Una bufera. Quella di oggi è stata una giornata che ha portato una quantità di polemiche, di proteste, di casi e di imbarazzo che a una squadra di calcio normale basterebbe circa per un anno. Gli accadimenti fuori dal campo in particolare riempiranno maggiormente i giornali di domani (e già stanno intasando la rete), amplificando ulteriormente il tutto.

Ma andiamo con ordine.

La partita di oggi era una di quelle partite da portare a casa ad ogni costo, contro un avversario storicamente ostico per la compagine nerazzurra. De Boer fa vestire l'Inter col suo abito migliore, il classico 4-2-3-1 con tutti i titolari al loro posto. Ci sono perfino Ansaldi e Joao Mario che ora sembrano ben più in forma rispetto alla sfida contro la Roma. E così, la partita ha inizio. Nei primi quarantacinque minuti di gioco, è un monologo Inter: il Cagliari si limita a fare l'attendista, con qualche sporadico contropiede neutralizzato prontamente dalla retroguardia, ma nonostante tutto questo il risultato non si sblocca. I segnali positivi ci sono tutti: Joao Mario in particolare si fa notare subito per la naturalezza con cui tenta la giocata, perfino i colpi di tacco che di tanto in tanto si permette non fanno scendere sudori freddi dalla fronte, ma anzi, danno la certezza di mosse ragionate e calcolate come ai tempi d'oro faceva Kasparov con ogni pedina; il gioco dell'Inter non pare stagnare, anzi, le occasioni ci sono, ed ogni elemento della rosa fa il suo, in quanto a impegno. Ci sarebbe anche un altro evento, ma su quello sarà meglio soffermarcisi dopo, nella seconda parte. Per farla breve, Icardi sbaglia un rigore (generoso, va detto) mandandolo a lato. Inizia il secondo tempo, e pare di non vedere cambiamenti, l'Inter attacca e il Cagliari chiude con tutto l'organico sino a che, aprofittando di una dormita della difesa sarda, Joao Mario mette la zampata vincente realizzando il suo primo gol in Italia, gol assolutamente meritato, sia per lui, sia per quel che al momento mostrano le statistiche. Ma i segnali negativi iniziano a farsi strada nella partita, e non appena il Cagliari cresce, si iniziano a palesare, o a rendersi visibili: Candreva non riesce a mettere un cross al centro preciso, solo quasi alla metà del secondo tempo riuscirà nell'intento, quasi fosse un D'Ambrosio qualsiasi; Banega pare decisamente sottotono rispetto alle altre uscite, perde qualche pallone, sbaglia alcuni passaggi e non brilla come sempre; Santon, dopo un buon primo tempo, torna ad essere l'abulico esterno che spesso ha mostrato di essere; Murillo inizia a perdere qualche colpo, come gli sta capitando ultimamente.

De Boer toglie Banega per fare spazio a Gnoukouri, al fine di continuare a dare maggiore dinamismo a centrocampo. Ma, dopo tre parate a dir poco miracolose, Handanovic capitola a seguito di una dormita generale della difesa. Uno a uno.

A questo punto l'allenatore olandese mette in scena due cambi decisamente discutibili: prima toglie Candreva per mettere Eder, poi Ansaldi per Jovetic. Il risultato della prima delle due sostituzioni è che Perisic viene spostato a destra per permettere ad Eder di andare a sinistra, rievocando incubi di manciniana memoria, ed infatti il risultato è che Eder non combina nulla come ormai suo solito e, come sempre quando viene schierato a destra, sparisce anche Perisic. Con la seconda sostituzione invece, viene sostituito un terzino per mettere dentro Jovetic, che prende la posizione di trequartista. Quel che quindi si vede in campo, è un 3-3-1-3. Un modulo tipicamente olandese, usato spesso da Van Gaal in passato, ma incomprensibile persino per i giocatori in campo, figuriamoci per i tifosi.

