Venerdì 15 marzo scorso, a Nyon, Julio Cesar estrasse la pallina che conteneva il bigliettino con la scritta Ajax. Immediatamente dopo, ecco spuntare la Juventus. In molti, e io tra loro, pensarono che evitare squadre come Liverpool, Barcellona e Manchester City fu un’assoluta fortuna per la Vecchia Signora. Nonostante gli eventi, la mia idea resta invariata.

Per carità, non si vuole certo negare la forza dei Lanceri e nemmeno ridurre la portata della loro impresa a livello europeo. Detto questo, analizzando nel dettaglio la situazione, si possono notare alcuni aspetti che forniscono un’ottica diversa della vicenda.

Prima del match contro la Juve, si erano già giustamente avvertiti i tifosi della Vecchia Signora che, magari meno concentrati sul calcio, si facevano influenzare dal nome, Ajax. Ultimamente questa squadra non viveva certo i fasti del passato. I numeri, però erano tutti favorevoli agli olandesi. I ragazzi terribili di ten Hag avevano, infatti, totalizzato ben 4 vittorie, 3 pareggi e una sola sconfitta giunta in casa contro il Real Madrid, poi, asfaltato 4-1 al “Bernabeu”. I gol realizzati erano 16 e quelli subiti solo la metà. Insomma, cifre da capogiro e sicuramente migliori di quelle degli italiani. I dati non sono sentenze, ma fungono da ottima radiografia di una squadra. Infatti, i Lanceri eliminavano i Campioni d’Italia migliorando ancora i loro scores che si sono aggiornati positivamente anche dopo la semifinale di andata contro il Tottenham. Ora, l’Ajax vanta 6 successi, 4 pareggi e l’unico passaggio a vuoto resta quello nella Capitale Spagnola dove De Ligt e compagini sperano di tornare il primo giugno. Per quanto riguarda i centri realizzati, attualmente, i Lanceri sono saliti a quota 20. La media è quella di 2 reti ogni sfida. Invece, la casella dei gol subiti segna il numero 10. Questo dato rimarca una retroguardia non proprio invulnerabile.

Non ci si può limitare, però, alla fredda analisi numerica. Occorre anche valutare il gioco proposto dagli olandesi. Per questo è necessario scomodare Cruijff e il “calcio totale”. Gli uomini di ten Hag sono, ormai, definiti bonariamente “terribili”. Questo aggettivo, chiaramente utilizzando con un’accezione positiva, significa perfettamente le qualità dei giocatori dell’Ajax. Ognuno di loro pone a disposizione della squadra la sua migliore caratteristica. L’anima e il cuore sono lasciati sul prato verde dello stadio nel quale si gioca. Nulla è lesinato e niente è rimpianto perché si offre sempre tutti se stessi. La corsa, quindi, non può mancare. L’aerobica diventa fondamentale quando si vuole occupare correttamente ogni singolo appezzamento di terreno e lo si vuole fare in superiorità numerica. Si gioca nello stretto, evitando il più possibile il lancio lungo a cercare la punta. Si fraseggia con infinita qualità e con una velocità disarmante che rende impossibile ogni lettura avversaria. A tratti, lo spettatore ha l’impressione che il calciatore sia sbucato dal nulla, come teletrasportato. L’altra arma dell’Ajax è il pressing asfissiante e condotto nella metà campo avversaria.

Viene da chiedersi, dunque, dove siano i limiti di questa armata imbattibile. Coloro che si saranno presi l’impegno, o il piacere, di osservare entrambe le semifinali di andata di Champions League avranno potuto notare la differenza tra le 2 gare. Già a occhio nudo emergono le enormi diversità tra le sfide.

Una discriminante è certamente l’esperienza. Se Ajax e Tottenham non sono abituate a disputare gare di questo livello, Barcellona e Liverpool le vivono molto più sovente. La maggior parte dei giocatori di Lanceri e Spurs devono ancora esercitarsi a giocare sfide così importanti. Questo non significa che affrontino l’impegno con maggior paura o soggezione, ma semplicemente che debbano provare certe situazioni e imparare a gestirle. Nell’altro match, invece, tale problema non si è di certo presentato.

Poi, vi sono qualità e ritmo. E’ vero, l’Ajax “viaggia a mille all’ora”, ma quelli di ieri sera… Mamma mia. Che roba. Per 97 minuti, catalani e Reds hanno lottato su ogni pallone. Hanno combattuto e battagliato senza tregua con un’intensità inimmaginabile. Per rendere l’idea basti pensare che sul 3-0, al 96’, i blaugrana si sono lanciati in contropiede in 3: Messi, Dembelé e Pique. Oltre al neo entrato francese, si tratta dell’argentino che già aveva dato ogni briciola di anima segnando anche una doppietta e di un difensore. Sono poche le squadre sul globo terracqueo che avrebbero deciso, con 3 gol di vantaggio e un ritorno da disputarsi fuori casa, di portare 3 uomini in transizione di cui uno è membro cardine della retroguardia. E’ vero che la sfida era praticamente terminata, ma un’ulteriore controffensiva inglese non era certo esclusa. Tutte le giocate della sfida si sono eseguite a una velocità disarmante. Proprio per tale motivo si necessita di una qualità infinita.

