Papà me la racconti una favola? Dai, per favore, non ho sonno…non riesco proprio a dormire. Giorgio è tardi e domani devi andare a scuola ed i bravi bambini come te a quest’ora dormono già! Lo so papà, lo so; tu però mi dici sempre che sono troppo monello, quindi dimmela una…dai, ti prego, raccontamene una sola e giuro che da domani diventerò il figlio perfetto che hai sempre desiderato e non ti farò disperare più: te lo prometto! Allora? Me la dici? Dai, ti voglio tanto bene…dimmela…dimmela…dimmela. Però no un’altra volta quella di Achille e Ettore, una nuova, una che non mi hai mai detto! Ok, ti accontento, però che sia una sola che sono le undici passate…

Molti secoli in fa, in Bretagna, viveva un re vecchio e saggio che stanco delle continue e sanguinose battaglie che aveva combattuto sin da ragazzo, decise di realizzare il suo sogno…voleva portare dei multimiliardari annoiati ed un po’ cretini in giro per lo spazio facendogli pagare un botto il "giretto vestiti da astronauti"?  No Giorgio, quello è Elon Musk e non m’interrompere che mi fai perdere il filo…dunque, dicevo, questo re, si chiamava Artù e voleva riunire intorno ad una tavola rotonda, che però poi divenne esagonale, i suoi cavalieri più fieri e valorosi. Il re si fece costruire la tavola rotonda per una ragione molto semplice: ognuno dei suoi fidati e coraggiosi paladini seduti intorno a quella tavola doveva “sentire e capire” che il loro sovrano era giusto ed imparziale e riservava loro pari dignità e pari opportunità. Dicevamo…i sei cavalieri della tavola rotonda…papà me erano molti di più, più di cento… non m’interrompere un’altra volta altrimenti smetto di raccontare! Comunque si, all’inizio erano, come tu dici, più di cento ma siccome Artù si era fatto prestare qualche scena anche da Highlander alla fine ne erano rimasti solo sei; agli altri 94, a causa del dott Darwin, che era una specie di ingegnere gestionale ante litteram, era stata mozzata la testa dopo i primi combattimenti tra loro in cui gli sortunati erano risultati sconfitti.

I sei valorosi superstiti che erano riusciti a superare la fase a gironi ed i turni preliminari di questa specie di Champions erano:

Sir Palamede il Saraceno

Sir Tristano di Lioness

Sir Percival

Sir Mordred

Sir Galahad

Sir Lancelot du Lac

Tutti e sei questi valenti cavalieri erano campioni di coraggio ed avevano, quasi tutti ma non tutti, qualità morali altissime;

Sir Palamede era saraceno e Artù gli aveva affidato il difficile compito di distruggere la “Bestia Errante” (un mostro con la testa di serpente ed il corpo un po’ composito, dato che, come Robo-Cop, era fatto con differenti parti di vari animali) che il prode Palamede aveva subito identificato nell’ignoranza della Storia! Sul suo scudo, di un bellissimo color amaranto, era disegnato un cavaliere rampante ma c’è da aggiungere che questo paladino era anche molto romantico…amava perdutamente Isotta (che però, come in ogni storia d’amore che si rispetti, era follemente innamorata di un altro… di Tristano)!

sir Tristano di Lioness doveva il suo nome all’indole malinconica che lo accompagnava sin da ragazzo (era rimasto orfano giovanissimo) ed era così triste anche perché il suo sconfinato amore per la bionda Isotta era contrastato per ragioni geopolitiche dalla maggior parte dei suoi parenti; deciso a dimostrare il proprio valore, Tristano volle emigrare ed accettò di andare nella lontana e nebbiosa Irlanda (o forse era “interland”?) a sconfiggere, con l’aiutino di Aja, una perfida strega olandese, un mostro tutto dipinto a strisce rosse e nere che si chiamava M…orholt. Tristano, come ogni cavaliere, era logicamente convinto delle proprie capacità e fiero della sua armatura, soprattutto dell’elmo, da cui fuoriuscivano delle piume nerazzurre. Forse pensa addirittura d’essere invincibile perché non sa, il prode e beneamato cavaliere, che dovrà vedersela con avversari come lui altrettanto fieri e valorosi…

