Ebbene sì! A sole 48 ore di distanza dall'annuncio di un nuovo progetto che avrebbe chiuso in un sistema oligarchico 12 dei club più titolati d'Europa, la neonata Superlega conosce già la sua fine. Ultimi vessilli restano il Barcellona e il Real Madrid, ormai isolati. I prepotenti del pallone, che prospettavano "un'isola felice" per accrescere le rispettive casse economiche, si sono arresi ad una rivolta generale, comune, capace di unire nell'effettivo due poli opposti della società moderna, il popolo e il governo, due unità che, scavando nei meandri della storia, fecero fronte comune ben poche volte. Adesso, per salvare nella sua interezza sociale, morale, oltre che prettamente sportiva, il gioco più seguito su questo pianeta, le due forze citate pocanzi non hanno avuto la minima esitazione a sodalizzare, riuscendo in breve tempo nel loro intento. Ma ricostruiamo brevemente i punti salienti della questione, la quale ha avuto talmente tanta risonanza mediatica da farci dimenticare per due giorni di essere ancora accerchiati da una pandemia.

La scorsa domenica arrivano nel pomeriggio le prime indiscrezioni circa la costituzione di un nuovo torneo infrasettimanale che unisce i 12 top club europei, membri fondatori, ai quali si sarebbero uniti altri partecipanti fino ad un totale di 20 squadre. A promuovere economicamente il progetto denominato "Super League" è il colosso americano JP Morgan. Tra i nomi delle società calcistiche coinvolte appaiono anche tre squadre italiane: Inter, Juventus e Milan, i tre club italiani più titolati. Andando a scorgere i nomi all'estero, spiccano Real Madrid, Barcellona, i due Manchester. Manca il vessillo tedesco del Bayern Monaco e quello francese del PSG.  Esclusi questi ultimi due club, insomma, c'è la creme de la creme del calcio mondiale. Ma a fare da comune denominatore a tutte queste società non c'è solo il blasone sportivo, il prestigio riconosciuto grazie alla conquista di numerosi trofei nel corso della storia. A spiccare, ora come ora, è la situazione economica dei club in questione, i quali (non è un mistero) risultano tutti fortemente indebitati, causa anche la pandemia in corso. Facile, nella mente di qualsiasi appassionato del calcio, associare le difficoltà del periodo storico attuale alla nascita di un progetto con queste caratteristiche. Un bel tempismo, in effetti! Le grandi potenze pallonare sono in crisi e scelgono la strada del protezionismo, della chiusura elitaria in un mondo idilliaco. Così potranno continuare ad arricchirsi anche maggiormente che in passato e poco importa delle migliaia e migliaia di tifosi che ancora credono romanticamente a valori quali la condivisione, la solidarietà e l'uguaglianza meritocratica che sono alla base del gioco del calcio.

Nelle ore successive le voci diventano sempre più frequenti fino alle conferme ufficiali, in primis di Florentino Perez e Andrea Agnelli, gli oligarchi ideatori della "morte del calcio" (anche se, a loro avviso, il calcio rinascerebbe proprio con questa nuova lega). Si susseguono le prime prese di posizione ufficiali anche da parte delle istituzioni calcistiche, UEFA e FIFA in primis, seguite da organi governativi dei maggiori Stati europei, con capofila l'Inghilterra (nazione che nel progetto ha più squadre coinvolte rispetto ad altri Paesi). Tutti loro condannano all'unisono l'iniziativa, minacciando sanzioni e provvedimenti atti a scoraggiare l'effettiva realizzazione del progetto. Una giornata intera viene vissuta su due binari opposti, si alza un muro che sembra incrollabile. Nessun arratramento all'orizzonte, le posizioni restano ferme come anche la volontà di andare avanti tra frecciatine e veleni da una parte e dall'altra. Ognuna delle parti avverse si dice convinta della propria scelta e decisa a portarla avanti "per il bene del calcio". Ora rifletto: sentire l'"elitè" del calcio, volutamente auotodefinitasi tale, dirsi operante in tale direzione per salvare il calcio mi sembra un controsenso. Un motivo su tutti: il calcio è stato creato per includere, per far sognare, non per chiudersi in sè stesso e ad appannaggio di pochi. Il calcio non è oligarchico, ma democratico!  

Tornando alla fattografia, nella tarda serata di ieri i club inglesi uno ad uno si sfilano, seguiti nella notte dalla prima italiana scissionista: l'Inter. Nella mattinata odierna seguono Atletico Madrid e Milan, fino all'alzata della bandiera "bianconera" della Juventus. Perchè la Superlega è naufragata ancor prima di nascere? Perchè, mi dico, per una volta in questa società così egoisticamente bloccata ha vinto il NOI. Ha vinto la schiera di tifosi inglesi che per primi sono scesi in piazza, davanti agli stadi, a protestare manifestando la propria rabbia/delusione verso la propria squadra del cuore, la quale quel "cuore" aveva deciso di spezzarlo per far posto esclusivamente al denaro. Ha vinto il premier britannico Johnson, il primo tra i governanti europei a promettere la promulgazione di una legge che avrebbe condannato i 12 "avidi".  Utopicamente ho associato queste due immagini e le ho trasportate indietro nel tempo, scavando nelle mie reminiscenze storiche. Il popolo ed il governo insieme hanno fatto la rivoluzione e hanno vinto. Uniti sotto un'unica bandiera ho immaginato sfilare in corteo trionfanti Tommaso Aniello, detto Masaniello, da Napoli e Winston Churchill da Londra. Vi chiederete: cosa c'entra un pescatore analfabeta con un grande statista? Un'analogia, a mio avviso, ce l'hanno: l'idea di UNITA'.  

Masaniello, nella Napoli spagnola del Seicento, attuò una rivoluzione popolare in nome del popolo, rivendicando dei diritti per ogni cittadino di quel regno così ricco quanto squilibrato. Churchill, nel Novecento, dopo aver sconfitto il nazifascismo, fu tra i primi a porre la questione di una necessaria costituzione degli Stati Uniti d'Europa (la futura UE), pensando ad una condivisione di esperienze comuni, ad un grande Stato in cui ognuno aveva uguali possibilità di successo. Masaniello voleva unire il popolo, in una visione più ristretta ma assolutamente particolare ed avanguardistica per l'epoca. Churchill voleva unire tutta l'Europa, in una visione più globale dettata anche dai tempi considerevolemente diversi rispetto a tre secoli prima, oltre che distinguendo il ruolo sociale dei due protagonisti. Nei loro obiettivi, l'uno (Masaniello) sostanzialmente fallì; l'altro (Churchill) riuscì solo in parte. Per questo mi piace fantasticare pensando che le loro anime possano essersi incontrate ai giorni nostri, prendendo i comandi del "treno calcistico" in deragliamento, rispolverando i loro progetti passati, adattandoli alla situazione e riuscendo a rimettere sui binari un mezzo che, come disse qualcuno, non sarà mai solo un gioco.