Antonio Conte e l'Inter; la scorsa estate, di questi tempi, l'allenatore salentino e la proprietà cinese si apprestavano a percorrere insieme una stagione molto importante per rilanciare le ambizioni di un club, quello nerazzurro, che era pronto per il salto di qualità, la famosa "asticella" da alzare, espressione tanto cara all'a.d. Beppe Marotta. 
Conte era l'allenatore da sempre in cima ai "desiderata" della famiglia Zhang. Finalmente, quel sogno di fare grande l'Inter insieme da utopia assumeva contorni sempre più reali.
Mercato altisonante, giocatori perfetti per  il 3-5-2 contiano, ritmi subito alti e buona condizione fisica mostrata già nelle prime uscite amichevoli. Presupposti ottimi, insomma.
Conte, ribattezzato "il comandante", sarebbe salpato sulla nave interista rifilando 4 gol al neo- promosso Lecce, tra l'estasi generale del popolo beneamato, persino raccogliendo favori da parte del tifo più intransigente, quello "dell'Inter agli interisti!", per capirci.
Settimana dopo settimana l'entusiasmo cresceva sempre di più, e con esso i punti in classifica di una squadra che dava la sensazione di bruciare le tappe velocemente, forse troppo velocemente per essere vero.

Snodo cruciale la serata di Dortmund in Champions League. Era il 5 novembre 2019. L'Inter, dopo un primo tempo perfetto concluso con un vantaggio, pure stretto per quanto creato, di 2-0 si fa rimontare nella ripresa, lasciando punti poi risultati decisivi per l'accesso agli ottavi di finale.
Quella sera, nel post- partita, qualcosa nel matrimonio "perfetto" Conte-Inter ha cominciato a vacillare. Il tecnico ha parlato di " poca esperienza in rosa". Magari quella esperienza che non è arrivata dal mercato, ha subito tuonato qualcuno.
Si arriva con toni e umori altalenanti, tra continue lodi ai giocatori e la proverbiale "coperta corta", alla pausa natalizia con un'Inter prima in classifica a pari punti con la corazzata Juventus.
Facile pensare che seppur ci fosse stato un sentore di frizioni tra allenatore e società sarebbe stato facilmente ricomponibile, visto l'incombere del mercato di riparazione invernale. 
A gennaio Marotta ed Ausilio piazzano un colpo ad effetto. Arriva dal Tottenham uno dei centrocampisti più forti al mondo, un "10" puro: Christian Eriksen. Uno di quei giocatori in grado di far sognare i tifosi, di far felici tutti, tranne Antonio Conte. Il tecnico premeva per l'acquisto di un suo pupillo, quell'Arturo Vidal che invece non si muoverà da Barcellona, dando un dispiacere al suo grande estimatore.
Lo stesso dispiacere che Conte, seppur in maniera molto celata, rivolgerà verso quella stessa società che, da parte sua, pensava di aver fatto il colpaccio acquistando il fuoriclasse danese.

Ai fatti, Eriksen non riuscirà ad integrarsi nel gioco contiano, risultando più un problema, mediatico e tattico, da gestire che non un valore aggiunto, quello del definitivo salto di qualità.
Dopo la pausa legata all'emergenza sanitaria l'Inter proseguirà la sua stagione tra alti e bassi, concludendo comunque il campionato al secondo posto( miglior risultato post-Triplete), con gli stessi punti dello storico 2010(82), con la miglior difesa e il secondo miglior attacco. Base ottima per la prossima stagione, almeno vien da pensare logicamente.

Ma di logico, nel pensiero del "comandante" Conte, resta ben poco.
La sera dell'ultima di campionato a Bergamo, dopo  una vittoria belle ed importante, l'Antonio "furioso" sbotta come non aveva mai fatto, almeno pubblicamente. Parla di "poca protezione della società in alcuni momenti", lascia intendere varie incomprensioni con Ausilio e perfino col suo più grande promotore, Beppe Marotta. Lamenta la lontananza della proprietà , sentenziando senza mezzi termini: " ma il presidente sta in Cina."
Urge un confronto chiarificatore con la società. Un colloquio per cucire il rapporto, mettere da parte incomprensioni varie e proseguire uniti per il "bene" dell'Inter, espressione utilizzata spesso da Conte stesso.
Già; ma c'è ancora una campagna europea da concludere. Una Europa League da provare a portare a casa. Un trofeo da conquistare dopo 10 anni che potrebbe ridare prestigio a tutta la squadra e magari mettere pace in casa nerazzurra. L'Inter andrà vicinissima al successo, condannata solo in finale contro i "maestri" della competizione, il Siviglia, pagando l'inesperienza e gli episodi sfavorevoli.
Nel post-finale, va in scema l'ennesimo sfogo in salsa salentina. Conte fa i ringraziamenti di rito (tifosi, giocatori, e perfino società). Si dice orgoglioso di aver allenato l'Inter ma poi tuona: "C'è da pianificare il futuro, con o senza di me" e ancora "devo capire le mie priorità, devo pensare anche alla mia famiglia". Frasi che lasciano poche chiavi di lettura. Divorzio vicino dopo un solo anno.
Subentra a questo punto l'incredulità nel popolo interista che non riesce a darsi una spiegazione razionale.
Proprio ora che si sta costruendo qualcosa di importante, preludio di nuovi successi, il "comandante" abbandona la nave? Impossibile! Logicamente parlando.
Ma Conte e la logica sono forse incompatibili. Proviamo comunque a dare una spiegazione sensata a ciò che sta agitando in queste ore il mondo Inter.
Restando lucidi, Conte appare o autolesionista o egoista. Si sta distruggendo la carriera da solo, come si pensa nel primo caso, o magari ha trovato già offerte più invitanti, come si pensa in seconda istanza.
Queste sono le uniche strade plausibili. A meno che non ci immedesimiamo nel pensiero di un personaggio tanto caro ad un grande romanziere, Luigi Pirandello, quale il Vitangelo Moscarda di "Uno, nessuno e centomila" che tanto ricorda Antonio Conte ai giorni nostri.
Vitangelo infatti, viveva tranquillamente del suo lavoro, ereditato dal padre, il banchiere, finchè un giorno entrò in crisi e manifestò un'insofferenza verso gli altri, verso il mondo ma soprattutto verso sè stesso sempre più crescente. Concluse che l'antidoto per sopravvivere fosse il vivere alla giornata.
Allo stesso modo Conte ha iniziato seranamente la sua avventura all'Inter, come in club precedentemente allenati. Ed esattamente come accaduto in passato, alla fine ha deciso a sorpresa di mollare, senza spiegazioni chiare. Insofferente verso gli altri Conte lo è; vede nemici ovunque, perfino in casa propria, la società. E forse, come il Vitangelo pirandelliano il malessere più grande lo cova dentro di sé. Perciò molla così, all'improvviso. Per poi ripetere il copione, sempre lo stesso, vivendo alla giornata.

L'Inter in ogni caso andrà avanti. Conte forse farebbe bene a far pace con la propria coscienza e diventare "Uno", facendo morire il "nessuno" ed il "centomila" che inevitabilmente lo porteranno a logorarsi con le proprie mani.