sir Percival (ma anche Parsifal) è il più giovane fra i cavalieri della tavola esagonale ma, non di meno, come gli altri paladini è anch’egli è intriso di gran coraggio e dalla instancabile fame di sapere e conoscere ma pure dall’ambizione, nascosta sapientemente, che alla fine, sentendosi proprio come Highlander, sarà l’unico a sopravvivere alla tenzone; Percy è convinto che in un futuro radioso le sue gesta saranno cantate e rappresentate persino al cinema (di cui è innamorato); i colori della corazza, rossi e neri, rappresentano il fuoco e la paura e condivide alcuni interessi comuni con…

sir Mordred, universalmente considerato il più controverso fra i cavalieri del ciclo bretone ed è fiero di essere considerato "eroe cattivo". Il nostro Mordred è solo concentrato ed orientato a non dar nulla di sé, a difendere strenuamente il suo personale carapace. Per distogliere da se stesso l’attenzione altrui parla, straparla e tratteggia gli altri ed il mondo che lo circonda, nella maniera più contorta possibile. Mordred ambirebbe a stupirci con effetti speciali! D’acchitto, per chi lo osserva superficialmente, sembrerebbe perennemente immerso in un universo parallelo fatto di nonsense ed estremizzazioni e tutto ciò per risultare affascinante agli occhi dei creduloni; non teme in alcun modo financo di manipolare la realtà se questo gli può consentire di “andare a meta”, di raggiungere il suo scopo e, nel suo personale “all inclusive giallo-rosso”, non si fa certo scrupolo di distruggere il suo re ed il di lui regno. Mordred, ovviamente, come tutti gli eroi, ha un fiero oppositore…

Sir Galahad che forse è, se non il più valoroso, il più nobile fra i cavalieri di Artù. Lui, Galahad, è “duro e puro”! La sua vita, tutta la sua vita, è dedicata ad un solo altissimo scopo (che poi ti dirò Giorgio), e “il nostro” darà tutto se stesso per raggiungerlo, anche a costo della vita. Poteva mai Galahad avere nel suo stemma colori diversi da quelli di Perceval (l’altro puro tra i cavalieri)? Ovviamente no! Anche lui dunque sceglie il rosso ed il nero; l’unica piccola, insignificante, differenza sta nello scudo dove è raffigurata anche una cima…di rapa che ci ricorda la sua terra d'origine. 

Arriviamo quindi all’ultimo, ma non certo meno importante, cavaliere della tavola esagonale…

sir Lancelot du lac: valoroso, coraggioso, poetico, romantico, di bianco…e viola vestito, Lancillotto è legato indissolubilmente ad Artù, e per lui, per il suo amato re, è disposto a fare qualsiasi cosa, persino l’estremo, personale, sacrificio e quindi con Artù, il prode Lancillotto vuol condividere tutto: gioie, dolori e…moglie!

Infatti papà, stavo giusto pensando: come mai nella tua storia non ci sono le quote rosa? Per caso le hai dimenticate o, per caso, ho un genitore misogino? Ma no Giorgio, che dici, nei “Cavalieri della tavola esagonale” ce ne sono ben due: Ginevra e Morgana. Ginevra e Morgana? Sono due amazzoni? No, assolutamente no.

Ginevra è la regina, moglie di Artù, di cui ti ho già detto che anche Lancelot du lac è perdutamente innamorato (e pure ricambiato); ma anche gli altri cavalieri, sotto sotto e timidamente, la adorano e, anche per la loro regina, farebbero qualsiasi cosa. Ginevra è bellissima, buona e gentile con tutti, ed a tutti non fa mai mancare una parola di conforto ed un emoticon a cuoricino. Come potresti non amarla? Ha un solo unico vezzo: vuole essere sempre circondata dai gigli, che sono i suoi fiori preferiti e di cui non può proprio fare a meno: Ginevra è fiera di essere una gigliata! Papà ma Morgana chi è?

Morgana è la perfida fata, sorellastra di Artù, a cui fa di tutto per rendere la vita impossibile; combatte da sempre il fratellastro ed è invidiosa dei suoi alti e puri sentimenti. Un tipino perfido che, a differenza della bella Ginevra, è da evitare assolutamente e, grazie alle sue arti magiche, è pure capace di tramutarsi in qualsiasi soggetto, animato o inanimato, estremamente piccolo o mostruosamente immenso! 

