Martedì 25 agosto, ore 15 circa, Villa Bellini ( Varese). Coordinate ben precise che segnano il futuro prossimo dell'Inter. 

Riuniti gli Stati Generali del club, dal presidente Steven Zhang, passando per gli uomini mercato Ausilio e Marotta fino ad arrivare al mister Antonio Conte, in 3 ore e mezza di colloqui, tra momenti distensivi ed inevitabili alzate di voce da parte di qualche presente, non difficili da immaginare, si è pianificata la prossima stagione in casa nerazzurra. 

Nel comunicato delle 18.30 circa apparso sul sito ufficiale del club, l'Inter spazza via le voci sempre più insistenti di una rottura dopo un solo anno di contratto col tecnico salentino, rinsaldando al contrario, almeno a parole, il legame società- direzione tecnica. Nel medesimo comunicato si parla testualmente di " incontro costruttivo, nel segno della continuità e della condivisione della strategia". Ergo, siamo sulla stessa barca, remiamo tutti insieme come e anche meglio di prima. A parole! Ma nei fatti?

Nelle ore successive all'incontro e alle decisione finale le bocche interiste sono cucite; non che ci si aspettasse una conferenza stampa in grande stile, ma quanto meno brevi dichiarazioni delle parti in causa sì. Invece nulla di tutto questo; Conte che lascia come un fantasma la sede del summit ( si dirà per dribblare i giornalisti, anche se non si comprende cosa ci fosse da nascondere nella faccenda), il presidente Zhang captato da qualche zoommata di telecamere intento a colloquiare al cellulare, e poi l'immagine forse più significativa della giornata: Beppe Marotta, per lo più scuro in volto, che chiude il cancello di Villa Bellini senza proferire verbo.

Un fattore da non tralasciare quest'ultimo per diversi motivi. Vien spontaneo chiedersi: " Come mai, dopo aver siglato la "pace", l'a.d. interista aveva più la faccia vista qualche giorno prima nell'amara finale di Europa League che non quella di un uomo non dico felice come una Pasqua ma quantomeno sereno e determinato? In altre parole, perchè Beppe Marotta sembrava lo sconfitto della situazione? Forse il famoso colloquio non ha spazzato via tutte le nubi, lasciando qualche velatura di incomprensioni. Il perchè lo si può provare ad ipotizzare.

In primo luogo, è noto che Marotta non abbia apprezzato le uscite fuori luogo di Conte nel corso della stagione passata. Ed è probabile che lo stesso dirigente si sia sentito attaccato in prima persona proprio dal suo pupillo. Da questo sentimento di profonda delusione ne è scaturita, sempre in via ipotetica, una antipatia verso l'allenatore che come conseguenza avrebbe dovuto portare al suo allontanamento dalla squadra.

Ma Zhang non è stato dello stesso avviso, anzi. Il giovane Steven, che avrebbe voluto portare a Milano Antonio Conte già dal suo insediamento 4 anni orsono, ha rinsaldato il rapporto personale col tecnico, facendosi scivolare via le "punzecchiature" a cui non era stato esonerato nemmeo lui nelle passate settimane e ha optato per una soluzione estrema: lasciare carta bianca al proprio tecnico.

Conte, da sempre pieno di sè, si è sentito il vero punto fermo della squadra e invece di lasciare ha raddoppiato, avrebbe detto Mike Bongiorno. Quel giorno è partita l'era Conte 2.0.

Già perchè più che di "continuità", come si diceva nel comunicato societario, il secondo anno contiano in nerazzurro sta assumendo sempre più le sembianze di una "rivoluzione". E non è una visione critica fino all'estremo questa, ma un qualcosa di verosimile.

Infatti, gli unici punti fermi della rosa sono stati dichiarati De Vrij, Barella e Lukaku. Per il resto, a fronte di offerte congrue sono tutti con la valigia in mano. Dato di fatto, non catastrofismo.

Da Villa Bellini è venuta fuori una "monarchia illuminata", o forse non troppo, con al vertice Antonio Conte, despota dai pieni poteri, esattamente alla maniera dei sovrani del '700, da Pietro e Federico Il Grande in Russia, fino a Ferdinando di Borbone nel Regno delle Due Sicilie, passando per Maria Teresa d'Austria.

