Napoleone Bonaparte esala l’ultimo respiro. È il 5 Maggio del 1821. Protagonista indiscusso di un quindicennio di politica europea, si trova in esilio presso l’isola di Sant’Elena. I cento giorni intercorsi fra Lipsia e Waterloo, teatri di sconfitte per l’imperatore, lasciano assaporare qualche istante di gloria riacquisita, salvo poi declinare in un opaco tramonto. Le parole di Alessandro Manzoni dipingono un ritratto assai vivido del Napoleone uomo e condottiero, fragile e valoroso al contempo, celebrandone trionfi e cadute. Il grande romanziere ci perdonerà, se, per scopi tutt’altro che esegetici, faremo utilizzo di pochi versi, appartenenti ad uno dei suoi capolavori, nel maldestro tentativo di narrare una delle più grandi cadute che il calcio italiano rammenti. Il 5 Maggio del 2002, quasi due secoli dopo, un certo Ronaldo, detto il “Fenomeno”, ricorderà, per analogia, il dolore patito dall’imperatore francese, conseguenza immediata di una sconfitta epocale. Il popolo nerazzurro, come quello francese, assisterà impotente alla discesa verso gli inferi dei propri beniamini. Lo stadio “Friuli”, al pari del Congresso di Vienna del 1815, restaurerà il potere bianconero, così come la kermesse austriaca, restaurò il potere dei sovrani, deposti dall’azione dei bonapartisti.

“Ei fu. Siccome immobile,

Dato il mortal sospiro,

Stette la spoglia immemore

Orba di tanto spiro […]”

Le telecamere indugiano su Ronaldo, seduto in panchina. Il fenomeno, con la testa china, poggiata una mano sul volto, trattiene a stento la copiosità delle sue amare lacrime. Lacrime per uno scudetto sfumato, proprio all’ultima giornata, in una partita dall’esito scontato. Il fato si è, ancora una volta, messo di traverso fra il Fenomeno e i colori nerazzurri. Se il ’98 c’è grande rammarico per un rigore non concesso, il 2002 è una scure che si abbatte violentemente sulle velleità di Cuper e dei suoi uomini, disposti a tutto pur di riconquistare il tricolore, dopo dodici anni di vacche magre. Sarà l’ultima apparizione dell’ex Pallone d’Oro in maglia interista.

“Così percossa, attonita

La terra al nunzio sta,

Muta pensando all’ultima

Ora dell’uom fatale […]”

“L’Olimpico è nerazzurro, 75.000 i presenti. La Curva Sud è tutta interista…”. L’incipit radiofonico di Riccardo Cucchi non ammette ulteriori spiegazioni. Il 5 Maggio 2002 è un giorno atteso da tempo, in casa nerazzurra, tanto da far sembrare la capitale, una cittadina dell’hinterland milanese. Un’invasione nerazzurra e un supporto costante proveniente dal settore avversario, frutto di un gemellaggio fra le tifoserie, spingono la squadra più quotata verso il lieto evento. Accorsi in tribuna, il presidente Moratti e il presidente Telecom, Tronchetti Provera, attendono solo il triplice fischio dell’arbitro. L’agognato scudetto dista soli novanta minuti da Piazza Duomo, pronta a colorarsi di nero ed azzurro.

La partita, purtroppo, avrà tutt’altro epilogo. Il tabellone dello stadio recita: Lazio-Inter 4-2. L’harakiri nerazzurro è amplificato dalla vittoria della Juve (0-2), a Udine e dal successo della Roma sul Torino (0-1). In terra friulana è un susseguirsi di emozioni. Maresca, dalla panchina, munito di auricolari e radiolina, comunica ai suoi compagni il divenire eracliteo che si materializza all’Olimpico. Lippi perde ogni freno inibitore, mentre Nedved non riesce a decifrare il significato della parola “Poborsky”, ripetuta più e più volte, ignaro dei prodigi compiuti dal suo compagno di nazionale. Fischietto in bocca per Rodomonti, il campo ha emesso un verdetto assai disatteso: Juventus campione d’Italia. Per l’Inter solo un terzo posto finale. La nomea dell’eterno secondo pende, anche stavolta, sul capo del povero Cuper.

Buon 5 Maggio, dunque, amici bianconeri! Abbiamo scritto la storia, forse uno dei capitoli più belli, 17 anni fa; il ventiseiesimo scudetto, tanto rocambolesco quanto inatteso, poiché era il solo Marcello Lippi, a credere in un’impresa di tali proporzioni. Ci risponderanno, i nostri nemici amatissimi, che quel maledetto giorno è acqua passata. Infatti, il 5 Maggio 2010 è iniziata la cavalcata verso il Triplete, ironia della sorte, proprio da quell’Olimpico così nefasto, solo otto anni prima. La fatidica domenica del 2002, da primi alla penultima giornata, conclusero il campionato al terzo posto. Ironia della sorte, tanto per cambiare, nell’estate del 2006, fu una sentenza a consegnar loro uno scudetto, dopo essersi classificati in terza posizione.

“Fu vera gloria? Ai posteri

L’ardua sentenza […]”.