Scritto con la mia fidanzata Alice

Dopo la vittoria di sabato per 3 a 1 contro il Watford, il Manchester City si è ritrovato al primo posto solitario, con il Liverpool staccato di un punto. Che la colpa sia delle pessime prestazioni dei Reds passa in secondo piano, perché ciò che più stupisce dei Citizens è la qualità del gioco, merito soprattutto dell’allenatore Josep Guardiola, che è considerato uno dei più grandi allenatori della storia per molteplici motivi.

  • Il possesso palla e il calcio totale

Le sue squadre riescono a esprimere un gioco esteticamente magnifico, ma molto dispendioso dal punto di vista fisico: i giocatori di Guardiola sfruttano lo spazio in tutte le sue variabili, grazie ad un possesso palla basato su una grande quantità di passaggi corti e ravvicinati, il famoso tiki-taka, che contribuisce ad allargare le maglie dei difensori avversari, permettendo ai giocatori più dotati tecnicamente di lanciare gli “attaccanti” con veloci e precisi filtranti, ma allo stesso tempo difendendo con un pressing alto e aggressivo.
Questo tipo di gioco ha trovato la sua massima espressione nel quadriennio al Barcellona, nel quale i catalani riuscirono a vincere 14 trofei, centrando l’obiettivo del Sextuple nella stagione 2008-2009: ancora adesso gli esperti di calcio considerano quell’annata come la massima espressione del guardiolismo e della cantera blaugrana, dalla quale provenivano le maggiori stelle del periodo, tra cui Puyol, Xavi, Messi e Iniesta, vere e proprie colonne portanti del Barcellona. Le stagioni successive consacrarono definitavamente quella che era la rinascita del “calcio totale” dell’Olanda degli anni settanta: in campo I giocatori non avevano un ruolo definito, ma assecondavano il bisogno del proprio compagno, andando a tappare gli eventuali buchi creati da errori individuali.
Uno degli esempi che saltano più all’occhio è rappresentato da Delph, centrocampista centrale del City arretrato a terzino sinistro, ma con compiti da tuttocampista. Il progetto più vincente dell’epoca finì improvvisamente quando Guardiola lasciò il Barcellona per prendersi un anno di riposo dal calcio, per poi tornare ad allenare il Bayern Monaco, esportando così il guardiolismo anche all’estero, con risultati di buon livello sia in Germania, dove vinse tre campionati e due coppe, sia in Inghilterra, dove tuttora allena e dove ha vinto un campionato, due coppe di lega e una Community Shield, portando il Manchester City ad essere la miglior squadra d’Inghilterra e una delle formazioni papabili alla vittoria della Champions League. Aiutato sempre da un possesso palla quantitativo e qualitativo.

