Adelmo & Luigi

(ispirato al film Thelma & Louise)

Dedicato a tutti i tifosi di calcio che vorrebbero poter seguire in santa pace le partite della propria squadra del cuore, comprese interviste e conferenze stampa pre e post gara, senza essere disturbati continuamente, e senza doversi sentire in colpa per aver sottratto tempo alla famiglia seguendo la partita, quando in realtà in qualsiasi altro momento della settimana, pur dichiarandosi ed essendo sempre teoricamente disponibile per recuperare quel tempo, nessuno dimostra assolutamente di sentirne la mancanza.

 

Moglie di Adelmo: “Amore, indovina dove andiamo a cena stasera?

A parte il non trascurabile elemento sorpresa dell'essere chiamati con lo stesso appellativo con cui, prima di lui era più facile venisse chiamato loro figlio, o in subordine il cane, o in subordine il cellulare (sì, proprio il cellulare), o in subordine la sua amica del cuore, che di settimana in settimana, cosa inconcepibile per un uomo, poteva cambiare, e difficilmente era la stessa della settimana prima.

Vi starete chiedendo: “possibile che una donna sia capace di chiamare amore persino il suo cellulare, e questo con maggior convinzione e coinvolgimento emotivo di quanto ne avrebbe con un’amica? Ebbene sì! E non perché “all’altro capo”, in quel momento ci sia un amante, un parente, o comunque qualcuno di particolarmente caro. No, assolutamente no! Lei chiamava “amore” il cellulare in quanto strumento che le permetteva di leggere le ca**ate di facebook, le str**zate di WhatsApp, le min****te di Tic Toc, o altre cose per lei di vitale importanza. Naturalmente questo discorso si sarebbe potuto fare quasi pari pari anche nel caso di un uomo…

E quindi, solo per questo, solo per una sorta di riconoscenza verso quell’ammasso ben organizzato di ferraglia, o ad essere più precisi, ammasso di silicio drogato, lei era capace di chiamare il proprio cellulare ‘amore’.

Accertato che la persona chiamata in causa con l’appellativo Amore fosse davvero Adelmo, il che lo autorizzava a essere molto più guardingo del solito, camminando, ad esempio sempre rasente al muro, per evitare dolorose collisioni con uccelli paduli volanti a bassa quota, oppure a stare ben lontani dalle persone che dichiaravano di volergli concedere un'opportunità di crescita, altro modo camuffato per dirti che se accetterai, proveranno in tutti i modi a mettertela nel didietro.  La risposta che istintivamente gli sarebbe venuta da dare, preso alla sprovvista, così, su due piedi, ma soprattutto tenendo conto dell’impegno a San Siro della Juventus in casa del Milan, sarebbe potuta essere il classico interlocutorio “… in che senso???”

In che senso: locuzione interlocutoria che avrebbe permesso ad Adelmo di guadagnare qualche secondo prezioso, in attesa che nella sua mente si accendesse non dico una luminaria da festa patronale, ma almeno il classico cero votivo o lumino cimiteriale che dir si voglia, a ricordargli quale cacchio di compleanno o ricorrenza fosse, quella che minacciava di impedirgli di vedersi in santa pace la sua amata Juve.

La situazione diventava ad ogni istante sempre più pressante, e ben conoscendo la predisposizione all’incazzatura di sua moglie, e i tempi di risposta brevissimi che ella pretendeva da tutti, molto prudentemente ci si limitava, ancora una volta a risposte interlocutorie, buone per ogni circostanza. Risposte del tipo: ”ok, poi vediamo”, che era di gran lunga la più gettonata, in quanto semplice e convincente. Anche questa volta Adelmo si limitò ad una risposta buona un po’ per tutte le situazioni, una specie di jolly che ti era concesso di usare, bruciandolo, una sola volta per discussione (dove, quando dico “discussione” lo faccio nell’accezione anglosassone di litigio).

