dopo il successo della stagione precedente. Una partita stregata, con i bianconeri scesi in campo da favoritissimi della vigilia, che videro l’attaccante nato nel 1973 suo malgrado protagonista, con una rete incredibilmente annullata per un fallo di mano che, con il VAR, probabilmente sarebbe stata convalidata. L’atto conclusivo vide ben tre rigori potenziali non assegnati ai piemontesi, che si arresero 3-1 alla prima vittoria del club giallonero in un mare di polemiche.

3 - Quei maledetti scudetti

Se si pensa che molti calciatori, molto meno impattanti di Vieri, hanno vinto più titoli, è chiaro come il sole che il gioco del calcio, quando vuole, sa essere spietato. Il centravanti ha vinto un solo titolo nazionale. E fino a qui, non ci sarebbe quasi nulla da recriminare. Il problema è che andò vicinissimo al tricolore in due circostanze con due maglie diverse: epiloghi da film horror.

Nel 1999, in una stagione segnata da infortuni, la sua Lazio prese il comando della classifica alla ventiduesima giornata e non si scollò più dalla testa del torneo fino al penultimo turno, quando la Fiorentina impose il pari ai biancocelesti, venendo superati dal Milan di Zaccheroni, vincitrice dello Scudetto con una sola lunghezza di vantaggio rispetto ai capitolini la domenica successiva. La beffa nella beffa fu la traversa colpita da Christian contro i viola, che resterà impressa nella mente come l’immagine dello scudetto perduto: quel legno infranse i sogni di gloria dei tifosi, che si rifaranno l’anno dopo, con il loro attaccante che, però, aveva scelto di abbracciare la causa interista. Quella causa che, con l’arrivo di Cuper, sembrava finalmente aver avuto senso: nel 2002 è tutto pronto, ma l’ormai arcinoto 5 maggio rovinò la festa, proprio in quello stadio e contro quella compagine con cui aveva perso qualche anno prima. Niente da fare, lui fece il suo segnando il gol illusorio del momentaneo vantaggio, ma lo scudetto sfuggì nuovamente di mano.

4 - L’infortunio pre-derby

Nel 2023 l’Inter ha vinto per la prima volta una semifinale stracittadina. Già, perché, 20 anni prima, quei due maledetti incontri finirono entrambi in parità, con i rossoneri che passarono per l’astrusa regola del gol in trasferta, ormai eliminata e già discutibile all’epoca, figuriamoci quando il teatro del match era sempre lo stesso. Fatto sta che un infortunio impedì al più grande attaccante del mondo in quel periodo di partecipare alla doppia semifinale: altro che “Se c’era Leao”…

5 - Le ferite in Nazionale

Del 1998 si parlerà dopo, ma le vere grandi ferite con la maglia azzurra, da lui la più adorata, si concentrarono nel periodo compreso tra il 2002 e il 2006. Il mondiale nippo-coreano vide Bobo con le scorie dello scudetto perso e desideroso di rivincita. Lui fa come sempre quello che sa fare: segnare. Stavolta, però, l’arbitro Byron Moreno si mette di traverso e lascia tutto il popolo italiano tra le lacrime: la conduzione di gara fu terrificante, con la Corea del Sud che estromise quella che, a detta di molti, è stata la miglior selezione di sempre della Nazionale italiana. Nulla in confronto a quanto accadde 4 anni dopo: Lippi lo vuole a tutti i costi in Germania, lui decide di lasciare l’Italia a gennaio per andare a giocare con continuità al Monaco, ma di nuovo il fato si frappone tra lui e il successo e l’infortunio patito in Francia lo costringe al forfait. Risultato? Dopo tanti anni in cui era sempre stato titolare inamovibile senza riuscire a vincere, quel Mondiale del 2006 condusse l’Italia al quarto titolo. Vieri, Maldini e Baggio: mancavano solo loro alla festa. Tre giganti che avrebbero meritato di far parte del gruppo trionfatore. Un’ingiustizia che porterà dopo due anni e mezzo al ritiro dal calcio giocato dell’attaccante più importante degli ultimi 15 anni per il calcio italiano.
Vista così, sembrerebbe una carriera fatta solo di rammarico, di sconfitte epiche e di traguardi mancati. E invece no. Christian Vieri, nonostante abbia vinto poco in proporzione al suo valore, si tolse le sue soddisfazioni.

