Dopo nove scudetti consecutivi e una serie di sconfitte, nell'anno in corso, non "da Juve", è tempo di bilanci.
Certo, storicamente una squadra e una gestione interpreti di una tale serie, comprensiva di due finali di Champions sono destinate a non passare inosservate. Ricordiamo Andrea Agnelli farsi carico di una squadra in pesante flessione, dopo "Calciopoli". Cambia radicalmente lo staff. Permette di operare scelte dolorose, come la panchina frequente per una leggenda locale e internazionale come Del Piero. Con conte realizza subito tre centri consecutivi in campionato, anche se le esperienze in Champions maturano solo con le conseguente conduzione Allegri. La società passa indenne attraverso i focolai della polemica per i primi otto anni.
Poi qualcosa cambia. La direzione sportiva passa da Marotta, pressoché plenipotenziario, nella mani di un pool di esperti,dove Nedved  e Paratici sembrano andarre per la maggiore. Parte integrante delle competenze sulla squadra  viene devoluta. L' impero comincia a sfaldarsi. La campagna acquisti consolida sempre più il rapporto tra calciatori di lusso e"parametri zero", ponendo delle gerarchie nella squadra speculari a quelle della corte al potere. Non viene nominato un direttore di gioco che svolga le funzioni di Pirlo o di Pjanic. Non si trovano sostituti di Del Piero o Camoranesi. Si pensa di supplire a tutto ciò chiamando in squadra il novello Sivori così come lo vediamo nel film "Il Presidente del Borgorosso F.C.": Cristiano Ronaldo, uno che si pensa debba ripetere la rovesciata con cui congelava e allo stesso tempo mandava in visibilio anche il tifo avversario. Strapagato, a dispetto dei goal non pare dedicarsi alla squadra nella misura evocata da simili emolumenti. Anzi, a volte manifesta i capricci del divo d' occasione, si lamenta di non essere servito a dovere. E, all'indomani della debacle col Milan, lo 0-3 casalingo, dove si paventa la mancata partecipazione bianconera alla prossima Champions, si pensa alle sue probabili minacce di andarsene.

Per tornare ad Andrea Agnelli, si ipotizza quindi una sua nomina come manager in Ferrari, forse ostacolata dal suo comportamento autarchico a proposito della "Superlega". Credo personalmente che lui possa fare buone cose a Maranello, come nel fatto che sia giunto il momento per lui di lasciare, almeno temporaneamente, un ambiente su cui ha lasciato un segno inconfondibile ma che rimane ricco di persone dalla memoria corta.