E infatti, in un concorso di colpa non da poco, il Cagliari raddoppia sfruttando una doppia deviazione prima di Murillo, poi del palo, ed infine con la grossissima stupidaggine di Handanovic, che dopo essere uscito a cercare farfalle sul calcio d'angolo, decide di tuffarsi alla bersagliera in cerca forse stavolta di funghi, e si trascina il pallone in porta. Grottesco, come sempre quando ha queste amnesie. E la partita mestamente finisce qui.

Ma quella che si è svolta tra Inter e Cagliari non è stata certo l'unica partita, oh no, affatto. Nel frattempo, e qui ci si ricollega all'inizio, se ne svolgeva un altra parallela, in cui il protagonista è stato Mauro Icardi, capitano dei nerazzurri. La Curva Nord, in cui la maggior parte dell'intellighenzia meneghina è radunata in seduta plenaria, unici tifosi veramente degni di tifare per i nerazzurri, perchè loro sono depositari di una fede, amano l'Inter perchè "sono il Cuore che tutto Dona per la Follia di un Incondizionato Amore" (cit.), decide, per dimostrare quanto la cosa importante sia di sostenere la squadra in una partita fondamentale come questa dopo la sconfitta contro la Roma, di fischiare il capitano riempendolo di insulti in ogni occasione. Perchè è questo che fa il tifoso che ama la sua squadra: chi, durante una partita importante, non sente il bisogno di urlare quanto uno dei giocatori in campo sia o meno composto di residui fecali? Capita a tutti, non lo si neghi. Capita ovunque. Capita ovunque, vero?

La partita sin dall'inizio si svolge in una atmosfera surreale, da teatro dell'assurdo. Nemmeno Beckett avrebbe potuto inscenare niente di più clamoroso: la Curva Nord fischia Icardi, e il resto dello stadio invece lo applaude, fischiando la Curva Nord. Tifosi contro tifosi, interisti contro interisti. Sembra di assistere ad un derby, con tifosi avversari che ingiuriano i giocatori della squadra "di casa", e i tifosi "casalinghi" che difendono i propri beniamini sommergendo di fischi chi bercia contro di loro. Peccato che sia gli uni che gli altri indossino una sciarpa nerazzurra. Il risultato è che Icardi è visibilmente nervoso, lo si vede quando va a contrastare, quando cerca spazio, quando applaude ogni singolo giocatore della sua squadra. E sopratutto quando sbaglia quello sciagurato rigore, tra gli applausi della maggior parte dei tifosi. E tutto questo perchè? Per via della biografia (piuttosto prematura invero) del rosarino, in cui si rivanga ancora l'annoso, trito episodio post-partita contro il Sassuolo: Icardi sostiene che la maglietta che lui si è visto rispedire al mittente dovesse andare a un bambino, i curvaioli invece dicono che non è vero niente. Un caso degno di un libro di Grisham, se a qualcuno gliene fregasse qualcosa perlomeno. E se ci fosse un tribunale.

Su un punto di vista credo che tutti concordino: l'idea di una autobiografia a ventitrè anni è qualcosa di incomprensibile e di sciocco. Ognuno della sua vita fa quello che vuole, ci mancherebbe, ma uno scritto così importante dovrebbe essere come minimo redatto alla fine della carriera. Ma che a fare la morale su come si debba essere come persone e come tifosi siano gente che, dopo aver scritto "la Curva Nord, a costro di incorrere nei mugugni del resto dello stadio, da sempre ha come priorità quella del sostegno costante alla squadra a prescindere dal risultato", riempe di insulti il capitano della propria squadra per tutta la partita, come fanno i bambinetti delle elementari e delle medie quando vogliono accanirsi contro il loro bersaglio, francamente fa sorridere. Amaramente, ma fa sorridere. Quel che non fa sorridere per niente, sono i toni finali. "Attenuanti? Nessuna, i bonus sono finiti". Giusto. Non deve essere il presidente a dare la fiducia alla squadra e ai giocatori, sono gli ultras. "Noi siamo Ultras. Siamo irrazionale passione. Non siamo Angeli, nè tantomeno diavoli. Siamo il Cuore che tutto Dona per la Follia di un incondizionato Amore." Mancava solo "brematurata la supercazzola, ma scherziamo?" e si poteva già scrivere il copione di Amici Miei Atto IV. "Il capitano dell'Inter non può permettersi tali dissennate uscite. Un individuo del genere non può indossare la fascia di capitano." Sensato. Mica lo decidono i giocatori o la società chi deve guidare i giocatori in campo, no, lo devono scegliere loro. Loro che non sono "oscure figure minacciose che ruotano intorno all'ambiente Inter pretendendo chissà cosa", sia mai. Loro non pretendono. "Togliti la fascia. Pagliaccio. questo, ora si, lo pretendiamo". Ma come, non erano quelli che non pretendevano? Sembra una pretesa a tutti gli effetti. Sarà il "lo pretendiamo" finale.