Come detto, l'esperienza pluridecennale che aveva accumulato, suggeriva ad Adelmo risposte interlocutorie di questo tipo, stando ben attento a non tradire in nessun modo, con un’espressione del viso troppo sorridente, che implicitamente avrebbero insospettito (ed indispettito) sua moglie, o anche con un’espressione troppo poco entusiasta, la quale sarebbe stata senz'altro meno sospetta, ma non per questo in grado di evitare domande di approfondimento, o considerazioni sul suo mancato entusiasmo: Pensa che ti ripensa, alla fine Adelmo ebbe un’illuminazione e si ricordò quale ricorrenza avrebbero festeggiato, e che, con ogni probabilità gli avrebbe quindi impedito di vedere in santa pace la partita tra Milan e Juve, partita sempre importante, che quest’anno, pur essendo ancora all’andata, rischiava comunque di diventare una delle sliding doors del campionato.

Adelmo e il suo storico amico Luigi, col quale da sempre (per tradizione che affondava le proprie radici in tempi e luoghi immemori), assistevano insieme alle partite, avevano a disposizione solo poche ore per studiare insieme una qualsiasi strategia che gli permettesse di sgusciare via, come un’anguilla a Capodanno, dall’obbligo a cui Adelmo sembrava inesorabilmente inchiodatoIl programma già deciso in ogni dettaglio dalla sorella di Adelmo era di pranzare a casa per poi fare una puntata al monastero ad una decina di chilometri dalla città, meta di pellegrinaggio, ma soprattutto luogo ideale per una scampagnata rigenerante. Il programma prevedeva poi, una volta conclusa la scampagnata, di tornare a casa in serata, per festeggiare tutti insieme il compleanno del fratello della moglie di Adelmo. Un programma che se non fosse stato per la totale sovrapposizione dei festeggiamenti del compleanno con l'inizio della partita Milan Juventus, non avrebbe comportato nessun problema per Adelmo, sempre pronto ad adattarsi per quieto vivere alle decisioni già prese da sua moglie, decisioni che spesso, sicuramente per distrazione, non venivano neanche comunicate all’interessato. Ma stavolta era diverso. Stavolta c'era la partita della Juve con la sua importanza e le sue emozioni alle quali non si poteva certo rimanere indifferenti.

La moglie di Adelmo, così come anche suo fratello, (il festeggiato n.d.r.), l’avrete senz’altro intuito, erano persone inclini alla prepotenza, abituate ad imporsi più alzando la voce, che affinando le argomentazioni a supporto delle proprie idee. In buona sostanza, a parte Adelmo e il suo compagno storico di tifo juventino, Luigi, tutti gli altri si stavano dimostrando assolutamente insensibili al richiamo dei valori dello sport in generale, e del calcio in particolare. Ma c’era di più! Essi, non solo mostravano scarso interesse per il calcio, il ché, essendo in democrazia ci poteva anche stare, ma questo scarso interesse, si tramutava anche in pieno e evidente disprezzo per chi invece il calcio lo praticava o lo seguiva, magari persino con grande trasporto emotivo, com’era nel caso di Adelmo e del suo amico Luigi. Il refrain che ancora una volta si sarebbe ripetuto, sempre lo stesso, immutabile negli anni, avrebbe recitato più o meno così: “ma com’è possibile arrivare ad avere anche 40 o 50 anni e continuare a voler passare il proprio tempo a parlare e discutere di calcio?

Ragionando con schemi mentali di questo tipo, non doveva sorprendere nessuno anche la successiva conclusione su questi campioni di fannulloneria; conclusione a cui si giungeva quasi in modo automatico: e cioè che queste persone non potevano che essere degli inconcludenti, che invece di utilizzare in modo proficuo il loro tempo, lo sprecavano a guardare per ore e ore 22 giocatori in mutande, strapagati per correre dietro ad una palla.

Affermazioni come questa, non potevano certo non suscitare rabbia e sconcerto in Adelmo, in quanto non solo si trattava di considerazioni poco rispettose nei confronti di uno sport praticato da milioni di persone, ma soprattutto erano affermazioni che avevano come obiettivo quello di ridicolizzare chiunque fosse appassionato di calcio, e naturalmente Adelmo nello specifico. Adelmo già sapeva come sarebbe andata a finire: quella che avrebbe potuto essere una piacevole serata si sarebbe trasformata in una serata di guerriglia domestica. Certo, il calcio, in quanto metafora della vita, presenta anche aspetti poco piacevoli, ma anche questi in un certo senso fanno inevitabilmente parte di una fedele descrizione della realtà. Più che dalla visione delle partite, questa visione derivava dalle interviste e dalle conferenze stampa che rappresentavano fin troppo bene la demenzialità di questo mondo. Il mondo del calcio, che, non v'è dubbio poteva solo essere amato, oppure odiato.

