Lunedì sera, nella suggestiva cornice del Teatro alla Scala di Milano, è andata in scena la cerimonia di premiazione del miglior giocatore FIFA 2019
A contendersi l'ambito riconoscimento del massimo organo calcistico mondiale sono stati i soliti Leo Messi e Cristiano Ronaldo, con il terzo incomodo Virgil Van Dijk, reduce da una stagione da incorniciare con la maglia del Liverpool. 

Scorgendo le tante personalità tra la platea, ci si accorgeva di un'assenza pesante: quella di CR7.
Il fuoriclasse portoghese non è nuovo a disertare cerimonie che non lo vedono come il protagonista indiscusso (vedesi lo scorso anno quando Ronaldo assistette da casa, comodo sul suo divano, all'incoronazione di Luka Modric). 

Quest'anno la storia si è ripetuta, facendo tesoro ancora una volta della teoria dei corsi e ricorsi storici di Giambattista Vico. Cristiano, venuto a conoscenza che sarebbe rimasto a bocca asciutta, ha sfidato nuovamente la FIFA non presentandosi all'evento. Sarebbe stato un colpo troppo duro per il suo ego assistere al trionfo del "nemico" di una vita Lionel Messi. 

Anche se bisogna fare attenzione ad usare termini quali "nemico" in ambito calcistico. La parola in questione sta originariamente ad indicare "l'altro". Ma, come ammonisce Carl Schmitt, grande studioso di dottrine politiche, il termine "nemico" va usato prevalentemente in ambito politico a indicare l'avversario, o ancora più appropriatamente, in guerra, perché è lì che si manifesta l'inimicizia da cui trae presupposto la caratterizzazione del "nemico" da annientare a tutti i costi.
Quindi, nella sfera del calcio, che resta pur sempre un gioco, sarà più consono usare il termine "rivale", che non implica una guerra nel senso più totale della parola, ma soltanto semplici contrapposizioni tra simili.


Tornando al nocciolo della questione, Messi ha vinto per la prima volta nella sua carriera, il che è parecchio strano se volgiamo lo sguardo al suo palmares, il premio FIFA The Best.
Un giusto riconoscimento, questo, verso un giocatore che ha scritto la storia del calcio. Un giocatore che può vantare ben 5 Palloni d'Oro, come Ronaldo e che, nella passata stagione, è stato colui il quale ha messo a segno più reti nei principali campionati europei, aggiudicandosi la Scarpa d'Oro. Di contro, se proprio vogliamo sempre mettere a confronto due fenomeni assoluti, il Ronaldo juventino ha vissuto la sua peggior stagione in carriera dal punto di vista realizzativo.

Non volendo ancora entrare nel merito dei paragoni, fatti e rifatti in questi giorni, è palese l'assurdità di un simile dibattito. In passato altri fuoriclasse si sono aggiudicati premi in un anno in cui magari non avevano reso al massimo, e non è il caso in questione avendo sopra elencato cosa ha fatto Messi nel 2018-19.
Le polemiche, che ovviamente hanno coinvolto le tifoserie dei diretti interessati, Juventus e Barcellona, sarebbero molto probabilmente andate lentamente scemando nel giro di questa settimana.

Ma è di ieri la notizia di un presunto quanto clamoroso broglio elettorale.
Proprio come accade in ambito politico, i Paesi di Nicaragua e Sudan hanno accusato la FIFA di aver alterato i propri voti, così da favorire l'incoronazione della "Pulce" argentina.
 

A quel punto c'è chi ha scorto vere e proprie manovre complottistiche contro CR7, il quale, dopo il suo passaggio alla Juve, ha visto i propri riconoscimenti personali ridursi considerevolmente. 

E' così scoppiato "un 48", come si suol dire. Ci richiamiamo spesso a questa espressione nel momento in cui vogliamo riferirci allo scoppio di rivolte accese, soprattutto verbali.
In effetti, il 48 rimanda proprio all'anno 1848, che ha rappresentato, per antomasia, mesi di intenso fervore rivoluzionario. Il popolo europeo si ribellava ai sovrani assolutistici, chiedendo libertà di voto e d'espressione. Sarebbero state, quelle, delle proteste soppiantate dagli eserciti regi con enormi spargimenti di sangue. Ma il '48 sarebbe diventato altresì il preludio dei moti che, tra il 1860 e il 1870, portarono all'unità nazionale di Italia e Germania.

Ritornando ancora, attraverso i meandri dello spazio-tempo, ai giorni nostri, assistiamo ad una ribellione in grande stile del popolo calcistico verso "l'assolutismo" della FIFA. 
Si chiede da più parti la massima trasparenza sulle operazioni di voto, affinchè sia resa evidente la vittoria dell'uno piuttosto che dell'altro.
Si sta portando avanti una battaglia che vuole radicalmente cambiare il sistema, proprio come in quel 1848. Lì c'era da cambiare la politica. Qui c'è da cambiare il calcio. 
Abbiamo come sempre anche il fronte di chi prova a minimalizzare l'accaduto, provando a togliere quel velo di sfiducia e malizia che copre spesso i nostri occhi.

Tra le due compagini, qualcun altro, il saggio della situazione, direbbe alla maniera socratica: "In medio stat virtus", ovvero "La virtù sta nel mezzo", poi esteso al concetto di ricercare la verità a metà strada.
Ma, se si individua questo "nel mezzo" nel calcio non si può mai arrivare ad una soluzione. Ora, dacchè i giochi sono stati fatti, l'invito è quello di accettare la vittoria di Messi e non è affatto uno scandalo! I suoi meriti, bisogna ribadirlo, sono sotto gli occhi di tutti, e non solo per il passato. 

Ora l'importante è tornare a parlare di campo... in attesa di una nuova "battaglia" al di fuori del rettangolo di gioco.
Forse, il termine che meglio riassume l'intera vicenda è "invidia". Quel sentimento spiacevole, da vocabolario, che si prova per una qualità altrui che si vorrebbe per sè, accompagnato spesso da avversione e rancore verso chi possiede quella qualità. Forse, e sottolineo il condizionale, questo è proprio il caso dei detrattori di Messi. 

La conclusione calzante a pennello ci viene suggerita da un altro aforisma di Socrate che recitava così: "La felicità è sempre soggetta all'invidia; la sola miseria non è invidiata da nessuno."