Questa volta l'ho scritta un sonetto, forse è il modo migliore per far intendere cosa penso di questo signore, che calcava i campi Europei, ma che per i suoi colpi di testa fuori dal campo, da campione che poteva essere è diventato un pianto.

A Mario, ma come bisogna fartelo capire, che la strada del successo sta viaggiando come un treno dritta all'eccesso. Tu eri un giovane ragazzo, che con il pallone al piede correva come un razzo, che segnava tanto in quella Primavera, che era a strisce azzurra e nera. La tua strada inizia in discesa, anche senza pretesa, con un Triplete pesante come un magnete. Era il 2010, e chi non se lo ricorda quel giovane campione in erba, che era pronto ad accendersi come un minerva. E già un minerva vero, perchè con la palla sembravi un campione vero, ma quando qualcosa non andava, allora ecco che subito se la prendeva. Colpa di chi? Molti pensavano, forse un tecnico troppo duro, forse il tifoso di sicuro, ma più il tempo andava avanti e più ti difendesi con i guanti. Così, dopo appena una stagione, ecco che parte il primo fugone, ma non prima di vedere quella maglia calpestata a striscie azzurre e nere. Così un bel giorno d'estate su un contratto le tue iniziali hai postate, era un contratto di Premier vestito, quella del City dello Scheicco era "Al piatto ricco me ficco!". Ecco che, con l'allenatore italiano, ti sentivi tutto a portata di mano, ma bastò una sola stagione, per alzare le mani a quell'allenatore, che ti aveva portato lontano da Milano, e che a te aveva stretto la mano, quella di un padre ad un figlio per ritrovare il sorriso, che alla fine non hai mai condiviso. Poi ecco che i fischi ti portano ad indossare quel "Why Always Me?", che alla fine non ti riuscivi a capacitare. Già "Perchè proprio a te?" domandavi ai tifosi, che alla fine dei tre anni erano furiosi. Così ecco che nel 2013 arriva la sentenza, la Premier di te vuole fare senza. Spedito al Milan di fretta e furia, per togliersi un pazzo, un pazzo per natura. Così la fortuna ha voluto, che della squadra er la cui avevi sempre fatto il tifo, ti togliesse da quello squallido schifo. "Con la maglia rossonera indosso Balotelli si trasformerà da ragazzino a grande asso", almeno così il tifoso milanista pensava, per quanto tifoso fosse stato, non avrebbe le spalle mai voltato.
E' così che il Balotelli pensiero si trasforma in un giocatore, un giocatore vero, certo alle sue spalle un signore di nome Mino, aveva chiesto alla società oltre ad un ingaggio per il suo campione, fuori busta qualche milione. E già, la stagione volò in fretta, e portò con se una grande fetta, 43 presenze con 26 segnature. Ma alla fine della stagione, ecco che dall'Inghilterra, arriva un altro rosso che poco più sbiadito, porta a 52 denti all'italiano il sorriso. "Ma come non era tifoso?", pensava il tifoso milanista, che la bocca si era fatto dopo una stagione da protagonista. Ma che, ma quale tifoso, alla fine quel che importava al bresciano giocatore, era mettersi in tasca in più qualche milione. Così da Malpensa destizione Liverpool, che l'accoppiata vincente, almeno per le allodole, si presenta all'Anfiel Road chiedendo un contratto alla McEnroe. Ma la storia sembra tornare a due anni prima, proprio quando in quella Premier League, fu cacciato via per quel carattere biricchino, che in casa City aveva portato non proprio benino. Così dopo la firma e foto di rito, ecco che dal resto d'Inghilterra, c'era chi se la rideva dietro i baffi, pensando "Ma questi sono scemi? Questo ce sguazza con la barchetta e i remi". Così  la stagione durò poco meno di un'annata, anche dalle strade del tempio inglese, la gente cominciò con le pretese "Mandatelo via, non vogliamo a che fare, con un giocatore che cerca solo grane". E così dal buon cuore del Silvio nazionale, ecco che si ritorna nelle terre Padane.