6 - Vieri travolge la Liga

L’ingenuità della gioventù. Vieri, a neanche 24 anni, era diventato campione d’Italia con la Juve ed entrato nell’Olimpo del calcio mondiale. L’Atletico Madrid lo individua come il suo cannoniere principale, capace di spaccare partite e campionato. Parte in sordina, l’aria italiana gli manca, ma poi ingrana e: capolavoro! 24 reti in 24 partite, primo Pichichi italiano nella storia del torneo iberico e capitale spagnola conquistata a suon di gol. Fu quest’annata memorabile che lo portò al Mondiale francese (e sulle copertine dei primi giochi per console): finì con una sconfitta bruciante a livello di risultati ma…

7 - La gloria Nazionale

Il rigore di Di Biagio fa male ancora oggi. Così come il “quasi gol” più bello di tutti i tempi del Divin Codino. I due episodi storti segnano l’eliminazione dal Mondiale francese, non lo dimenticheremo mai. Fu solo in quella partita che Vieri non riuscì a segnare: la sua assenza dal tabellino fu decisiva. Eppure, con quella splendida estate, l’attaccante si prese definitivamente la scena: l’esultanza con Del Piero divenne iconica, lui divenne l’attaccante più ricercato del mondo e si consacrò come uno dei leader di quella generazione. Ancora oggi, forse molti non lo sanno, è lui, insieme a Paolo Rossi e Roberto Baggio, il miglior marcatore azzurro nella fase finale di un mondiale con 9 centri. Quella maglia l’ha amata più di tutte, fin da quell’Europeo Under-21 vinto nel 1994… e si è sempre percepito questo meraviglioso attaccamento. Un connubio speciale.

8 - I gol indimenticabili

Considerato un centravanti vecchio stile, bravo in progressione ma poco tecnico, Vieri smentì a più riprese questa definizione tendente a incasellarlo. E lo fece nel modo più naturale possibile: segnando a raffica. E se molti gol ricordavano i grandi attaccanti centrali del passato, ci sono alcune perle che hanno accompagnato tutta la carriera, persino la coda, degne dei grandi di questo sport: chi non ricorda lo splendido pallonetto da centrocampo con la maglia dell’Atalanta rifilato al Siena il 6 maggio del 2007, squadra che lo ha lanciato nel 1995 in Serie A e che lo ha accolto dopo le esperienze nelle big nel 2006? Un eurogol autentico, come si diceva tempo fa. Non solo, però: il micidiale tiro dal fondo della porta a pochi passi dalla bandierina con la maglia dell’Atletico Madrid in un match di Coppa UEFA divenne un modello per tutti, me compreso, che da bambino quando si cimentava in un tentativo del genere precedeva sempre il colpo con l’espressione “Ora lo faccio alla Vieri”. La sua rete più bella resta però quella che lo ha visto protagonista con la casacca più indossata nella sua carriera mobile, quella interista. Siamo nel 1999, quarta giornata di campionato. Lui ha già lasciato il segno, ma decide di entrare definitivamente nei cuori neroazzurri con una prodezza che strega San Siro: riceve palla appena fuori dal limite dell’area, si libera della marcatura della difesa del Parma (che contava su Cannavaro e Thuram, tanto per dire) con un dribbling spalle alla porta di tacco e poi, dai 22 metri, disegna una parabola con il mancino che si infila nel sette non lasciando scampo all’enfant prodige Buffon. Solo a scrivere di quel gol mi viene da piangere. L’emozione che provai per quel gol non riuscii a provarla facilmente in altre occasioni.