Come in un prontuario, ad ogni domanda, ormai, corrisponde una risposta prefabbricata. In questo caso su un giocatore specifico, la risposta obbligata sarà: “Mi spiace ma non parlo mai dei singoli. Nella mia squadra sono tutti titolari”. Se invece capita di essere a casa (o anche allo stadio) a seguire la partita, e constatando che la tua squadra ha appena colpito la traversa e nella successiva azione di rimessa gli avversari hanno segnato, non potrai fare a meno di commentare, severissimo con te stesso e con tutti i giocatori: gol mangiato gol subito! Ma la colpa di cotanta idiozia, è solo degli allenatori o anche dei giornalisti e delle loro domande banali? Le domande probabilmente erano le stesse anche molto tempo fa. Quello che è cambiato è il modo di riportare le risposte. Tutto riverbera più velocemente, per cui gli allenatori si esprimono sempre in modo molto prudente, per non dover poi essere additati di essere la causa di destabilizzazione dello spogliatoio.

Se ci troviamo a commentare una partita persa ai rigori, il commento non potrà che essere: “abbiamo giocato alla pari, per certi frangenti avremmo anche meritato. Poi però quando si arriva alla lotteria dei rigori…”. E se invece ci si trovasse a dover commentare una partita vinta all’ultimo secondo, magari grazie a un autogol? “Grande prova di carattere, ci abbiamo creduto fino alla fine. Oggi contavano i 3 punti, il bel gioco arriverà”. Un nuovo giocatore entra a far parte della rosa: “Ho visto un gruppo molto unito, uno dei migliori in cui sia mai capitato. Mi volevano anche altre squadre, ma quando ho saputo del loro interesse non ho avuto dubbi”. Partita di coppa: avete vinto la gara di andata e siete in attesa del ritorno: “È finito solo il primo tempo: queste sono partite che vanno giocate nell’ottica dei 180 minuti”. E per una partita impegnativa, magari contro la capolista? “Si può rispolverare la classica distinzione tra rispetto e paura, sottolineando che ‘rispettiamo tutti ma non temiamo nessuno’. Oppure, commento ovvio e comico come nessun altro mai: “Noi andiamo a fare la nostra partita”. Aggiungiamo noi: “come se fosse possibile giocare la partita di un altro!”

Le armi a disposizione di chi aveva voglia di rovinare la serata di Adelmo e di Luigi erano tante. Tutti i luoghi comuni relativi al calcio di cui noi abbiamo visto solo una piccola parte sarebbero stati utilizzati per dimostrare quanto stupido sia essere tifoso di una squadra di calcio e di tenere così tanto a vederla giocare, soprattutto se la sfida è così importante come un Milan JuventusFu così che Adelmo e Luigi, mentre erano lì al monastero per fare la scampagnata, come previsto nel piano condiviso / imposto ad un certo punto non li trovavano più.

A guardar meglio, si accorsero anche che i due avevano preso con loro la macchina (di Adelmo), lasciando al resto della comitiva, l’altra macchina (del cognato / festeggiato) per poter tornare poi, con tutta calma a casa per i festeggiamenti. Pochi minuti dopo sul cellulare della moglie di Adelmo arrivò un WhatsApp che avvisava, con una certa freddezza, di essere diretti a Milano per vedere insieme la partita della Juventus, e a fine partita sarebbero poi partiti per un periodo di disintossicazione da tutti questi veleni. Dove sarebbero andati di preciso, e quando sarebbero tornati non lo sapevano bene neanche loroAvrebbero fatto sapere loro quando si sentivano pronti a tornare, ma prima di allora chiedevano di essere lasciati in pace.