Il Milan ancora una volta si era presa la briga, di mettergli indosso quella maglia a doppia riga. Così, ecco un altra stagione in Serie A, lo riporta di nuovo qua. Ma stavolta di quel campione lasciato un anno prima, non sembra esserci rimasta, solo la stima, per quei colori da sempre difesi da tifoso, ma con con un fare troppo afoso.
La stagione segna una sola rete, e alla fine, anche il Silvio nazionale, capisce che per il Balotelli bresciano, non si può scucire qualche soldo dalla mano. Balotelli è libero di trovarsi una destinazione, quel Milan che lo aveva tanto voluto, alla fine gli apre la porta e con la mano gli fa un saluto. Rifiuti su rifiuti, perchè si sente un campione, quindi di colpo saluta la Nazione. Così come un garibaldino convinto si mette in lizza per l'attacco del Nizza.
La Ligue 1, è una nuova fermata, di quel treno che non trova mai un capolinea adatto, per quel crestato che sembra sempre più matto. La Francia sembra perfetta, casa di lusso sul mare, e tutto quel che c'è da apprezzare. Feste, amici e cose costose, anche se l'ingaggio non è più tutto rose. Stavolta il crestato italiano, si è dovuto accontentare di molto meno, altrimenti sarebbe rimasto a guardare da casa le partite, di chi invece si accontententa di meno pur di giocare su un terreno. "Ma Nizza è la destinazione giusta", gridava al cielo quel Mino, che aveva strappato contratti d'oro ma che alla fine non trovava più nessuno pronto a porgergli l'alloro.
Così in due stagioni di grande prospetto qualcuno pensava "Forse ha capito in ritardo i suoi difetti". Ma forse aveva pensato male, infatti dopo quelle due stagioni di grande livello, nella terza tornava a fare il giovincello. E così anche a Nizza si accorsero che quel giocatore stimato poco prima, era arrivato alla deriva.
Ma forse le stelle non si erano ancora affievolite, così spuntò l'Olimpique Marsiglia, come una dinamite. Ma qui durò poco meno, anzi tre mesi bastarono al club marsigliese, di tagliare al terzo mese. Balotelli sembrava finito, anzi qualcuno pensava che l'essere sempre ingrugnito sul viso, aveva coperto quel campione e lo aveva trasformato solo in un volpone, che pensava solo a donne, soldi e macchinoni, e che se ne fregava di segnare anche fossero solo rigori.
Brescia, sua terra adottiva, decide così poco prima di salire nella massima serie, di dare al quel giocatore un posto dove giocare. Beh Brescia, la sua terra adottiva, dalla quale aveva preso il suo dialetto, visto che arrivò giovinetto. Ma forse quel giocatore, aveva già smesso di giocare, e invece di tenere alto l'amore per la sua città adottiva, continuava a fregarsene con una vita non proprio da seguire, anzi, festeggiava, serate, discoteche e tutto quel concerne un non essere un esempio da seguire, per quel tifoso che con il suo arrivo, nella permanenza nella massima serie, sperava con i sogni in tasca da tenere. Ma che dire, le bizze con il presidente Cellino, lo fecero durare davvero pochino, tanto che in una stagione da giocare, alla fine la retrocessione fu la giusta divisione, con quel giocatore che un giorno pensavano diventasse un campione.

E ora che dire? Di Balotelli, nessuno sa più cosa dire, forse gli anni più belli li ha vissuti, ma fuori dal campo, tra nottate, donne e macchinoni, che anche altri campioni hanno avuto, ma che almeno quando un giorno si parlerà di loro qualcuno si ricorderà le gesta, mentre del Balotelli casinaro, non si ricorderà nemmeno uno che lo vede su un giornale alla mano.
Balotelli, Balotelli, forse hai perso gli anni più belli, che forse ti avrebbero portato a vincere i trofei che ora non vincerai più e ben lo sai.