Con le dovute differenze di "campo", in effetti sono molte le familiarità tra questi grandi personaggi storici e il nostro contemporaneo.

Nel XVIII secolo, ognuno dei sovrani sopra elencati si circondò di consiglieri in possesso di grandi dosi di cultura a tutti i livelli. Da loro gli stessi despoti si facevano "consigliare" sulle decisioni importanti da prendere per il proprio regno. Da qui la denominazione di "despoti illuminati". A volte, capitava però che i sovrani abbandonavano il "lume della ragione" facendosi guidare dall'impulso che finiva per far risaltare la loro inadeguatezza nell'affrontare da soli certe situazioni.

Proprio con le stesse dinamiche, nel XXI secolo Antonio Conte è stato insignito del titolo di "despota", illuminato ma non troppo, sottolineerei nuovamente. Questo lo si capisce dalla direzione ben precisa che ha preso la campagna acquisti interista. Quest'anno non c'è spazio per gli investimenti giovani come i vari Sensi e Barella della passata stagione, ad esempio; acquisti cari alla politica lungimirante di Marotta ( ed ecco qui un altro motivo del suo broncio "silenzioso"). Ma anche alla stessa presidenza che ha sempre visto di buon grado i giovani, possibilmente italiani, dal futuro roseo. Emblema dell'inversione di rotta comandata dal "despota" Conte è stata la rinuncia a Sandro Tonali, da mesi in mano all'Inter, nonostante le smentite di rito dopo il suo passaggio al Milan.

La linea del nuovo corso è chiara: acquisti di esperienza. In questo senso l'Inter si è assicurata le prestazioni di Kolarov, Vidal ( in arrivo) e Darmian, anch'egli prossimo alla firma. Per poi dare l'assalto, con conditio sine qua non cessioni di un certo livello, a quel N'Golo Kantè, regista del Chelsea e della Francia campione del Mondo, che sembra rappresentare un compromesso tra le due anime della società. Infatti il centrocampista francese ha 29 anni, nel pieno del suo sviluppo come professionista, quindi acquisto anche di prospettiva, e allo stesso tempo dimostratosi già in possesso di una buona dose di personalità.

Lungi dal passare come il disfattista della situazione, mi "difenderò" da questa accusa che mi si può amputare leggendo la prima parte dell'articolo, con una conclusione "realista" e "ponderata".

Vero è, senza ombra di dubbio, che per vincere una squadra ha bisogno di giocatori di un certo livello, magari più avanti con l'età che abbiano nel proprio bagaglio esperienza a sufficienza. Magari ne servirebbe uno per reparto che faccia  da "maestro" ai giovani di talento che poi sono quelli che mettono benzina nel motore della squadra. Insomma, è acclarato che una squadra vincente adotta il giusto mix tra esperienza e gioventù.

Su questo la linea impostata da Conte, con l'ausilio del "lume" Marotta, come mi auguro, e non da sovrano assolutista quale si pone, c'è solo da appoggiare pienamente la scelta.

Detto ciò, una squadra solida e ben amalgamata in campo ha bisogno, per vincere,anche e in primo luogo, aggiungerei, di una società altrettanto sinergica e collaudata. Mi spiego meglio; ogni componente di una società di calcio svolge un determinato ruolo, secondo le proprie competenze. Questi ruoli non vanno confusi però, altrimenti subentrano problemi che inevitabilmente porteranno a mancati risultati sul campo.

In conclusione, la mia preoccupazione sull'Inter che verrà è una sola: l'ambizione personale di Conte. Quest'ultima è una caratteristica alla base del successo professionale di ogni uomo, ma, come ogni cosa, va dosata con moderazione. Antonio Conte ha dimostrato di essere un ottimo allenatore, tra i migliori al mondo; il suo mestiere sa' farlo molto bene. Ma deve rimanere nel suo territorio, quello in cui ha una preparazione che gli permette di eccellere. Non deve lasciarsi trasportare da manie di grandezza, ma, al contrario farsi "illuminare" lungo il cammino della vittoria da figure più competenti di lui in altri ambiti. 

Solo in questo modo noi tifosi nerazzurri potremmo tornare ad avere una nostra "Vittorio Veneto".... altrimenti ci aspetteranno ancora tante "Caporetto".