Dopo il match, Condò, opinionista di Sky e uomo di grande cultura, ha originato un parallelo molto fine. Ha rimarcato come questo Barcellona “si origini dalla costala” dell’Ajax di Cruijff. Il riferimento biblico è alquanto comprensibile. Con tale sofisticata metafora, il giornalista ha spiegato perfettamente la situazione. Quando l’olandese si trasferì in Catalogna per allenare i rossoblù, lasciò un’impronta che, poi, ha subito varie modifiche. Tra queste, le principali paiono essere quelle apportate da Guardiola. Il Barca attuale sembra essere un condensato dei migliori aggiornamenti al sistema con l’imprinting di Johan ai quali si sommano dei giocatori da paura.

Ecco, quindi, che si passa ad analizzare i singoli. De Ligt, De Jong, Van de Beek sono molto bravi. Non a caso, il secondo è già nelle grinfie del Barcellona. Il primo e l’ultimo, invece, paiono pezzi pregiati del prossimo calciomercato estivo. Oltre loro, però? Tagliafico sembra un gran terzino. Blind è un buon difensore, ma quando ha giocato in Premier ha faticato parecchio. Si fa un gran parlare del trio offensivo. I numeri sono dalla loro parte. Tadic ha segnato 24 gol in 32 sfide. Fantastico. Detto questo, è un uomo di 30 anni. Perché prima non si è mai espresso su certi livelli? Le ipotesi sono 2. E’ esploso in età matura oppure riesce a rendere bene perché è in un meccanismo oliato e perfetto fuori dal quale tornerebbe a essere un giocatore normale? Ai posteri l’ardua sentenza. Non giurerei neppure sul reale valore di Ziyech e Neres. Tecnicamente sono sopraffini, sono dotati di una grande corsa e pure loro vantano numeri importanti, ma non paiono avere quell’appeal necessario per esprimersi a lungo su questi livelli o lontano dalla confort zone creata loro da ten Hag. Si è sempre pronti, comunque, a ricredersi in caso di errore di valutazione. Con tutto il rispetto, quindi, i top club europei, tra i quali il Barcellona, vantano campioni in grado di fare la differenza in ogni reparto del campo. Elencare i soliti noti sarebbe inutile esercizio di stile.

Da ultimo, si osservi attentamente il cammino dell’Ajax. Nel girone, i Lanceri sono giunti secondi dietro un Bayern Monaco che poi è stato estromesso agli ottavi in maniera abbastanza netta dal Liverpool. Dopo lo 0-0 di “Anfield”, infatti, la squadra di Kovac ha perso 3-1 in casa. Agli ottavi, i ragazzi terribili di ten Hag hanno compiuto la grande impresa al “Bernabeu”, ma questo Real Madrid è la versione stanca e anziana di quello che ha conquistato 3 Champions League consecutive. Nella doppia sfida agli olandesi, Solari era un tecnico sulla graticola. Ramos ha avuto la “brillante idea” di “buscare” un’ammonizione all’andata proprio allo scopo di evitare la gara di ritorno, forse, dando per scontato il passaggio ai quarti. Insomma, un imperdonabile errore di valutazione. Nell’impresa epica dei Lanceri in terra ispanica, poi, non vanno dimenticati i legni colpiti da Bale e Varane. E la Juve? Una squadra che non ha disputato un’ottima Coppa dei Campioni giungendo ai quarti stremata e incerottata. Basti pensare che in entrambe le sfide le mancava un cardine della difesa come Chiellini. All’andata non vi era neppure Emre Can. Al ritorno, ecco l’infortunio di Douglas Costa che nella gara precedente aveva fornito l’impressione di poter essere l’arma vincente in contropiede. A proposito, il palo del carioca alla “Cruijff Arena” grida ancora vendetta. La Dea Bendata bacia l’Ajax anche nella semifinale di andata. Agli Spurs, infatti, mancano Son e Kane. Non va dimenticato, poi, che un intero movimento calcistico si è fermato per consentire ai biancorossi di arrivare nella migliore condizione a quest’ultima sfida. Nel weekend scorso, infatti, la Eredivese non ha giocato. Quale altro campionato si permetterebbe una simile situazione? Insomma, bravi questi Lanceri, ma che fortuna.

Tutto questo per rimarcare che, riconosciuta la forza dell’Ajax, forse, è il caso di non esaltare in maniera troppo marchiata questa compagine. Anche perché già gli stessi giocatori che la compongono non mancano occasione per farlo. Magari, “è il loro anno” e potranno pure salire sul tetto d’Europa, ma le grandi squadre sono altra cosa. La sfida di ieri ne è la dimostrazione. Il Barcellona è devastante e le altre big ancora lontane. “Date a Cesare quello che è di Cesare”.