Come ti ho detto all'inizio del racconto, Artù riunì i suoi cavalieri che davanti alla regina Ginevra (e spiati dalla perfida Morgana) solennemente giurarono di osservare sempre quelle regole che il loro re  stava loro per imporre: mai oltraggiare o uccidere impunemente, evitare gli inganni, mai essere crudeli e, viceversa, concedere sempre pietà, soccorrere le donne e le vedove e non abusare mai di loro ed infine mai ingaggiare battaglia per motivi futili o personali. I cavalieri giurarono tutti ma nessuno di loro, però, rivelò il motivo che li faceva restare fedeli al loro “amato” sovrano; ognuno di loro aveva un solo scopo: trovare il sacro Graal e riuscire finalmente a guardarne il contenuto. Con la benedizione di Artù e quella della regina Ginevra i sei cavalieri senza macchia né paura cominciarono a percorrere le strade più strane, contorte e difficili, che li avrebbero portati a trovare il tesoro di cui avevano, sino a quel momento, solo sentito favoleggiare; ricordarono quel che era stato loro raccontato di Giuseppe d’Arimatea e della coppa leggendaria che conteneva…Papà, ma a te, la storia chi l’ha raccontata?, m’interrompe d'un tratto Giorgio mosso dalla tipica curiosità infantile; Giorgio io ho avuto il privilegio di  leggere la versione autografa di Merlino che, oltre ad essere un famoso mago, nemico giurato di Morgana ed il vate di Artù era, per così dire, la memoria storica delle gesta dei “cavalieri della tavola esagonale”; di tanto in tanto dalla sua cassapanca Merlino tirava fuori una lambretta, un commissario americano dall’impermeabile bisunto ma aveva anche ricevuto dal re il compito di conservare e tramandare la saga bretone. Comunque…i cavalieri, convinti ognuno per sè, di essere i migliori della gara, partirono  lungo il loro viaggio, durato anni, durante i quali cercarono di spiarsi per scoprire le strategie degli altri; misero in campo furbizie e magheggi; si tesero imboscate truci e  malvagie e cercarono persino di eliminarsi fra di loro ma soprattutto, obnubilati dalla loro fame di conquista, non si resero mai conto che sin dal primo istante di quella specie di gara, erano stati sempre vigilati e controllati da Morgana che del resto altri non era che la regina Ginevra stessa; come ti ho già detto Morgana poteva trasformarsi in qualsiasi cosa o persona e quando le capitava di diventare la angelica regina Ginevra…si divertiva pazzamente, era il ruolo che la elettrizzava di più; teneva al guinzaglio quei creduloni di cavalieri proprio come se fossero stati dei bambini intenti a giocare con i soldatini o con la play! Ignari di tutto ciò, dopo tanti, tanti anni, pieni di fatica ed acciacchi, di delusioni e di speranze, i sei cavalieri tornarono nello stesso giorno, nella stessa ora e nello stesso istante, come per magia, al castello di Artù; si ritrovarono, tutti e sei, contemporaneamente, davanti all’immenso ponte levatoio; entrarono nella reggia e  si sedettero intorno alla tavola esagonale; aspettarono che arrivasse il loro re, e tutti e sei, nello stesso nanosecondo, con precisione cronometrica, tirarono fuori dai loro mantelli una coppa dorata. Che strana visione: erano tutte incredibilmente identiche fra loro! I cavalieri si guardarono l’un l’altro negli occhi, attesero il cenno di assenso del sovrano, strapparono il velo trasparente che sigillava i loro graal e scoprirono che…erano tutte e sei vuote! Si disperarono “disperatamente” perché…

Già papà, ma alla fine cosa cercavano e cosa volevano dimostrare ed ottenere Palamede, Percival, Galahad, Tristano, Mordred e Lancillotto? Forse soldi e ricchezza? Forse serenità o amore? Forse emozione e pietà umana? No, cercavano solo la fama e raggiungerla a qualsiasi prezzo. Anche rinunciare ad essere se stessi! Papà ma ne valeva la pena? Si Giorgio, se mettersi in gioco, per qualsiasi motivo, ti restituisce anche solo per un momento la gioia di vivere, sì. Senz’altro! E adesso dormi e sogna, figlio mio che ci provo anch’io.