Sono nato a metà degli anni '50 e fin da piccolo sono stato stato appassionato di calcio e tifoso juventino per tradizione familiare; ho cominciato a sentir parlare di Juve e ad esserne tifoso negli anni di Sivori e Charles, che ai miei occhi sembravano più personaggi mitologici che persone in carne ed ossa. 

Sivori e la Juventus sembravano una cosa sola; quando ci fu la cessione dell'oriundo argentino al Napoli, molti tifosi juventini del mio paese, un piccolo borgo della Romagna bianconera, lasciarono la Juve per diventare tifosi del Napoli; anch'io ne fui tentato, ma poi resistetti e rimasi, come tutta la mia famiglia, fedele alla Juve.

Erano i tempi della Juve di Heriberto Herrera (un genio e precursore dei tempi col senno di poi, ma poco amato dalla critica e dai tifosi juventini dell'epoca); era una Juve di giocatori mediocri e i risultati scarseggiavano; era l'epoca dei successi di Milan e Inter in coppa campioni; la Juve vinse uno scudetto battendo in volata l'Inter, dopo il successo di San Siro con gol di Favalli e, soprattutto, col sorpasso all'ultima giornata grazie alla sconfitta dell'Inter a Mantova con gol di Di Giacomo e super papera del portiere Sarti; la rosa della squadra era però di molto inferiore  a quella dell'Inter.

Erano gli anni in cui il calcio era più raccontato e immaginato che visto; si acoltava il racconto delle partite alla radio e si vedeva in Tv solo un tempo di una partita in registrata serale e le immagini delle azioni salienti  nella trasmissione "la domenica sportiva" in seconda serata.

Ascoltando la radio e seguendo la Tv, in quegli anni fui colpito dalle gesta e dai gol di un giovane centravanti, Pietro Anasatsi, che militava nel Varese in serie B; durante il calciomecato speravo ardentemente che fosse acquistato dalla Juve, ma i giornali dell'epoca lo pronosticavano molto vicino all'Inter. Improvvisamente, in un notiziario sportivo Rai (l'unico dell'epoca) venne dato l'annuncio ufficiale dell'acquisto di Anastatsi da parte della Juve; la mia fu un'esplosione di gioia; mi sembrava incredibile: il "mio campione" faceva parte della mia squadra.

Era il mio primo vero idolo; infatti i Sivori, Charles e altri li avevo "trovati" già nella Juve, invece Anastasi era nuovo e lo sentivo nascere e crescere con me e il mio amore per la Juve.

Una leggenda dell'epoca (non so quanto vera) narra che Aanstatsi stesse sotenendo un provino per l'Inter e che nell'intervallo gli venne comunicata la cessione alla Juventus; una beffa verso gli arcirivali interisti, che aumentava la  mia soddisfazione e l'attaccamento al mio idolo.

Anastasi alla Juve si confermò grande centravanti e fu il primo acquisto che pose le basi per la Juve vincente degli anni successivi;  i suoi gol per me avevano sempre un sapore diverso, più dolce, di quelli degli altri.

Il siciliano Pietro Anastasi, detto Pietruzzu, fu anche un simbolo extracalcistico; erano gli anni della massiccia migrazione dal sud al nord e non erano rari gli episodi di intolleranza, si ricordano a Torino i cartelli "non si affitta ai meridionali". Avere un siciliano centravanti e cannonniere della Juve "squadra Fiat", rappresentava un  forma di riscatto per tutti i meriodionali.

Dopo diverse stagioni bianconere, Anastasi fu oggetto di scambio con l'Inter, che portò Boninsegna alla Juve; anche questo fu un vantaggio per i bianconeri, in quanto Anastasi, ormai  a fine carriera, fu meno utile all'Inter di quanto non lo fu Boninsegna per la Juve.

Il suo rapporto con la nazionale  fu un po' controverso e non sempre felice. Nel 1968 si disputò in Italia la fase finale del campionato europeo; la nazionale italiana si qualificò per la finale contro la Jugoslavia con qualche stento (la semifinale contro l'Unione Sovietica fu vinta solo grazie al sorteggio) ; in finale l'incontro fu dominato dalla Jugoslavia e l'Italia raggiunse un insperato pareggio con gol di Domenghini e errore del portiere avversario. Secondo il regolamnto di allora si doveva procedere alla ripetizione del match e il C.T. Valcareggi pensò di cambiare formazione inserendo, fra gli altri, il giovane Anastasi, che ripagò la fiducia con un bel gol in semirovesciata, che fissò il 2-0 finale, col quale l'Italia ha vinto l'unico campionato europeo della sua storia. 

Due anni dopo Anastatsi era fra i 22 in lista per i mondiali del Messico, ma un improvviso inconveniente, subito nell'imminenza  della partenza, ne impedì la convocazione e così non potè partecipare al mondiale '70 conclusosi per l'Italia con un brillante 2° posto.

Ora, nei giorni in cui Anastasi ci ha lasciato, quel bambino degli anni '60, nel frattempo un po' cresciuto, ricorda con tanto affetto e nostalgia il suo campione  e vuole rendergli omaggio.

Il mio commosso saluto a Pietro Anastasi il "mio primo vero grande idolo". Riposa in pace, campione.