È il 1994 e la Juventus non vince il tricolore da ben 9 anni. L'era Trapattoni e Boniperti giunge al termine e l'ambiente bianconero è una patata bollente.
La rivoluzione avviene da capo a piedi: Luciano Moggi nominato direttore sportivo, Antonio Giraudo amministratore delegato e infine Roberto Bettega come vicepresidente. Sulla panchina, il nome che ha come obiettivo la Juventus è solo uno: Marcello Lippi.
Perché proprio lui? Al toscano è bastata una stagione a Napoli per finire sulla lista degli allenatori più corteggiati. Lippi è reduce da un'annata con i partenopei molto particolare: gli azzurri iniziano il campionato 1992/93 con grossi problemi economici, costretti anche a cambiare pezzi importanti della rosa. Senza avere nulla da perdere, Lippi mette in atto un calcio propositivo e bello all'occhio, che ripaga la fiducia che gli è stata data dal presidente Ferlaino con un posto in Coppa Uefa. Traguardo più che positivo, visto che a inizio stagione si pensa che l'obiettivo dovesse essere ancora la salvezza. Dopo l'esperienza con il Napoli, quindi, il toscano approda alla Juventus.

"Nella mia carriera non ho mai vinto niente, voi è da dieci anni che non vincete. Sarà l'ora che le cose cambino. Saremo di fronte una grande tavola imbandita, dove ogni coppa è un piatto. Nessuno potrà avere più fame di noi."

Come detto all'inizio, i bianconeri sono in rifondazione e ad essere rinnovata è anche la rosa; che vede l'arrivo di nuovi volti: Deschamps, Jarn, Sousa, Ferrara e Tacchinardi. Molte anche le cessioni, tra queste a lasciare di stucco fu quella di Dino Baggio. Sulla carta la rosa non sembra un granché; eppure i risultati a venire lasciano a bocca aperta i tifosi bianconeri. Il primo anno la vecchia signora porta a casa lo Scudetto e la Coppa Italia.
Ma come è arrivata a ciò? Il mister ci ha messo letteralmente del suo. Ad essere valorizzati sono i 3 attaccanti che compongono il tridente offensivo: Ravanelli, Vialli e il giovane Del Piero. Le 3 punte, in fase di non possesso, cercano di riconquistare immediatamente la palla pressando gli avversari. Molto aggressivo anche il centrocampo: anche qui il lavoro è basato tutto sul pressing; si recupera la sfera e si cerca di mandare immediatamente di verticalizzare per mandare gli attaccanti in porta. A comporre il reparto furono: Deschamps, Conte e Di Livio (con uno dei 3 fuori) che affiancano il regista, Paulo Sousa. Il portoghese è eccellente nelle verticalizzazioni, ma mostra di avere discrete capacità anche nella fase difensiva. Il lavoro che svolgono le due mezz'ali, specialmente Antonio Conte, è quello di inserirsi per creare lo spazio al solito trio davanti. Da sottolineare le qualità di Roberto Baggio: per il pallone d'oro 1993 è l'ultima stagione a Torino. Gioca poco a causa dell'operazione al menisco e questo porta al 20enne Del Piero ad integrarsi subito con la squadra mostrando subito di che pasta è fatto. Nonostante ciò, Baggio quando è chiamato in causa da Lippi mostra le sue abilità come suo solito.
Se risulta aggressiva la metà campo e l'attacco, non può che non esserlo la difesa: uscite forti sugli avversari da parte di Kohler, Porrini e Carrera (chiamati a ruotarsi nell'arco dell'annata). I terzini spingono, specialmente in fase di possesso: il reparto è composto da Ferrara, Jarni e Torricelli.

Nella stagione 1995/96 Lippi può essere solo che confermato. La Juventus è tornata, ma soprattutto è tornata a rigiocare la Coppa dei campioni dopo ben 9 edizioni di assenza. Il calciomercato porta nuovi giocatori a Torino: Padovano, Lombardo, Jugovic, Vierchowod, Sorin e Pessotto. Molteplici anche le cessioni, la più importante è sicuramente quella di Baggio al Milan. Tutto sommato, i titolari dei bianconeri sono in gran parte gli stessi della stagione precedente: ad eccezione della difesa che vede Ferrara spesso schierato al centro e a volte è richiamato Vierchowod; con la fascia sinistra ricoperta da Pessotto. Tutto va nel verso giusto: i bianconeri chiudono il Campionato secondi e percorrono un cammino incredibile in Champions; cammino che li porta sul tetto d'Europa battendo squadre di un certo calibro come Dortmund e Real, infine l'Ajax nella finale di Roma. Qualche mese dopo, la vecchia signora si porta a casa anche la Coppa Intercontinentale: basta un gol di Alex Del Piero per piegare il River Plate in quel di Tokyo.

"La gioia dello scudetto l'avevo sentita solo mia, perché gli juventini ne avevano già 22 e io neanche uno. Invece questa (riferito alla Champions) la sento comune, è di tutti i tifosi che la aspettavano da tempo. Era importante anche il tricolore, non fraintendetemi, ma penso che i tifosi godano più per questa, anche perché è stata generata da una grande partita."

Marcello Lippi ha portato un calcio vincente e allo stesso tempo affascinante. Un calcio dove la base avere il pallone tra i piedi per dominare l'avversario è la priorità. Non era scontato vedere un cambio di identità dopo tanti anni con lo stile di gioco di Trapattoni, è pur vero che l'estate del 94 ha visto arrivare una ventata di aria nuova che ha portato nuovi membri in tutti i reparti. Tra questi, giocatori chiamato al sacrificio: ma non il sacrificio come è inteso oggi, cioè tutti in difesa e palla in avanti: ma inteso come corsa; recuperare la palla con un pressing per andare subito in verticale senza quasi dare mai la palla indietro. Tutto ciò ha portato più volte in gol Vialli e Ravanelli; reduci da anni in cui non segnavano con costanza; ma soprattutto ha portato in luce Del Piero.

Il lavoro svolto dal toscano non è stato frutto del caso: lo si noterà gli anni seguenti, dove Lippi raggiungerà altri 3 finali di Champions (purtroppo con esito negativo), conquisterà altri campionati e soprattutto trionferà nel Mondiale del 2006, da tutti noi ben ricordato.