E il bello di tutto questo quale è? Che Zanetti ed Ausilio danno ragione a loro. Pensando addirittura di levargli la fascia di capitano, proprio come, ironia della sorte, accaduto a Storari del Cagliari. Dato che la presentazione del libro era stata pubblicizzata anche dalla società, costava tanto tempo, ad esempio, leggere effettivamente quel che state sponsorizzando? Perchè poi, accusare dopo e fregarsene prima non è certamente il segno di una società che sa quel che sta facendo. Qualcuno doveva informarsi, vigilare, come farebbe un buon editore, eventualmente discutere con Icardi se fosse il caso di tralasciare qualche parte. Pertanto, i casi sono due: o si è lasciato correre, e quindi queste critiche suonano come ipocrite; o nessuno si è preso la briga di leggere alcunchè, e allora si parla di dabbenaggine.

Svesto per un attimo i panni dell'articolista, e metto quelli del tifoso interista. Sono interista da anni. Ho tifato e tifo Inter alla follia, seguendo le partite anche della squadra Primavera. Sono uno che quando il famoso cinque maggio è accaduto è rimasto col magone per tutto il giorno e il giorno seguente. Sono uno che si arrabbia per l'Inter se gioca male, che si entusiasma quando gioca bene, che si esaltava per un dribbling di Ronaldo, per una punizione di Roberto Carlos o di Recoba, che ha visto l'addio di Bergomi al calcio, che ha potuto vedere Vieri e Ronaldo nella stessa squadra, che ha visto una quantità infinita di bidoni vestire questa maglia, che la segue da sempre con la stessa immutata passione, sia che si vinca, sia che si perda. Invidio molto quei tifosi che possono vedere l'Inter dal vivo, che possono addirittura fare le trasferte per andarla a sostenere fuori casa, che fanno sacrifici anche economici per via di questo fatto. Questo io lo capisco, e lo ammiro.

Quel che non ammiro, è vedere chi ha l'onore di poter seguire dal vivo una squadra come l'Inter, mettere davanti alla squadra sè stessi, uscire dall'amalgama che dovrebbe unire tifosi, dirigenza e giocatori in campo. I fischi per una prestazione negativa da parte di un giocatore si possono capire, fanno parte del gioco, e questo lo sanno tutti. Abbiamo tutti detto qualcosa contro Ranocchia, o contro un Felipe Melo, contro i piedacci di Handanovic e contro i mancati cross di D'Ambrosio. Ma da tifoso non sento proprio l'impellenza di dover scrivere striscioni per lasciarli sotto casa di un giocatore, non sento l'esigenza di spaccare vetrate, di divellere alcunchè, di rompere qualcosa. Posso capire la fede, e l'attaccamento, ma mascherare certi gesti con comportamenti simili è da vigliacchi, tanto quanto a dire degli ultras è stato Icardi.

Bisognerebbe mettersi in testa per bene che tutti devono lottare per l'Inter, tutti quanti. Uniti. Lasciando da parte certe rivendicazioni. Non sta bene quel che c'è scritto nel libro? Niente più semplice e meno violento del boicottaggio. Ma sino al novantesimo, testa alla squadra e ai giocatori. Non agli affari propri. E' così che una squadra vince. Ed è triste vedere cose come quella di oggi, fan più male anche di una sconfitta e lasciano una amarezza enorme.

Mi sono dilungato davvero troppo, chiedo perdono a quei pochi che leggeranno.