9 - Il Re di Birmingham

Prima della Conference League, dal 1960 a 1999, quando la Champions League era ancora la semplice Coppa dei Campioni, la seconda coppa per importanza della UEFA era la Coppa delle Coppe, che prevedeva l’ammissione alla competizione delle vincitrici delle coppe nazionali. Nel 1999, con la Champions che avanzava e con gli sponsor e la competitività che stavano mollando, si tenne l’ultima edizione. La finale vedeva di fronte la Lazio contro gli spagnoli del Maiorca. La nostalgica maglia giallonera dei capitolini diventerà il simbolo di quella notte inglese: Pancaro, dopo 7 minuti, lancia un pallone di 80 metri su cui si avventa di testa il nostro Bobo, che da fuori area riesce a colpire scavalcando l’estremo difensore spagnolo. Un gol assurdo, che fece dimenticare la traversa di Firenze. La finale, però, è tesa: il Maiorca pareggia subito e Vieri si fa male. Stavolta, però, non ne vuole sapere: si fascia la testa e resiste da lottatore vero, andando a sbattersi nell’azione decisiva che porta alla rete decisiva di Nedved nel finale di partita. È finita: la Lazio ha vinto la Coppa delle Coppe, il primo titolo internazionale della sua storia, e Vieri, di lì a poco, avrebbe cambiato per sempre la storia del mercato italiano.

10 - L’amore incondizionato di Indaco32

Non sarà un Mondiale o la Champions League, ma quello che ho provato personalmente per un calciatore come Vieri non l’ho mai provato in vita mia. Ne ho visti tanti, nella mia Inter mi sono innamorato di eroi vincenti e unici, da Ronaldo a Zanetti, da Milito a Cambiasso, ma mai nessuno è stato come lui. Ricordo nitidamente quando la notizia del suo trasferimento fu ufficiale: esultai come un bambino di neanche 8 anni poteva fare. Chiesi ai miei genitori come regalo di Natale la sua maglia, non vedevo l’ora che arrivasse il campionato: erano i primi momenti in cui cominciavo a “capire” qualcosa del mondo del calcio. La sua tripletta all’esordio contro il Verona mi fece scatenare: pensai finalmente che era arrivato l’attaccante del mio cuore. E così fu. E non c’è scudetto o trofeo che tenga: San Siro pieno, l’amore, l’affetto smisurato per un campionissimo che ha sempre dato tutto, i numeri da capogiro (24 gol in 23 partite nel 2003, capocannoniere del campionato con più gol che presenze). Era il mio idolo da ragazzino, il calciatore che vorresti essere quando cresci. Io l’ho amato e questo basta a compensare le delusioni e i mancati risultati. E poi, cosa si può chiedere a un calciatore e ad una squadra che rimonta in 5 minuti la Sampdoria? Quel 3-2 griffato anche da lui, con un pareggio in extremis e il gol liberatorio di Recoba, che mi fece impazzire in compagnia della mia combriccola dell’epoca: la gioia sul suo volto lo ha ripagato di tutto quello che ha profuso per i colori per cui tifo. O quando rimontò da solo la Juventus da subentrato, con al fianco un giovane Adriano: ricordi indelebili.

Quando vincemmo la Coppa Italia, inconsapevoli che sarebbe stato solo l’antipasto del periodo storico più importante della storia neroazzurra, fui felice soprattutto per lui che meritava almeno un titolo nel palmares. Quando venne ceduto al Milan, da ragazzino ingenuo, per qualche giorno smisi di tifare Inter. Ero troppo ferito. Poi tornai sui miei passi, erano ragazzate. Ma Vieri no. Vieri non è mai stato una ragazzata.
E se alla soglia dei 32 anni utilizzo ancora un nick che ne ricorda i fasti… allora sì, è proprio il centravanti che ho sempre amato.

Auguri Bobo, il campione che vorrei incontrare anche solo una volta nella vita per dirgli semplicemente: grazie. Grazie di tutto quello che hai fatto per me, anche se non lo sai.

 

Indaco32