  • L’assenza dell’attaccante

Guardiola non ha mai nascosto di non apprezzare gli attaccanti classici, quelli dotati di fisico e capaci di far reparto da soli, ma al contrario ha sempre fatto utilizzo del falso nueve, che, come dice il nome, è un “falso” attaccante, cioè un giocatore che non gioca da punto di riferimento in avanti, ma cerca di attirare l’attenzione dei difensori avversari, liberando così gli spazi necessari per gli inserimenti delle ali. Alcuni di questi giocatori particolari sono Fabregas e Messi. Infatti, ogni qual volta ha avuto a che fare con un centravanti classico, le sue squadre hanno reso sotto le aspettative: per esempio, quando Ibrahimovic arrivò a Barcellona, Guardiola non riuscì a farlo rendere al massimo, e lo svedese disputò una stagione sotto le aspettative, segnado solo 16 goal e non riuscendo a guidare I catalani alla seconda Champions consecutiva, lasciando la squadra alla fine della stagione. Anche Lewandowski all’inizio fece abbastanza fatica ad abituarsi al gioco del tecnico catalano: dopo una grande stagione al Borussia Dortmund, il polacco segnò solo 17 goal, risultando comunque come il miglior marcatore dei bavaresi, mentre già l’anno dopo segnò 30 goal, fondamentali per conquistare il terzo titolo consecutivo del Bayern Monaco di Guardiola. Questo scarto dimostra quanto il gioco di Guardiola sia non proprio selettivo, ma basato sull’abitudine dei giocatori ad esso. Dopo I successi in Germania, Pep firmò un contratto da 19 milioni di sterline annuali con il Manchester City, portando il suo gioco anche Oltremanica, riscontrando tuttavia non poche difficoltà all’inizio: il terzo posto, dopo una campagna acquisti di grande livello, era considerato un piccolo fallimento, ma l’attaccante della squadra, il Kun Aguero, era riuscito a segnare ben 20 goal, confermando ancora una volta la particolare predilezione di Guardiola per gli attaccanti minuti ma tecnicamente fortissimi. La stagione 2017-2018 rappresentò il riscatto definitivo dell’allenatore catalano e del guardiolismo: la vittoria in Premier League fu netta e nessuna squadra mise mai realmente in pericolo I Citizens, che vinsero totalizzando 100 punti e mantenendo la prima posizione in classifica dalla prima all’ultima giornata. Aguero segnò 21 goal, ben 11 in meno dello straordinario Salah, ma fu aiutato dalle grandi stagioni di Sterling e di Gabriel Jesus, capaci di segnare 31 goal insieme. In Champions l’avventura del City si concluse ai quarti di finale, ma ciò non macchiò minimamente la grande stagione di Guardiola. Anche quest’anno il Manchester City si è ritrovato primo dopo un girone d’andata in cui aveva rincorso il Liverpool, capace di buttare via un vantaggio di 7 punti, e, se la squadra continuerà ad esprimere un gioco di questa qualità, il titolo rimarrà all’Etihad. Con buona pace di chi critica Guardiola.

  • Lo stile

Guardiola è diventato l’icona dello stile nel mondo del calcio: abiti eleganti e attillati, camicia bianca sotto un panciotto nero, con sopra un cappoto dello stesso colore. Pep incarna perfettamente il prototipo dell’allenatore giovane e di successo, che veste bene ed è sempre “politically correct”, ed è divenuto un ormai un sex symbol nel mondo femminile: insomma, tutto il contrario di Mourinho, che spesso si è lasciato andare a vere e proprie contese tra allenatori, come quella con Conte, nel suo periodo al Chelsea. Gli allenatori che hanno provato e che tutt’oggi provano ad imitare lo stile di Guardiola sono molti, ma sono pochissimi quelli che hanno avuto anche solo un successo lontanamente simile a quello dello spagnolo: l’esempio lampante è Gareth Southgate, allenatore dell’Inghilterra, che con il suo modo di vestire è entrato nei cuori delle donne inglesi, e anche in quelli dei mariti, portando la nazionale dei tre leoni al quarto posto ai Mondiali in Russia. In Italia, Guardiola è stato imitato principalmente da due allenatori: Stramaccioni, prima all’Inter e poi all’Udinese, ma ebbe scarsissimo successo, e De Zerbi in questa stagione, che sta dimostrando di seguire molto da vicino I dettami tattici dell’allenatore catalano, sia in campo, con l’utilizzo del falso nueve, sia fuori, con un look sempre impeccabile.

Ad oggi, il guardiolismo rappresenta una delle tattiche calcistiche più vincenti della storia, e probabilmente si pone come uno stile di gioco che sopravvivrà fino a quando non si troverà un modulo capace di annullarlo, e Klopp, allenatore del Liverpool, ci è andato spesso molto vicino, con il suo gioco basato sul gegenpressing. Ciò nonostante, Guardiola ha saputo adattarsi con grande maestria ai cambiamenti avvenuti in 10 anni, confermandosi come uno dei tecnici migliori della storia, e il guardiolismo è rimasto uno stile unico ed inimitabile.

Grazie di questa lezione, maestro Pep.